3 - Gli Accadi

Unità 2 LE CIVILTÀ DELLA MESOPOTAMIA >> Capitolo 3 – Mesopotamia, l’alba degli imperi

L’evoluzione della scrittura

La scrittura sumerica nacque come scrittura pittografica, cioè utilizzava i disegni, definiti pittogrammi, per indicare i prodotti o le merci immagazzinate. Il disegno di una spiga, per esempio, indicava i cereali; una testa di bue o di ariete stava per un capo di bestiame. Si trattava però di un sistema complesso, in quanto l’incisione dei pittogrammi sulle tavolette di argilla era piuttosto laboriosa e difficile da trasmettere ad altri; inoltre a volte originava enormi confusioni, poiché lo stesso disegno poteva essere interpretato in modo diverso. Con la scrittura ideografica si cercò di ovviare ad alcuni di questi inconvenienti: a un disegno, l’ideogramma, si faceva corrispondere una parola, ma anche così i disegni restavano troppi, e anzi si moltiplicavano perché comprendevano anche concetti astratti (per esempio “vita”) o azioni (per esempio “andare”). Per questo motivo, la scrittura ideografica era molto difficile da imparare ed era conosciuta soltanto dai membri della classe sacerdotale, che custodivano gelosamente le proprie conoscenze e le tramandavano di generazione in generazione solo all’interno delle loro famiglie. I sacerdoti, impedendo alle altre classi sociali di istruirsi, si assicuravano dunque un ruolo dominante nella società, mentre gli analfabeti dovevano dipendere dagli scribi per ogni rapporto con l’amministrazione statale o con la giustizia.

Nel II millennio a.C., per ovviare a queste difficoltà, si affermò l’uso di una scrittura in cui i segni non avevano più un significato particolare ma rinviavano al suono, o fonèma, di una sillaba: mettendo in sequenza i simboli di diversi suoni sillabici era possibile scrivere parole intere e di senso compiuto. Si delineava così la possibilità di fare ricorso a poche decine di segni (i suoni della lingua parlata) per riuscire a scrivere con facilità tutte le parole, senza dover imparare il numero elevato di simboli tipico delle scritture ideografiche.

La scrittura fonografica o sillabica si diffuse in tutto il Vicino Oriente dal 1600 a.C. circa. A partire dagli inizi del I millennio a.C., in Mesopotamia, si fece ricorso a segni ancora più stilizzati. Questa scrittura è stata definita cuneiforme, poiché il bastoncino utilizzato per incidere le tavolette d’argilla, lo stilo, produceva un’impronta a forma di cuneo.

Tale processo ebbe conseguenze enormi sugli scambi commerciali e la comunicazione tra popoli diversi, ma anche sulla composizione sociale delle comunità nelle quali era penetrato. Il nuovo complesso strumento doveva essere insegnato e imparato mediante specifici esercizi finalizzati (primo embrione di scuola), ma poteva essere appreso potenzialmente da tutti e trasformarsi dunque in strumento di elevazione sociale. Inoltre la scrittura “fissava” su tavola un testo e in qualche modo lo rendeva “eterno” o comunque conservabile. Infine consentiva la rielaborazione personale di un messaggio.

La scrittura progredisce

Le tre tavolette di argilla raffigurate mostrano le tappe dell’evoluzione della scrittura. L’antecedente è nell’uso di sigillare le merci con un simbolo indicante il nome del mittente, una firma: questi potrebbero essere i glifi della prima tavoletta. Il passaggio alla scrittura pittografica fu rapido: al simbolo si fa corrispondere un’idea. Ma si creava un problema: un “piede” poteva significare camminare, ma anche portare o fermarsi.
Il passaggio alla terza forma di scrittura, quella cuneiforme, ottenuta grazie a uno stilo arrotondato, fu rivoluzionario: consentiva di stilizzare concetti, e perciò anche di descrivere il mondo intorno.

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3. Gli Accadi

Verso la fine del IV millennio a.C. giunsero in Mesopotamia gli Accàdi, una popolazione di origine semitica, originaria della penisola arabica, che prende il proprio nome dalla città di Akkad.

Alla ricerca di terre più ricche, gli Accadi approfittarono di un momento di crisi delle città sumere, in lotta politica e commerciale tra loro, e intorno al 2350 a.C., sotto la guida del re Sargon, conquistarono gran parte della Mesopotamia, fondando un impero molto esteso. I suoi successori ampliarono ulteriormente il regno, ma fu con Naram-Sin che l’impero accadico raggiunse la sua massima espansione, estendendosi dal mar Mediterraneo al golfo Persico. Gli Accadi conquistarono infatti altre città del Vicino Oriente, come Mari ed Ebla, i centri più prosperi dell’epoca, che si erano arricchite nei secoli precedenti grazie alle rotte commerciali che collegavano il mar Mediterraneo e le città sumere.

