Unità 1 LA TERRA E I PRIMI ESSERI UMANI >> Capitolo 2 – Il Neolitico e il passaggio all’agricoltura

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Le prime civiltà neolitiche europee

Tra il IV e il II millennio a.C. si svilupparono le prime civiltà preistoriche europee nelle isole Cicladi (nel Mediterraneo orientale) e in alcune zone prevalentemente costiere dell’Europa occidentale, dove si affermarono le civiltà megalitiche. Nel cuore del continente, invece, nel corso del II millennio si stanziarono alcune tribù celtiche provenienti dall’Europa orientale, che arrivarono a occupare una vasta area compresa tra il Danubio e il Reno.

La civiltà cicladica
Le Cicladi sono un arcipelago di oltre duecento piccole isole situate tra la Grecia continentale, Creta e l’odierna Turchia. Il loro nome deriva dal termine greco kúklos (“cerchio”) e fa riferimento alla loro disposizione circolare al centro del mar Egeo. Verso la fine del IV millennio a.C., in questi territori insulari si affermò una fiorente civiltà, che toccò il massimo sviluppo tra il 2600 e il 2200 a.C., quando fu inglobata dalla civiltà cretese. La ricchezza degli abitanti di queste isole derivava in gran parte dal commercio dell’ossidiana (una roccia vetrosa usata per ricavarne strumenti e armi) e, in minor misura, dal marmo. Proprio il ritrovamento di numerose statuette di marmo testimonia l’evoluzione culturale della civiltà cicladica; esse dimostrano infatti l’abilità degli artigiani dell’area, in grado di scolpire con grande maestria diverse tipologie di figure antropomorfe. Molte statuette rappresentano divinità femminili ed erano probabilmente dedicate al culto, di origine paleolitica, della fecondità della natura.

Le civiltà megalitiche
In altre regioni costiere dell’Europa continentale e nelle isole britanniche si svilupparono invece le cosiddette civiltà megalitiche (dal greco mégas, “grande”, e líthos, “pietra”), la cui denominazione deriva dai complessi monumentali di pietra realizzati dai popoli di queste terre in un’epoca compresa tra il 4500 e il 1500 a.C. circa. Lo studio dei numerosi reperti archeologici di queste strutture, costruite con grossi blocchi di pietra sovrapposti, sembra indicare che fossero impiegate come santuari o tombe dalle comunità neolitiche. Le enormi pietre dei complessi megalitici venivano trasportate da luoghi lontani anche decine di chilometri per mezzo di slitte e tronchi di legno, che favorivano lo scorrimento dei blocchi di pietra sul terreno. Una volta raggiunto il luogo stabilito per l’edificazione del monumento, le pietre venivano appoggiate nei pressi di apposite buche del terreno e collocate in posizione verticale con leve di legno, funi e terrapieni.
I monumenti potevano essere composti da un’unica grande pietra conficcata nel terreno o da più pietre, eventualmente disposte in circolo. Nel primo caso si parla di menhir, un vocabolo della lingua bretone che significa “pietra lunga”; nel secondo caso di dolmen (“tavola di pietra”) o cromlech (“pietra rotonda”).

Stonehenge
Il più noto santuario megalitico, Stonehenge (dai termini inglesi stone, “pietra”, e henge, derivato di hang, “sospendere”), fu edificato intorno al 3100 a.C. nell’attuale Inghilterra. Il complesso è formato da strutture trilitiche (cioè costituite da una pietra orizzontale poggiata su due pietre verticali) affiancate l’una all’altra a formare due cerchi concentrici. Il cerchio interno contava in origine 30 grandi pietre; quello esterno 56. Questi numeri, che corrispondono rispettivamente ai giorni del mese e agli anni che separano le eclissi di Luna, sono stati a lungo interpretati come il segno che Stonehenge fosse un monumentale calendario di pietra e un osservatorio astronomico, utilizzato in particolare per calcolare la ricorrenza delle eclissi e dei solstizi.
Di recente queste teorie sono state messe in discussione dagli archeologi, i quali tendono a privilegiare l’idea che Stonehenge fosse un luogo di sepoltura e di celebrazione di riti periodici legati al rapporto tra vita e morte. Tutto il complesso era probabilmente dedicato ai riti funerari, come suggeriscono anche comparazioni con siti analoghi presenti in altre aree del continente.

I Celti nell’Europa centrale
Nel II millennio a.C. varie regioni d’Europa erano state occupate da popolazioni nomadi di origine indoeuropea. Tra queste vi erano i Celti, un insieme di tribù indipendenti e spesso in lotta tra loro. Nel corso del I millennio a.C., l’espansione territoriale dei Celti interessò tutta l’Europa: le tribù dei Britanni, dei Cimri e dei Gaeli si stabilirono nelle isole britanniche, i Celtiberi nella penisola iberica, i Galli in Francia e nell’Italia settentrionale, i Gàlati nei Balcani e in Anatolia. Le tribù, guidate da capi guerrieri che facevano parte di famiglie nobili, avevano spesso un atteggiamento bellicoso nei confronti delle popolazioni con cui entravano in contatto, e le incursioni armate volte a conquistare bottini di guerra svolgevano un ruolo non indifferente nelle strategie per reperire risorse economiche.
La principale ricchezza economica dei Celti era comunque costituita dall’agricoltura e dall’allevamento. In Europa centrale raggiunse un certo grado di sviluppo anche l’artigianato metallurgico: i Celti inventarono tra l’altro il vomere di ferro, che consentì importanti progressi delle tecniche agricole.

Terre, mari, idee - volume 1
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