Unità 11 TRA ORIENTE E OCCIDENTE >> Capitolo 30 – La civiltà araba

• SOTTO LA LENTE • LETTERATURA

Il Corano

La composizione del testo
Il Corano è il testo sacro della religione musulmana, dettato direttamente a Maometto, mediante l’arcangelo Gabriele, da Allah (Dio in arabo): rappresenta dunque la parola di Dio. Diversamente dal Talmud e dalla Bibbia, il Corano non è un testo narrativo ma un insieme di testi, divisi in 114 capitoli (sure) e 6236 versetti, alcuni dettati a Maometto prima dell’egira (sure meccane) e altri dopo (sure medinesi). Per facilitarne la recitazione nel corso della giornata il testo è stato diviso in 30 parti e 60 “case” (manzil). Secondo la tradizione Maometto lo avrebbe recitato a testimoni che ne conservarono la memoria e che, dopo la morte del profeta, lo trascrissero su supporti diversi. Già con Abu Bakr si iniziò a raccogliere e risistemare le trascrizioni dei discepoli di Maometto. Quest’opera venne continuata dal secondo califfo e conclusa dal terzo, Othman, che ne fece compilare cinque copie, di cui una venne conservata a Medina e le altre quattro furono inviate nelle principali città della comunità musulmana. Tutte le altre versioni in circolazione vennero bruciate.
Da allora il Corano è il fondamento teologico, religioso e morale dei musulmani: Dio è unico; è il creatore dell’universo, con il quale ha un rapporto diretto, non mediato; dona all’umanità e ai singoli i suoi benefici; concede l’immortalità personale con un’eternità di felicità o di dolore, a seconda della condotta nella vita terrena. Il fedele deve rispettare i princìpi espressi nel Corano e seguirne le indicazioni.

Gli orientamenti dottrinari del Corano
In quanto espressione della parola eterna di Dio, il testo è inalterabile e insostituibile e non ammette interpretazione o spiegazione: esso può solo essere recitato, salmodiato (in arabo al-Qur’ān significa “la lettura” e il testo viene recitato dai fedeli).
Il Corano non ha carattere speculativo ma è invece attento ai fatti pratici, ai comportamenti e ai modi di agire in determinate situazioni, agli orientamenti etici: detta regole che devono essere seguite (il taqwà, il “timore” di Allah, è l’unico vero regolatore delle azioni umane). Il suo linguaggio è perciò fortemente simbolico, denso di metafore tratte dalla quotidianità, allegorico e suggestivo, ma anche assertivo. La parola coranica infatti non descrive né spiega, ma annuncia e afferma. Le stesse sure sono disposte come vennero dettate a Maometto, non secondo un ordine tematico. Ognuna è preceduta dalla basmala, la “formula di rito” («Nel nome di Dio, misericordioso e compassionevole»).

La lingua del Corano
Un problema, di non facile soluzione, nasce dal fatto che, per espressa volontà divina, la lingua nella quale venne dettato fu l’arabo e in arabo deve essere recitato onde evitare ambiguità interpretative: oggi, però, solo un 10% dei fedeli conosce e parla quella lingua, e l’arabo, come tutte le lingue, evolve e si contamina; infine, aggiustamenti e adeguamenti ai fondamenti interpretativi sono imposti dal crescente confronto con culture e sensibilità diverse. Alcuni studiosi orientalisti, fortemente contrastati dai teologi islamisti, hanno inoltre avviato intense ricerche sui cambiamenti registrati dal Corano nel corso dei secoli anche in conseguenza della diffusione dell’islam.

Terre, mari, idee - volume 2
Terre, mari, idee - volume 2
Da Roma imperiale all’anno Mille