PERCORSO IL POPOLAMENTO

IL TEMA

1. I fattori del popolamento

Le caratteristiche morfologiche e climatiche dei vari ambienti della Terra hanno influenzato la diffusione e la distribuzione del popolamento; le condizioni ambientali più o meno favorevoli, infatti, costituiscono un aspetto determinante nelle scelte degli insediamenti operate dalle comunità umane. Per questo motivo ancora oggi la distribuzione della popolazione sulla Terra è chiaramente disomogenea. Vi sono aree molto abitate, in cui l’abbondanza delle risorse naturali, le opportunità di espansione economica e le favorevoli condizioni climatiche hanno determinato un’intensa crescita demografica; al contrario, vi sono altre zone in cui la popolazione è molto limitata, poiché le condizioni ambientali ostacolano ancora oggi uno sviluppo più diffuso degli insediamenti abitativi; infine, esistono addirittura aree della Terra in cui le condizioni di vita sono talmente proibitive che restano completamente disabitate.
Diversi fattori hanno influito sulla concentrazione degli individui in determinate zone della Terra. Vediamoli nel dettaglio.

  • I condizionamenti ambientali: le risorse naturali (minerarie, vegetali e animali) di un luogo favoriscono, se abbondanti, o impediscono, se limitate, lo sviluppo degli insediamenti umani e delle loro attività economiche, provocando, di conseguenza, anche movimenti migratori delle popolazioni verso aree più ricche.
  • I condizionamenti morfologici: fattori come l’altitudine ( Sotto la lente, p. 425) o la distanza dal mare influiscono direttamente sulle scelte abitative delle comunità umane, che fin dall’antichità hanno privilegiato le aree pianeggianti e quelle costiere.
  • I condizionamenti climatici: temperature miti e tassi di umidità medi sono fattori favorevoli agli insediamenti umani, che infatti diminuiscono di molto nelle aree fredde, aride o eccessivamente umide del pianeta.
  • I condizionamenti antropici: anche i fattori economici, socio-culturali e politici che caratterizzano le relazioni tra le comunità umane influiscono sulla distribuzione della popolazione. Per esempio, conflitti armati, contrasti etnici e religiosi e tensioni provocate dal confronto tra differenti tradizioni culturali possono ridurre drasticamente la densità di popolazione.

La densità della popolazione

La distribuzione della popolazione in un territorio si misura in termini di densità di popolazione, che viene espressa indicando il numero di abitanti per chilometro quadrato (ab./km2).
Si possono riscontrare notevoli differenze di densità di popolazione non solo tra i diversi continenti, ma anche all’interno di ciascuno di essi. L’Asia, per esempio, è il continente più popolato, con 3 miliardi e 700 milioni di persone e una densità media di 82 ab./km2, ma la maggior parte dei suoi abitanti si concentra nelle regioni sudorientali, dove vive circa l’80% della sua popolazione. Al contrario, la parte nordorientale del continente, nella regione siberiana, è anecumenica.
L’ Europa è il secondo continente più densamente popolato: presenta una densità media di 68 ab./km2 e una distribuzione abbastanza omogenea dei suoi 700 milioni di abitanti, con piccole aree anecumeniche limitate alle regioni più settentrionali.
Grandi differenze si notano invece nelle Americhe (870 milioni di abitanti) e in Africa (780 milioni), che hanno densità medie di 20 (America centrosettentrionale), 19 (America meridionale) e 25 ab./km2, dove la maggior parte della popolazione risiede lungo le coste o nelle zone più ricche di risorse idriche.
L’ Oceania, con la sua popolazione di soli 33 milioni di abitanti, presenta una densità media molto bassa (4 ab./km2) e aree anecumeniche estese sulla maggior parte delle sue terre continentali.

