PERCORSO LE RISORSE DEL PIANETA

Le risorse naturali a disposizione delle comunità umane possono essere classificate in base ai tempi che la natura impiega a rigenerarle. Le risorse rinnovabili vengono reintegrate dai cicli naturali in tempi relativamente brevi, e sono dunque virtualmente inesauribili; tra queste possono essere annoverati anche gli alimenti, da cui gli esseri umani ricavano le energie necessarie per sopravvivere e per svolgere le attività quotidiane. Le risorse non rinnovabili, invece, una volta impiegate non sono più disponibili nell’ambiente. Esse infatti costituiscono una questione importante nelle scelte produttive e di politica ambientale dei Paesi del mondo.

1. Le risorse naturali rinnovabili

La crescita della popolazione mondiale e il costante aumento dei consumi energetici rendono sempre più drammatico il problema dell’approvvigionamento di energia. Una possibile soluzione consiste nel ricorso alle energie alternative, che sfruttano risorse naturali rinnovabili. Per il momento, tuttavia, con la sola eccezione dell’energia idroelettrica, il rendimento energetico delle fonti alternative è di gran lunga inferiore a quello dei combustibili fossili e del nucleare. Le fonti rinnovabili presentano grandi vantaggi, come l’inesauribilità e l’impatto ambientale limitato, dal momento che il loro impiego non comporta l’immissione di sostanze inquinanti nell’ambiente. Considerato il loro scarso rendimento, la produzione di grandi quantità di energia richiede l’occupazione di ampi spazi e notevoli investimenti economici.

L’energia solare

Negli ultimi anni si è verificata una notevole diffusione degli impianti che sfruttano l’energia del Sole. Le tecnologie attualmente impiegate sono di tre tipi:

  • i pannelli solari termici, che generano acqua calda da utilizzare negli edifici pubblici e privati;
  • i pannelli a concentrazione, che generano invece vapore e sono impiegati principalmente per il riscaldamento domestico;
  • i pannelli fotovoltaici, che sfruttano i raggi solari per produrre energia elettrica.

I pannelli fotovoltaici sono composti da silicio, un materiale assai diffuso in natura (è il componente principale della sabbia), e sfruttano una scoperta fatta nel XIX secolo dal fisico francese Edmond Becquerel, in base alla quale i raggi solari generano un campo elettrico in grado di convertire direttamente la luce in corrente continua. Per rendere quest’ultima disponibile nelle nostre abitazioni, gli impianti fotovoltaici sono dotati di un dispositivo che la trasforma in corrente alternata. Il rendimento di questi impianti, in teoria, può essere davvero notevole: basti pensare che ogni secondo il Sole trasmette sulla Terra più di 50 milioni di gigawatt (si tratta dell’unità di misura della potenza degli impianti di produzione di elettricità, abbreviata in GW), mentre la potenza media di una centrale elettrica si ferma di norma a 1 gigawatt. La difficoltà consiste però nel riuscire a sfruttare efficacemente questa enorme potenzialità di energia, un’esigenza che gli impianti attuali non sono ancora in grado di soddisfare appieno. Per esempio, per assicurare il fabbisogno giornaliero di corrente elettrica di una famiglia media (3 kW di potenza), sono necessari impianti fotovoltaici delle dimensioni di circa 25 metri quadrati. Inoltre, la produzione di questi impianti dipende dalle condizioni atmosferiche: sebbene siano in grado di produrre energia anche quando il cielo è nuvoloso, la loro resa massima si ha nelle ore centrali del giorno e in assenza di nuvole. Ulteriori difficoltà dipendono dall’inclinazione dei raggi solari: l’irradiazione è più intensa nella fascia equatoriale, che però è poco abitata, mentre è decisamente più limitata alle latitudini in cui si trovano le aree più popolate del pianeta.

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L’energia eolica

Un’altra forma di energia rinnovabile è quella del vento: già nell’antichità l’energia eolica (così chiamata dal nome del dio greco dei venti, Eolo) era utilizzata dagli esseri umani per far muovere le vele delle imbarcazioni e le pale dei mulini a vento. L’evoluzione tecnologica degli antichi mulini è rappresentata dalle attuali turbine eoliche, composte da enormi pale installate su piloni, che possono raggiungere anche i 100 metri di altezza.
L’energia elettrica viene prodotta da un generatore elettromagnetico, grazie al movimento rotatorio delle pale mosse dal vento. Per le loro grandi dimensioni, le turbine eoliche richiedono spazi molto ampi e hanno un notevole impatto dal punto di vista paesaggistico. In Italia si trovano soprattutto lungo le zone costiere, dove sfruttano le correnti d’aria generate dalle inversioni climatiche tipiche delle zone marittime, causate dall’alternarsi di riscaldamento diurno e raffreddamento notturno di grandi masse d’acqua.

