Privilegi e particolarismi: la pratica dell’età feudale
Il crescente potere dei feudatari ebbe un ulteriore risvolto politico nell’ereditarietà dei titoli nobiliari. Si affermò infatti la prassi di trasmettere agli eredi non solo il possesso della terra e le relative immunità, ma anche le cariche politiche e amministrative che vi erano connesse e che conferivano un’autorità di gran lunga superiore alla sola cessione di un fondo. Fu questa la premessa per la formazione di un’aristocrazia di sangue fondata sull’appartenenza per nascita a una casta potente ed esclusiva di nobili, dotati di numerosi privilegi e in grado di imporsi ai vertici dell’impero. Con la frammentazione dell’impero carolingio, i feudatari non furono più sottoposti nemmeno al controllo dei conti e dei marchesi e poterono perciò influenzare direttamente le lotte di potere interne all’impero, appoggiando alternativamente il contendente che mostrava di avvicinarsi di più ai loro interessi o che garantiva la concessione di nuove terre. Avendo inoltre facoltà di concedere, a loro volta, benefici e feudi ai propri vassalli, i feudatari maggiori si creavano una schiera di uomini a loro fedeli. In conseguenza di questo fenomeno, si consumava il passaggio da una struttura politica e sociale di tipo piramidale con il sovrano al vertice, a una vasta rete di poteri autonomi e tra loro coesistenti. Il particolarismo feudale – come si indica appunto questo sistema di potere retto dai feudatari e dai loro vassalli, ormai del tutto sostituitisi all’autorità dello Stato – avrebbe caratterizzato a lungo (quantomeno fino alla nascita degli Stati nazionali, intorno al XIV secolo) i rapporti politici, economici e sociali in un’Europa sempre più frammentata in territori indipendenti.