 >> pagina 425 

• SOTTO LA LENTE • SCIENZA

Altitudine e popolazione

Tra i fattori che hanno maggiore influenza sulla densità di popolazione vi è sicuramente l’altitudine.
Come mostra il grafico, la maggior parte della popolazione mondiale vive in aree che si trovano al di sotto dei 300 metri sul livello del mare, mentre tende a diminuire a mano a mano che si sale di quota. Le zone pianeggianti e costiere costituiscono da sempre gli ambienti naturali più adatti agli insediamenti umani, sia per l’abbondanza di risorse naturali e di spazi edificabili a disposizione, sia per l’opportunità che le vie di comunicazione terrestri e marittime offrivano all’espansione delle attività mercantili. L’occupazione di luoghi elevati fu invece privilegiata nei periodi in cui le comunità umane dovevano difendersi dagli attacchi esterni: la creazione di roccheforti e di castelli sulle alture consentiva di sopravvivere alle scorrerie, ma limitava comunque la crescita demografica per l’esiguità delle risorse naturali e dello spazio abitativo disponibile.

Un pianeta di oltre 7 miliardi di abitanti

Attualmente la popolazione presente sul nostro pianeta ha raggiunto i 7 miliardi di persone, con una densità media globale di circa 50 ab./km2. In gran parte del mondo l’incremento demografico è costante e cresce a ritmi sempre più serrati: la popolazione mondiale aumenta di circa 1 milione di individui ogni settimana e l’80% di questa crescita avviene nei Paesi in via di sviluppo; solo in alcune regioni, per motivi ambientali o per scelte economiche e culturali che determinano una limitazione delle nascite, la popolazione è stabile oppure in diminuzione.
Anche l’aumento della popolazione è strettamente legato alle condizioni ambientali, che possono favorire o meno gli insediamenti umani. Sebbene una vasta porzione della Terra sia attualmente disabitata o scarsamente popolata, l’incremento demografico non può trovare spazi di insediamento in quelle aree, appunto perché inadatte. Tale situazione determina perciò fenomeni di sovraffollamento in vaste regioni del mondo, frenandone lo sviluppo sia economico sia sociale.
La crescita demografica ha dunque un limite fisico rappresentato dalla superficie di terra abitabile a disposizione, che va via via riducendosi.

 >> pagina 426 

2. Lingue e religioni

La popolazione mondiale si differenzia soprattutto per le caratteristiche etniche e culturali, tipiche di ciascuna regione. Ogni etnia presenta infatti un proprio patrimonio di abitudini e di tradizioni, in parte modificato nel tempo in seguito ai contatti con altre popolazioni, ma comunque facilmente identificabile.

Lingue ufficiali e lingue internazionali

Tra le diversità culturali più evidenti vi è la lingua: nel mondo si parlano circa 225 lingue ufficiali, ossia riconosciute dagli organismi statali dei vari Paesi del mondo, che vengono quotidianamente utilizzate per l’insegnamento scolastico o per la divulgazione di documenti pubblici. Sono però molte di più le cosiddette “lingue vive”, cioè quelle parlate, ma non riconosciute ufficialmente: se ne contano diverse migliaia e, insieme alle varianti dialettali regionali, raggiungono quasi la cifra di 7000 idiomi linguistici, usati quotidianamente a livello globale.
Alcune lingue si sono diffuse in aree più o meno vaste del mondo come diretta conseguenza della supremazia politica, economica e culturale esercitata dalle popolazioni che le parlavano. Si tratta delle cosiddette “lingue internazionali”, quali l’inglese, che è parlato in tutti i continenti, il francese, lo spagnolo, il portoghese, l’olandese, l’arabo e il russo, che sono diffusi in più di un continente. Altre lingue, come il cinese, il turco e l’hindi, pur avendo un’ampia diffusione geografica, non possono essere considerate “internazionali” perché ciò avviene solo all’interno del proprio continente ( carta).
Come succede per le dinamiche demografiche, anche le lingue sono in costante trasformazione: alcune scompaiono, o restano limitate ad ambiti culturali particolari; altre invece si modificano per l’influenza di idiomi più diffusi, come succede alla nostra lingua, contaminata da termini stranieri (inglesi in particolare) entrati progressivamente a far parte del nostro vocabolario.

