3 - I rapporti con la Chiesa e l’arrivo dei Franchi

Unità 11 TRA ORIENTE E OCCIDENTE >> Capitolo 29 – I Longobardi nella penisola e l’affermazione della Chiesa

3. I rapporti con la Chiesa e l’arrivo dei Franchi

Dalla fine del VII secolo, con la conclusione delle guerre di conquista e la relativa stabilità politica che ne derivò, anche la situazione economica e sociale dell’Italia cominciò a stabilizzarsi, se non proprio a migliorare. Nelle trasformazioni che si verificarono in questo periodo ebbe un ruolo da protagonista la Chiesa di Roma, che pose le basi del proprio dominio territoriale e si avviò a diventare una delle entità politiche e statali più importanti della penisola.

La Chiesa e il potere politico

A differenza di quanto era accaduto in Oriente, dove il potere politico conservava un forte controllo sul potere religioso, la frammentazione territoriale dell’Italia e la scarsa lungimiranza politica dei Longobardi avevano di fatto favorito l’autonomia della Chiesa dall’autorità regia. In un contesto di relativa disintegrazione delle strutture politiche e sociali tradizionali, le gerarchie ecclesiastiche svolsero un fondamentale ruolo di ricomposizione sociale e di mediazione tra popoli, dopo i contrasti e le violenze che avevano accompagnato l’invasione longobarda. La strategia seguita dalla Chiesa fu volta a promuovere una progressiva fusione tra gli invasori e la popolazione preesistente, soprattutto attraverso la conversione dei Longobardi dall’arianesimo al cattolicesimo.
Anche i sovrani longobardi, del resto, avevano interesse a perseguire questa prospettiva. Come nell’ultima fase dell’impero e poi durante il dominio ostrogoto, il sostegno delle gerarchie ecclesiastiche stava infatti diventando fondamentale per legittimare il potere monarchico e assicurare una certa stabilità sociale nel regno. Il rapporto con l’organizzazione capillare e diffusa della Chiesa, oltre che il parziale recupero delle modalità amministrative tipiche della tradizione romana, supplirono infatti alle carenze dello Stato longobardo nel controllo del territorio, poiché la tradizione insediativa delle fare era più adatta agli stanziamenti provvisori tipici delle fasi di conquista militare che al governo di un regno.

La conversione dei Longobardi

Un ruolo decisivo nel processo di stabilizzazione del dominio dei Longobardi in Italia fu svolto dalla loro conversione, promossa dalla regina Teodolinda (589-616), moglie del re Autari e poi del suo successore Agilulfo. Quest’ultimo, in particolare, sfruttò il sostegno della Chiesa per rafforzare la monarchia e ridurre l’autonomia dei duchi.
L’azione di Teodolinda fu sostenuta da papa Gregorio Magno (590-604), figura fondamentale della Chiesa di questo periodo. Erede dell’aristocrazia fondiaria di origine romana, egli era impegnato intensamente nell’opera di evangelizzazione dei Germani. Anche in questo caso, d’altra parte, l’accordo con la monarchia era sostenuto sia da ragioni economiche, sia da considerazioni politiche: raggiungendo un’intesa con i Longobardi, il papa intendeva infatti recuperare gli antichi privilegi, assicurati in passato agli ecclesiastici dagli imperatori romani e dai sovrani ostrogoti. A favorire l’integrazione tra Chiesa e regno longobardo vi fu anche il cambiamento che si verificò nei rapporti tra il papato e l’impero d’Oriente nel corso dell’VIII secolo.
Il processo di conversione dei Longobardi, comunque, non fu immediato né lineare: si arrestò infatti sotto il dominio del re Autari, convinto sostenitore dell’arianesimo, per riprendere poi con i suoi successori. La conversione rappresentò però il primo passo verso una vera integrazione tra Longobardi e discendenti dei Romani, che sarebbe culminata nell’adozione della lingua latina come idioma ufficiale dello Stato alla fine del VII secolo.

