L’insicurezza dei viaggi

TESTIMONIANZE DELLA STORIA

L’INSICUREZZA DEI VIAGGI   (Unità 10 • Capitolo 27)

In questo brano di Rutilio Namaziano, funzionario imperiale originario delle Gallie, si descrivono le difficoltà che l’autore, poco dopo il sacco di Roma (410 d.C.), dovette affrontare per raggiungere la propria città, Tolosa. I Visigoti di Alarico avevano infatti devastato la regione ed egli si sentì in dovere di soccorrere le sue zone di origine. Il diario del viaggio, compiuto per mezzo di piccole imbarcazioni che navigavano lungo le coste dell’Italia nordoccidentale e della Provenza, esprime il rimpianto per lo splendore di Roma e delinea i rischi che i viaggiatori di quel tempo erano costretti ad affrontare a causa dell’instabilità dell’impero.

Salpiamo all’alba, in una luce ancora irrisolta, quando il colore, da poco tornato sui campi, li lascia scorgere. Tenendoci stretti alla costa avanziamo con piccole barche cui spesso la terra a rifugio apre insenature. D’estate escono in mare aperto le vele dei grossi carichi, d’autunno è più cauto disporre di un’agile fuga. Si scorre dinanzi alla terra di Alsio,1 e Pirgi2 retrocede, un tempo piccoli villaggi, oggi gran ville. […] Piegammo su Centocelle3 con un forte Austro,4 le navi oziano tranquillamente in rada. Con moli è chiuso l’anfiteatro d’acqua e un’isola artificiale ripara gli angusti accessi: slancia torri gemelle, e lungo i due passaggi allarga, a stringerne le bocche, entrambi i lati. Né bastan le celle navali disposte nel seno del porto: perché il volubile vento non batta le navi pur sicure il golfo più interno, invitato fin proprio in mezzo alle case, ignora con acque ferme le instabili arie […].
Puntiamo sul porto che ha nome da Ercole,5 non lontano; la brezza segue più tenue il giorno che declina. […] L’ombra notturna ancora si ritira e già ci si affida al mare, al soffio propizio di un vento dal monte vicino: scende in mezzo alle onde l’Argentario e stringe con doppio giogo golfi azzurri. […] Stentiamo ad aggirare la rupe e i suoi sparsi macigni, sinuoso affanno non privo di molte fatiche: cambiando spesso la rotta, varia il vento, di colpo le vele, or ora di aiuto, ritornano a danno. Ammiro da lontano le cime boscose del Giglio che sarebbe empietà defraudare della sua gloria. Quest’isola da poco ha difeso le sue selve – sia stata la natura del luogo o il Genio dell’imperatore – quando si oppose alle armi vincenti6 col suo breve tratto come se fosse staccata da un mare immenso. Quest’isola ha accolto i molti fuggiti dall’Urbe straziata: qui per gli affranti, deposto il timore, sicura salvezza. […]
Tocchiamo l’Ombrone: non è un trascurabile fiume, bocca sicura per le navi trepidanti, tanto accessibile è il suo alveo sempre prono quando sul mare si abbattono tempeste. Io avrei raggiunto questa riva tranquilla, ma seguo i marinai, avidi di avanzare. Così, mentre mi affretto, mi lasciano il vento e il giorno, né più procedere si può, né ripiegare. Tracciamo un campo notturno sulla spiaggia, un boschetto di mirti offre il fuoco alla sera. Facciamo piccole tende con i remi e un palo di traverso, tetto improvvisato.


Rutilio Namaziano, Il ritorno, I, a cura di A. Fo, Einaudi, Torino 1992

PER FISSARE I CONCETTI
  • Traccia su una carta del Tirreno laziale e toscano il percorso compiuto da Rutilio.
  • Perché è così apprezzato il porto di Civitavecchia?
  • Quali sono, nel brano, gli indizi che segnalano l’insicurezza del viaggio?

Terre, mari, idee - volume 2
Terre, mari, idee - volume 2
Da Roma imperiale all’anno Mille