L’energia idroelettrica e mareomotrice

Un rendimento energetico elevato è garantito dalle centrali idroelettriche, attualmente in forte espansione, con decine di migliaia di impianti in tutto il mondo. La produzione di energia idroelettrica copre al momento il 25% circa del fabbisogno totale di energia del mondo e consente di limitare il ricorso ai combustibili fossili. Sfruttando il dislivello altimetrico tra i bacini artificiali e le centrali poste a valle, la forza cinetica dell’acqua muove enormi turbine collegate a generatori di corrente. Questi impianti, però, hanno un impatto ambientale molto critico, dovuto alla cementificazione di ampi bacini fuviali, al dissesto idrogeologico provocato dal disboscamento di vaste aree geografiche e all’alterazione degli equilibri idrici dei territori (interi paesi sono stati sommersi dai bacini artificiali e le zone a valle sono state spesso colpite da siccità).
Dal movimento delle acque dipende anche l’energia della maree, o mareomotrice, generata dall’alternarsi periodico di innalzamento e abbassamento del livello del mare. La diffusione degli impianti in grado di sfruttare questo fenomeno è però attualmente limitata a poche zone costiere degli oceani, dove le maree hanno ampiezze notevoli.

L’energia geotermica e le biomasse

Anche il calore presente nel sottosuolo è oggi sfruttato per ottenere energia. Il calore arriva in superficie sotto forma di getti d’acqua o di vapore (geyser e soffioni) a temperature altissime, che vengono usati per produrre energia elettrica attraverso apposite turbine. Questa risorsa energetica naturale è inesauribile, ha un elevato rendimento e non comporta emissioni inquinanti. La costruzione degli impianti è però vincolata alle condizioni ambientali del territorio: l’estrazione dell’energia geotermica direttamente dalle profondità della Terra sarebbe infatti troppo dispendiosa e per questo motivo la collocazione geografica delle centrali è limitata alle poche aree in cui si trovano sorgenti naturali di calore nel sottosuolo. In Italia, per esempio, le centrali geotermiche sono concentrate in Toscana, nella zona di Larderello.
Nella direzione di una minore dipendenza dai combustibili fossili vanno anche le ricerche per lo sfruttamento dell’energia delle biomasse, cioè dei prodotti biodegradabili ricavati dalle attività agricole e zootecniche e dagli scarti alimentari urbani. Opportunamente trattati in appositi impianti, anche questi prodotti di scarto possono contribuire alla produzione di energia. Al momento sono soprattutto i Paesi in via di sviluppo, che non dispongono di altre fonti energetiche, a utilizzare le biomasse per produrre energia, ricavandone mediamente più di un terzo del loro fabbisogno.

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2. Le risorse non rinnovabili

Sono classificate come non rinnovabili alcune materie prime: i minerali (per esempio i metalli) e il legname possono essere riciclati per nuovi usi, mentre i combustibili fossili (carbone, petrolio e gas naturale) sono risorse non rinnovabili che, consumandosi durante l’uso, non sono più utilizzabili in alcuna forma, quindi non possono nemmeno essere riciclati.

