I Franchi e la caduta di Pavia
Il successore di Liutprando, Astolfo (749-756), riprese i progetti del predecessore, cacciando definitivamente i Bizantini dall’esarcato di Ravenna, dopo che questi erano riusciti a riconquistarla, e proseguendo la conquista del Lazio. Sembrava che tutta la penisola fosse a un passo dall’essere unificata sotto il dominio longobardo.
A cambiare i rapporti di forza, tuttavia, intervenne l’accordo diplomatico tra il nuovo papa Stefano II (752-757), che temeva per le sorti della Chiesa, e il sovrano dei Franchi,
Pipino III. In base agli accordi, Pipino guidò i Franchi in due spedizioni in Italia, nel 754 e nel 756, grazie alle quali sconfisse Astolfo e sottrasse ai Longobardi l’esarcato di Ravenna, donato al papa. I possedimenti territoriali della Chiesa si ingrandirono: il papato non esercitava più soltanto un’autorità spirituale sui fedeli, ma rivendicava ormai la propria sovranità territoriale.
Con l’intervento dei Franchi, il papa ottenne dunque la garanzia della propria autonomia, sventando la minaccia della sottomissione ai Longobardi. La pace tra questi e i Franchi fu invece sancita da un’alleanza matrimoniale: il figlio di Pipino, Carlo, sposò infatti Ermengarda, la figlia del nuovo re longobardo Desiderio (756-774). La pace, tuttavia, durò poco. Dopo la morte di Pipino (768) e del fratello Carlomanno (771), Carlo ruppe il matrimonio e mosse guerra a Desiderio, che, dopo il ritorno dei Franchi in patria, aveva ripreso Ravenna e nuovamente minacciato i territori di Roma. L’intervento di Carlo fu richiesto dal nuovo papa Adriano (772-795): i Franchi scesero nella penisola nel 774 e, al comando del loro sovrano, espugnarono Pavia sconfiggendo definitivamente i Longobardi. Il regno passò nelle loro mani e così i Franchi estesero la propria influenza anche sui territori assegnati al papa e al ducato di Spoleto (▶ carta).