Unità 11 TRA ORIENTE E OCCIDENTE >> Capitolo 29 – I Longobardi nella penisola e l’affermazione della Chiesa

TESTIMONIANZE DELLA STORIA

ALBOINO E GISULFO: L’INIZIO DEL REGNO

A quanto sappiamo i Longobardi, che conobbero la scrittura quando arrivarono in Italia, si tramandavano oralmente un patrimonio di saghe andato quasi del tutto perduto, salvo pochi brani conservati in latino, alcuni dei quali giunti fino a noi grazie alla preziosa opera di Paolo Diacono.
Longobardo, nato a Cividale del Friuli nel 720, entrò nel monastero di San Pietro in Ciel d’Oro a Pavia e divenne monaco; buon conoscitore della lingua latina, scrisse testi poetici e prediche.
La sua opera più importante è la Historia Langobardorum, storia del popolo longobardo dalle origini scandinave fino a Liutprando, scritta anche per riscattare la cattiva fama di cui godeva il suo popolo presso i Romani. Nel brano l’autore descrive l’arrivo in Italia di re Alboino.

[...] Alboino, dopo aver varcato senza nessun ostacolo i confini della Venezia, che è la prima delle province d’Italia, ed essere entrato nel territorio della città o piuttosto del castello di Cividale, cominciò a considerare a chi fosse meglio affidare la prima provincia che aveva conquistato. È da dire che tutta l’Italia, che si estende verso mezzogiorno o meglio verso sud-est, è circondata dalle acque del mare, Tirreno da una parte, Adriatico dall’altra, e ad occidente e settentrione è chiusa dalla catena delle Alpi, in modo che non si può entrare in essa se non attraverso passaggi strettissimi o salendo sulle cime dei monti; invece dalla parte orientale, dove si congiunge con la Pannonia, ha un ingresso anche troppo aperto e del tutto agevole. Per questo, come abbiamo detto, Alboino, riflettendo su chi dovesse stabilire come comandante in quel territorio, decise di mettere a capo della città di Cividale e di tutta quella regione Gisulfo, a quanto si dice suo nipote, uomo sotto ogni aspetto idoneo, che era suo scudiero o marpahis, come dicono nella loro lingua. Ma Gisulfo dichiarò che non avrebbe accettato il governo di quella città e di quel popolo, se non gli avesse assegnato le fare di Longobardi – cioè i gruppi o discendenze familiari – che egli stesso avesse scelto. Così fu fatto e, con il consenso del re, prese le migliori schiatte, che aveva chiesto, perché vivessero con lui. Così finalmente ottenne l’onore ducale. Domandò inoltre al re delle mandrie di cavalle di buona razza e anche in questo fu accontentato dalla generosità del principe.
Quindi Alboino giunse al fiume Piave e lì gli venne incontro il vescovo di Treviso, Felice: su sua richiesta, il re – generoso com’era – gli permise di conservare tutti i beni della sua chiesa, confermando la concessione con un decreto.


Paolo Diacono, Storia dei Longobardi, FV, II, 9-12, BUR, Milano 1991

PER FISSARE I CONCETTI
  • Su che cosa si basano il potere e la ricchezza per i Longobardi? Per rispondere osserva le richieste di Gisulfo.
  • Quali rapporti stabilisce Alboino con la città vicina? Perché tratta proprio con il vescovo?

Terre, mari, idee - volume 2
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Da Roma imperiale all’anno Mille