Il carbone e il petrolio

Fino alla rivoluzione industriale del XVIII secolo, le uniche fonti di energia a disposizione dell’uomo erano la forza animale (impiegata per esempio per trainare i carri) e l’energia dell’aria e dell’acqua (usate rispettivamente nei mulini a vento e ad acqua).
A rendere possibile il processo di industrializzazione fu l’utilizzo dei combustibili fossili. Il carbone è un combustibile solido che si forma dopo un lunghissimo processo naturale di fossilizzazione, durante il quale avviene la mineralizzazione e l’arricchimento di carbonio dei resti di organismi animali e vegetali intrappolati nei sedimenti della crosta terrestre. Si tratta di una fonte altamente inquinante, perché la sua combustione produce grandi quantità di anidride carbonica che vengono immesse nell’atmosfera. Tuttavia il carbone è ancora oggi ampiamente usato, soprattutto nei Paesi meno sviluppati.
Anche il petrolio è un combustibile fossile, formatosi dalla decomposizione di sostanze vegetali e animali avvenuta circa cento milioni di anni fa. Utilizzato dal XIX secolo, quando affiancò il carbone avviando la cosiddetta “seconda rivoluzione industriale” (1870-1945 circa), è tuttora il combustibile più usato nel mondo per le produzioni industriali e per alimentare i motori dei mezzi di trasporto.
Le stime attuali sull’esaurimento delle riserve mondiali indicano che nell’arco di poco più di un secolo i giacimenti naturali saranno quasi completamente esauriti. Questa relativa scarsità di petrolio e la localizzazione dei maggiori giacimenti in determinate aree geografiche del globo sono un elemento di instabilità geopolitica, che ha provocato più volte, nel corso del secolo scorso e all’inizio del nuovo, gravi tensioni economiche e politiche tra Paesi produttori e Paesi consumatori. Nel 1973 e nel 1979, per esempio, i notevoli aumenti dei prezzi di vendita del petrolio imposti dai Paesi produttori hanno provocato due gravi crisi energetiche internazionali.
Oltre ai problemi economici e politici, l’impiego del petrolio comporta anche gravi danni ambientali, dovuti all’inquinamento provocato dai residui di lavorazione delle raffinerie e dalle sostanze cancerogene diffuse nell’atmosfera durante la combustione dei suoi derivati (benzina e gasolio).

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Il gas naturale

Dai processi di formazione del petrolio deriva anche il gas naturale; un esempio tipico di questo combustibile è rappresentato dal metano. Allo stato aeriforme, la diffusione del metano avviene attraverso una rete di gasdotti che collega i luoghi di produzione ai Paesi consumatori. In natura, a temperature molto basse, è possibile trovarlo anche liquefatto. Allo stato liquido viene trasportato tramite cisterne montate sulle navi o sugli autotreni. Nemmeno il metano costituisce la soluzione definitiva al problema della mancanza di energia, poiché anche le riserve di gas naturale sono destinate a esaurirsi nel corso di pochi decenni.

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IL PROBLEMA

3. L’energia nucleare

L’energia nucleare (o termonucleare) sfrutta le enormi quantità di energia sprigionate dalla fissione (cioè dalla “rottura”) del nucleo di atomi di uranio, un metallo radioattivo presente in natura. Si tratta di una fonte non rinnovabile che ha iniziato ad avere una vasta diffusione nella seconda metà del XX secolo, quando si è cercata un’alternativa alla dipendenza energetica dal petrolio. Rispetto a quest’ultimo ha infatti rendimenti molto elevati: per esempio, in una centrale attuale, il trattamento di una sola tonnellata di uranio permette di produrre energia equivalente a quasi 700 000 tonnellate di petrolio, per di più senza immettere sostanze inquinanti nell’atmosfera. Il nucleare, tuttavia, accanto a questi vantaggi, presenta rilevanti aspetti critici. Innanzitutto, le centrali sono soggette a incidenti che comportano gravi rischi di contaminazione. Nel 1986, l’esplosione di un reattore nella centrale nucleare di Chernobyl (Ucraina) provocò la morte di 160 000 persone e un numero elevatissimo di gravi malformazioni e di malattie legate alle radiazioni. Un altro gravissimo episodio di contaminazione radioattiva si è verificato in Giappone nel 2011, in seguito al violento tsunami che ha irrimediabilmente compromesso la sicurezza della centrale di Fukushima. Al di là di questi eventi disastrosi, comunque, l’uso dell’energia nucleare implica costanti problemi di tipo economico e ambientale. Rimane poi irrisolto il problema del costoso e difficile smaltimento delle scorie prodotte dall’impiego dell’uranio, che rimangono radioattive per centinaia di migliaia di anni.

VERIFICA

CONOSCENZE

1. Completa la tabella inserendo correttamente ciascuna fonte energetica nella categoria corrispondente e indica accanto a ciascuna i pro e i contro relativi all’utilizzo in rapporto all’impatto ambientale.


Risorse rinnovabili

Risorse non rinnovabili

Pro/contro

     
     
     
     

ABILITÀ

2. Rispondi alle seguenti domande.


a. In quali settori è maggiormente utilizzato il petrolio? Quale fonte energetica alternativa potrebbe sostituirlo?
b. Che cosa sono le biomasse e come potrebbero risolvere il problema del fabbisogno energetico?

Terre, mari, idee - volume 1
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