Rispetto all’epoca sumerica, sotto gli Accadi il potere si concentrò nelle mani di un re, considerato un dio, che dominava con la forza del suo esercito i popoli sottomessi e imponeva loro il pagamento di tributi.

La produzione agricola non arricchiva più le scorte dei magazzini, ma era impiegata soprattutto per mantenere i nuovi padroni e finanziare le loro attività militari, con le quali essi miravano a dominare territori sempre più vasti.



  Ebla: una grande città dell’antica Siria

La breve rinascita sumera

L’enorme estensione dell’impero accadico costituiva però anche la sua debolezza; era infatti difficile controllare territori così estesi e contrastare l’arrivo di altre popolazioni nomadi, attirate dalle ricchezze delle terre mesopotamiche. L’invasione dei Gutèi, intorno al 2150 a.C., determinò il crollo definitivo del dominio accadico, ma favorì anche la ribellione delle città sumere, che per un periodo riuscirono a riconquistare la loro indipendenza. La loro ripresa ebbe tuttavia vita breve perché la forza delle città-Stato non era più sufficiente per resistere ai continui attacchi delle popolazioni straniere che, poco più di un secolo dopo, conquistarono la Mesopotamia fondando nuovi imperi.

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4. I Babilonesi

Intorno alla metà del III millennio a.C., si erano stabiliti in Mesopotamia gli Amorrèi, un popolo seminomade di origine semitica proveniente dai deserti dell’Arabia settentrionale. Inizialmente organizzati in tribù che si spostavano di città in città, cominciarono successivamente a stanziarsi presso le città-Stato sumere, e, approfittando di un'ormai profonda crisi che le divideva e le indeboliva, riuscirono a sottometterle tra il 2000 e il 1800 a.C., ponendo le basi per la fondazione di un nuovo grande regno. Sulle rive dell’Eufrate essi fondarono Babilonia (il cui nome significa “porta del dio”): si trattava inizialmente di una piccola città spesso coinvolta nei conflitti che contrapponevano le città mesopotamiche, ma incapace di affermare una sua stabile egemonia. Con l'ascesa al trono di Hammurabi però gli Amorrei riuscirono finalmente a imporre il proprio potere sull’intera regione mesopotamica, dando vita al grande impero babilonese di cui Babilonia era capitale.

Hammurabi: leggi scritte e un unico culto

Sotto la guida del re Hammurabi (1792-1750 a.C.), l’impero babilonese, come accennato, raggiunse l’apice della sua potenza. La vastità delle terre su cui si estendeva richiese la creazione di un’efficiente amministrazione centrale, necessaria tra l’altro anche per organizzare l’approvvigionamento delle materie prime, ottenuto con spedizioni commerciali sostenute e controllate dai funzionari del palazzo imperiale.

Per consolidare il potere centrale e limitare l’autonomia dei governatori locali, il sovrano babilonese sfruttò l’eredità culturale lasciata dalle civiltà mesopotamiche precedenti. In particolare, produsse una raccolta di leggi scritte, il Codice di Hammurabi (redatto intorno al 1750 a.C.) basata sull’antica legislazione dei sovrani sumeri, il codice di Ur Nammu, insieme più frammentato di leggi. Incise su stele di bronzo e collocate in tutti i centri urbani del regno, le norme raccolte da Hammurabi, invece, divennero valide per tutti i territori dell’impero: «Ogni uomo oppresso, che abbia in corso una causa, venga alla presenza della mia statua di “re di giustizia”, legga attentamente cosa è scritto sulla mia stele, dia ascolto alle mie preziose parole, la mia stele gli chiarirà il suo caso». In questo modo nessun potere locale poteva più minare la compattezza del regno interpretando le leggi a proprio favore; pubblicare editti diventò infatti una pratica abituale anche dei suoi successori.

La tendenza all’accentramento del potere nelle mani di Hammurabi è riscontrabile anche in un’altra riforma: l’estensione a tutto l’impero del culto di Marduk, con l'intento di dare al popolo una univoca identità religiosa. Attraverso la venerazione di un’unica divinità, il sovrano babilonese intendeva tenere sotto controllo le funzioni religiose dei sacerdoti, che sarebbero altrimenti rimasti autonomi nelle diverse realtà locali del vasto impero.

Terre, mari, idee - volume 1
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Dalla preistoria alla crisi di Roma repubblicana