Le imposte e la corruzione nell’impero

TESTIMONIANZE DELLA STORIA

LE IMPOSTE E LA CORRUZIONE NELL’IMPERO   (Unità 10 • Capitolo 27)

In questo brano dello scrittore cristiano Salviano di Marsiglia (vissuto nel V secolo d.C.) si descrive il problema dell’eccessivo peso delle tasse come una delle principali cause della crisi dell’impero romano.
Il fatto che la fiscalità gravasse in misura preponderante sui ceti meno abbienti e che fosse soggetta a frequenti abusi e a casi di corruzione induceva molti contadini a fuggire oltre i confini imperiali per cercare rifugio presso i popoli germanici, oppure a scatenare violente rivolte popolari.

La riscossione delle imposte permette ai Romani di rovinarsi reciprocamente. Non reciprocamente, a dire il vero: la cosa diverrebbe più tollerabile se ciascuno soffrisse quel che avrebbe fatto soffrire agli altri. Il più grave è che il maggior numero vede il proprio bene confiscato da alcuni uomini che considerano la riscossione pubblica delle imposte come una preda che loro spetta, che dei titoli del debito fiscale fanno una fonte di profitti personali. […] Nessuno […] è in sicurezza; nessuno, ad eccezione dei grandi, è al riparo da questo brigantaggio devastatore, se non forse coloro che assomigliano agli stessi ladri. Sì, si è giunti a questa situazione, a questo delitto, che a meno di essere cattivo non si può essere salvo. […] Nel frattempo i poveri sono spogliati, le vedove piangono, gli orfani sono calpestati, tanto che molti di loro, anche di cospicui natali e di ottima educazione, si rifugiano presso i nemici per non morire sotto i colpi della pubblica persecuzione. Essi vanno a cercare senza dubbio tra i barbari l’umanità dei Romani, perché non possono più sopportare tra i Romani l’inumanità dei barbari! […] Oggi si ripudia infatti il titolo di cittadino romano, un tempo così stimato e così caramente comprato, e si fugge da esso; lo si considera non soltanto di poco valore, ma anche come assolutamente spregevole. […] Da qui viene anche che coloro che non si rifugiano presso i barbari sono costretti essi pure a essere barbari: così ne è di una grande parte degli Ispani e di una parte non trascurabile dei Galli. […] Parlo ora dei Bacaudi,1 che, spogliati, oppressi, uccisi da giudici cattivi e crudeli, dopo aver perduto il diritto alla libertà romana, hanno perduto pure l’onore del nome romano. E si rimprovera loro la loro sventura. […] Noi chiamiamo ribelli, chiamiamo scellerati uomini che abbiamo ridotto a essere criminali! […] Essi hanno acconsentito a essere ciò che non erano, perché non si permetteva loro di essere ciò che erano stati; e sono stati obbligati a difendere almeno la loro vita, poiché vedevano che la loro libertà era completamente perita.


Salviano di Marsiglia, De Gubernatione Dei, IV-IX, cit. in A. Saitta, 2000 anni di storia. 2. Dall’impero di Roma a Bisanzio, Laterza, Roma-Bari 1979

PER FISSARE I CONCETTI
  • Su quali soggetti grava in particolare, secondo l’autore, la tassazione?
  • Per quale ragione è diventato odioso a molti perfino il titolo di cittadino romano?

Terre, mari, idee - volume 2
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Da Roma imperiale all’anno Mille