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I Longobardi alla conquista dell’Italia bizantina

Tra il VI e il VII secolo la Chiesa di Roma aveva considerato l’impero bizantino come un alleato e un fondamentale baluardo contro le distruzioni attuate dagli invasori germanici. La presenza militare dei Bizantini in Italia, in effetti, aveva salvato molti centri di culto dalle devastazioni dei Longobardi. Le buone relazioni diplomatiche con Bisanzio erano state inoltre favorite dalla fine dei dissidi dottrinali che avevano segnato i secoli precedenti. Il concilio di Costantinopoli (680-681), convocato e presieduto dall’imperatore Costantino IV, aveva addirittura consolidato questa concordia, stabilendo la fine dei contrasti tra il papa (a quel tempo, Agatone) e il patriarca bizantino.
I rapporti tra Roma e Costantinopoli tornarono però a deteriorarsi agli inizi dell’VIII secolo, in seguito all’appoggio dato dai patriarchi orientali alla corrente teologica che combatteva l’uso e la venerazione delle immagini religiose, la cosiddetta “iconoclastia” ( p. 233). La frattura tra le due Chiese fu sfruttata dal re longobardo Liutprando (712-744) per invadere i territori bizantini nell’Italia centrale, soprattutto nel Lazio; qui il sovrano confidava nell’appoggio dei vescovi cattolici, in rotta con la Chiesa orientale. In effetti la popolazione di origine romana non aveva particolari motivi per sostenere i Bizantini contro i Longobardi: l’illusione di tornare a far parte dell’impero era svanita dopo la guerra greco-gotica, che aveva semplicemente sostituito il dominio ostrogoto con un nuovo dominio straniero. A questi aspetti si aggiungeva anche la decisa opposizione del nuovo papa Gregorio II (715-731) alla lotta contro le immagini sacre che la Chiesa orientale stava conducendo.
Quando le popolazioni di Ravenna e di Roma si ribellarono al dominio bizantino, tra il 727 e il 733, Liutprando ne approfittò per occupare militarmente l’esarcato. Tuttavia, sebbene l’esercito imperiale fosse molto indebolito e sostanzialmente incapace di opporsi all’avanzata longobarda, Liutprando non riuscì a completare la conquista del Lazio, anche perché questa mossa avrebbe determinato uno scontro con il papato che egli voleva evitare. Il sovrano longobardo, invece, donò al papa alcuni territori strappati ai Bizantini: con la donazione di Sutri (728), località in cui aveva sede il principale dei castelli donati, si costituì il cosiddetto “Patrimonio di San Pietro”, il primo embrione del futuro Stato della Chiesa e del potere temporale dei papi.

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I Franchi e la caduta di Pavia

Il successore di Liutprando, Astolfo (749-756), riprese i progetti del predecessore, cacciando definitivamente i Bizantini dall’esarcato di Ravenna, dopo che questi erano riusciti a riconquistarla, e proseguendo la conquista del Lazio. Sembrava che tutta la penisola fosse a un passo dall’essere unificata sotto il dominio longobardo.
A cambiare i rapporti di forza, tuttavia, intervenne l’accordo diplomatico tra il nuovo papa Stefano II (752-757), che temeva per le sorti della Chiesa, e il sovrano dei Franchi, Pipino III. In base agli accordi, Pipino guidò i Franchi in due spedizioni in Italia, nel 754 e nel 756, grazie alle quali sconfisse Astolfo e sottrasse ai Longobardi l’esarcato di Ravenna, donato al papa. I possedimenti territoriali della Chiesa si ingrandirono: il papato non esercitava più soltanto un’autorità spirituale sui fedeli, ma rivendicava ormai la propria sovranità territoriale.
Con l’intervento dei Franchi, il papa ottenne dunque la garanzia della propria autonomia, sventando la minaccia della sottomissione ai Longobardi. La pace tra questi e i Franchi fu invece sancita da un’alleanza matrimoniale: il figlio di Pipino, Carlo, sposò infatti Ermengarda, la figlia del nuovo re longobardo Desiderio (756-774). La pace, tuttavia, durò poco. Dopo la morte di Pipino (768) e del fratello Carlomanno (771), Carlo ruppe il matrimonio e mosse guerra a Desiderio, che, dopo il ritorno dei Franchi in patria, aveva ripreso Ravenna e nuovamente minacciato i territori di Roma. L’intervento di Carlo fu richiesto dal nuovo papa Adriano (772-795): i Franchi scesero nella penisola nel 774 e, al comando del loro sovrano, espugnarono Pavia sconfiggendo definitivamente i Longobardi. Il regno passò nelle loro mani e così i Franchi estesero la propria influenza anche sui territori assegnati al papa e al ducato di Spoleto ( carta).

Terre, mari, idee - volume 2
Terre, mari, idee - volume 2
Da Roma imperiale all’anno Mille