2 - Nuove invasioni: Normanni, Saraceni e Ungari

Unità 12 LA RINASCITA CAROLINGIA E IL FEUDALESIMO >> Capitolo 34 – Il feudalesimo e le ultime invasioni

Privilegi e particolarismi: la pratica dell’età feudale

Il crescente potere dei feudatari ebbe un ulteriore risvolto politico nell’ereditarietà dei titoli nobiliari. Si affermò infatti la prassi di trasmettere agli eredi non solo il possesso della terra e le relative immunità, ma anche le cariche politiche e amministrative che vi erano connesse e che conferivano un’autorità di gran lunga superiore alla sola cessione di un fondo. Fu questa la premessa per la formazione di un’aristocrazia di sangue fondata sull’appartenenza per nascita a una casta potente ed esclusiva di nobili, dotati di numerosi privilegi e in grado di imporsi ai vertici dell’impero. Con la frammentazione dell’impero carolingio, i feudatari non furono più sottoposti nemmeno al controllo dei conti e dei marchesi e poterono perciò influenzare direttamente le lotte di potere interne all’impero, appoggiando alternativamente il contendente che mostrava di avvicinarsi di più ai loro interessi o che garantiva la concessione di nuove terre. Avendo inoltre facoltà di concedere, a loro volta, benefici e feudi ai propri vassalli, i feudatari maggiori si creavano una schiera di uomini a loro fedeli. In conseguenza di questo fenomeno, si consumava il passaggio da una struttura politica e sociale di tipo piramidale con il sovrano al vertice, a una vasta rete di poteri autonomi e tra loro coesistenti. Il particolarismo feudale – come si indica appunto questo sistema di potere retto dai feudatari e dai loro vassalli, ormai del tutto sostituitisi all’autorità dello Stato – avrebbe caratterizzato a lungo (quantomeno fino alla nascita degli Stati nazionali, intorno al XIV secolo) i rapporti politici, economici e sociali in un’Europa sempre più frammentata in territori indipendenti.

2. Nuove invasioni: Normanni, Saraceni e Ungari

I popoli del Nord

Tra i fattori che accelerarono la decadenza dell’impero carolingio e che contribuirono al nuovo assetto politico e sociale dell’Europa, un ruolo fondamentale fu svolto dall’arrivo di nuovi popoli che penetrarono nel continente a partire dal IX secolo. Per la prima volta, dal tempo delle migrazioni che avevano accompagnato la fine dell’impero romano, l’Europa fu dunque sconvolta da nuove invasioni provenienti da diverse direttrici geografiche, interessando il Nord, il Sud e la parte orientale del continente.
Dal Nord, dalla penisola scandinava e dallo Jutland, giunsero coloro che i Franchi chiamarono Normanni, ossia “uomini del Nord” (dal termine di lingua franca Nortmann). Il nome che queste popolazioni usavano per definirsi era Vichinghi e Variaghi (o Vareghi). Si trattava di un insieme di tribù accomunate da usanze e da tradizioni culturali simili. Nella lingua scandinava il termine “Vichinghi” indicava gli “uomini che frequentano le baie”: le loro scorrerie, infatti, si limitavano in principio ad azioni piratesche lungo le coste del mare del Nord o a rapide incursioni all’interno delle regioni nordeuropee, dove risalivano il corso dei fiumi a bordo di veloci e agili imbarcazioni. Attraverso la Senna, per esempio, nel corso del IX secolo i Normanni raggiunsero più volte la città di Parigi, fino a porla sotto assedio nell’885.
Le conoscenze nautiche degli Scandinavi non si applicarono soltanto alla navigazione costiera o all’esplorazione delle vie d’acqua interne al continente. I Norvegesi, in particolare, si dimostrarono infatti abilissimi in mare aperto, anche in virtù di innovazioni tecnologiche nella costruzione delle navi: grazie ai  drakkar, imbarcazioni dalla larga chiglia in grado di resistere alle onde dell’oceano, essi riuscirono a raggiungere l’Islanda, la Groenlandia e perfino il Nord America, dove tuttavia non promossero alcuna forma di insediamento stabile e duraturo.
Poco alla volta i Vichinghi spostarono il proprio raggio di azione verso terre ricche e promettenti come le coste spagnole o il Mediterraneo, ottenendo costanti successi grazie anche ai limiti e alle debolezze dell’organizzazione militare dei Franchi, che era incentrata su un esercito di terra la cui mobilitazione richiedeva tempi molto lunghi, ed era dunque inadeguata a opporre una resistenza efficace a incursioni improvvise e veloci. A questo si aggiungevano la fragilità dei poteri statali e, di contro, il particolarismo feudale, che portava i signori, impegnati nella difesa dei propri territori e dei propri castelli, a trascurare completamente l’organizzazione di una difesa militare comune.

