… e immigrazione
Da terra di emigrazione, l’Italia è diventata, negli ultimi anni, meta di immigrazione, con centinaia di migliaia di stranieri che giungono nel Paese ogni anno, provenienti da altri Stati europei (soprattutto quelli dell’Europa orientale) e da altri continenti, in particolare dall’Africa, dall’Asia e dall’America Latina. Fino a pochi anni fa, il numero di stranieri residenti in Italia era molto inferiore rispetto al dato analogo di altri grandi Paesi dell’Europa occidentale. Oggi non è più così: nel 2013 gli stranieri in Italia erano oltre 4 milioni, pari quasi all’8% della popolazione totale, una cifra più che triplicata in otto anni. Nel 2016 i numeri sono aumentati e la presenza di stranieri è di circa 5 milioni. La distribuzione della popolazione straniera è concentrata soprattutto nell’area centro-settentrionale, dove le attività economiche sono maggiormente diversificate.
1 700 000 stranieri sono residenti nel Nord-Ovest della penisola, oltre 1 milione in Lombardia, attivissimo polo economico sia industriale sia commerciale, 1 200 000 nel Nord-Est, il resto distribuito nelle altre aree della penisola. La maggiore comunità straniera in Italia è quella rumena, passata da 250 000 persone nel 2005 a 1 100 000 nel 2015. Questo incremento si spiega con l’ingresso della Romania nell’Unione Europea, avvenuto nel 2007, che ha permesso ai cittadini rumeni di muoversi e stabilirsi liberamente in tutti gli Stati membri. La seconda comunità più numerosa è quella albanese (500 000 persone), mentre al terzo posto ci sono i marocchini (450 000 nel 2012), seguiti dai cinesi e dagli ucraini (circa 200 000 ciascuna). Questi numeri non tengono conto del fenomeno dell’immigrazione irregolare, cioè degli stranieri che risiedono in Italia senza permesso. La presenza di comunità di stranieri residenti in Italia ormai da molti anni ha inoltre portato in evidenza il fenomeno degli immigrati
di seconda generazione, cioè coloro che sono nati in Italia ma, essendo i loro genitori stranieri, non hanno automaticamente la cittadinanza italiana. In Italia, e nella maggior parte degli altri Paesi europei, vige infatti un’interpretazione della legge sulla cittadinanza chiamata ius sanguinis (in latino “diritto di sangue”), per la quale un neonato acquisisce la cittadinanza dei genitori indipendentemente dal luogo di nascita. Per questo oggi sono quasi un milione i ragazzi sotto i 18 anni che, pur essendo nati in Italia, non sono ufficialmente cittadini italiani. Il loro numero, poi, è destinato ad aumentare, considerando che nel 2013 il 15% di tutti i bambini nati in Italia aveva genitori stranieri. Negli ultimi anni è stata avanzata da più parti la proposta di modificare la legge sulla cittadinanza adottando l’interpretazione denominata ius solis (“diritto del suolo”), in base alla quale tutti i nati sul suolo italiano diventerebbero automaticamente cittadini italiani.
La presenza e il continuo arrivo di immigrati in Italia costituisce una risorsa per il Paese: molti di loro svolgono lavori necessari ma spesso considerati troppo faticosi e “umili” dagli italiani, per esempio nel campo dell’agricoltura o dell’assistenza agli anziani. L’arrivo di immigrati aiuta inoltre a compensare il calo della natalità e l’invecchiamento della popolazione, dato che si tratta di persone mediamente più giovani e con più figli rispetto alla media della popolazione.
Quella italiana si avvia dunque a diventare una società pienamente multiculturale, in cui convivono persone di origini diverse, ma questo processo genera anche reazioni negative, che in alcuni casi degenerano in episodi di intolleranza e razzismo nei confronti di persone appartenenti a etnie, razze o religioni minoritarie.