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Le conquiste normanne

Nel corso del X secolo i Normanni cominciarono a stabilire sedi fisse nei territori che avevano invaso e avviarono i primi contatti commerciali con le popolazioni locali e confinanti, finché i proventi delle attività mercantili sostituirono le razzie come loro principale fonte di reddito. Approfittando delle lotte dinastiche scatenatesi in seguito alla dissoluzione dell’impero carolingio, i Normanni si stanziarono stabilmente nel Nord della Francia, nel territorio che sarebbe stato denominato Normandia. Qui instaurarono legami feudali e vassallatici con i Franchi e, nel X secolo, furono assoggettati dal nuovo regno di Francia fondato dalla dinastia dei Capetingi. Nel frattempo, fin dal IX secolo, i Normanni svedesi, che definivano se stessi Rus (da cui è derivato il nome “Russia”), avevano occupato gran parte dell’Europa orientale, dove fondarono il principato di Kiev.
L’espansione degli “uomini del Nord”, però, non riguardò soltanto la parte settentrionale del continente europeo, giacché essi giunsero a occupare anche ampi territori dell’Italia meridionale: sotto la guida di Roberto il Guiscardo, riuscirono a strappare la Calabria ai Bizantini e a conquistare la Sicilia, dove sbarcarono dapprima a Messina (nel 1061), poi a Palermo (conquistata nel 1072), ponendo fine al dominio dei Saraceni. Proprio Palermo fu scelta come capitale di un loro Stato, che nel corso dell’XI secolo divenne solido e fiorente.

I pirati saraceni

Mentre l’Europa settentrionale era colpita dalle invasioni normanne, le coste della Francia meridionale e dell’Italia costituivano i principali obiettivi delle incursioni di stampo piratesco degli Arabi musulmani che si erano stanziati in Africa settentrionale e che, nel corso del IX secolo, avevano conquistato ampie zone della Corsica, della Sardegna, delle Baleari, della Puglia e della Sicilia. Sebbene giungessero dal Nord Africa, i pirati arabi erano chiamati dalle popolazioni cristiane del continente Saraceni, nome che si ipotizza possa derivare dall’arabo sarqiyunn (“provenienti da Oriente”) grecizzato dai Bizantini in Sarakénoi, termine con cui venivano indicate le tribù stanziate nella parte settentrionale della penisola araba. Le loro incursioni provocarono, soprattutto in Provenza, la distruzione di molte città, indifese per l’incuria in cui erano state lasciate le fortificazioni urbane dopo la fine dell’impero romano.

Gli Arabi nella penisola iberica e nel sud di quella italica

La presenza araba nell’Europa occidentale non fu comunque caratterizzata soltanto dalle incursioni e dalle razzie. Nella parte meridionale della penisola italica, in Sicilia e nella penisola iberica, infatti, i musulmani diedero vita a insediamenti e organismi statali che furono protagonisti di una grande fioritura culturale. In particolare, il califfato omayyade sviluppatosi, a partire dall’VIII secolo, in Spagna, con capitale Cordova, rappresentò a lungo un avamposto arabo nel cuore del continente europeo e minacciò la pur solida marca Hispanica creata dai Carolingi, una barriera contro l’espansione araba in Europa.
Le razzie dei Saraceni nel Mediterraneo, in compenso, favorirono l’espansione commerciale dei Normanni: lungo le nuove vie di comunicazione di terra aperte attraverso i principati russi, infatti, giungevano nel Nord Europa le spezie e gli altri prodotti preziosi che i mercanti bizantini non erano più in grado di trasportare in un Mediterraneo dominato dai pirati saraceni.

Terre, mari, idee - volume 2
Terre, mari, idee - volume 2
Da Roma imperiale all’anno Mille