 >> pagina 427 

Le religioni del mondo

Oltre alle lingue, anche le religioni sono uno degli elementi che caratterizzano le identità e le differenze culturali tra le popolazioni del mondo ( carta). Le fedi religiose attualmente più diffuse in tutti i continenti sono il cristianesimo e l’islamismo.
La religione cristiana conta oltre 2 miliardi di credenti, principalmente di fede cattolica, diffusa in vari continenti, ortodossa, presente soprattutto nell’Europa orientale a partire dall’XI secolo, e protestante, diffusa nell’Europa centro-settentrionale a partire dal XVI secolo. Alla fede cristiana appartiene anche la minoranza religiosa dei copti, presenti in Etiopia e in Egitto.
La religione islamica conta quasi 1 milione e mezzo di fedeli: l’orientamento maggioritario è quello sunnita, seguito in Africa e in Asia, mentre l’orientamento sciita è limitato all’Iran; in concomitanza con le dinamiche demografiche legate ai movimenti migratori, però, l’islamismo si è diffuso in molti Paesi occidentali, in modo particolare negli ultimi decenni.
Altre religioni praticate nel mondo, ma in aree più circoscritte, sono: l’ebraismo, concentrato soprattutto in Israele ma diffuso tra le molte comunità di ebrei sparse in Europa e in America settentrionale; l’induismo, seguito nel subcontinente indiano; le fedi tradizionali come il buddhismo (praticato anche in Occidente), il confucianesimo e il taoismo, diffuse principalmente nell’Asia orientale; lo scintoismo, molto praticato in Giappone.
In alcune regioni interne dell’Africa, delle Americhe, dell’Asia e dell’Australia sono ancora oggi diffuse le religioni animiste, di origine antichissima, espressione del rapporto originario tra l’uomo e le forze della natura.
Le differenze religiose sono state spesso al centro di aspri conflitti, anche se, in molti casi, le reali motivazioni di tali scontri armati erano di natura politica ed economica in combinazione con contrasti etnici e nazionalistici, e si spiegano, almeno in parte, anche come effetto delle enormi disparità economiche e culturali esistenti tra i vari Paesi del mondo.

 >> pagina 428 

IL PROBLEMA

3. Lontani da casa: l’emigrazione

La crescita della popolazione mondiale, i progressi tecnologici nelle comunicazioni e nei trasporti, le conseguenze della globalizzazione economica e culturale hanno fatto sì che un numero sempre maggiore di persone si sposti ogni giorno da una parte all’altra del mondo per i motivi più disparati.

La ricerca di migliori condizioni di vita

In passato erano frequenti le migrazioni di interi popoli a causa (o in conseguenza) di guerre o invasioni. Gli spostamenti forzati in seguito a conflitti, carestie e catastrofi naturali esistono tuttora, ma oggi ci si trasferisce soprattutto per cercare lavoro e migliori condizioni di vita.
I movimenti migratori possono essere interni a un Paese oppure internazionali. Attualmente nel mondo si contano oltre 232 milioni di immigrati internazionali, cioè persone che risiedono in un Paese diverso da quello in cui sono nate. Anche se possono sembrare molti, in realtà si tratta di poco più del 3% della popolazione mondiale: la grande maggioranza delle persone vive nel proprio Paese di origine.

Le mete più ricercate dagli immigrati

L’immigrazione internazionale tuttavia è molto importante sul piano economico, sociale e culturale. Per esempio, dal punto di vista economico, nei Paesi avanzati gli immigrati generalmente svolgono i lavori più “umili” ma necessari, che gli altri tendono a evitare.
Inoltre, in genere hanno un’età media inferiore a quella della popolazione del Paese che li ospita: la loro presenza contribuisce a limitare il calo delle nascite, e quindi la scarsità di giovani, fenomeni che affliggono molti Paesi sviluppati come l’Italia. La convivenza di persone originarie di Paesi diversi permette infine di confrontare abitudini, religioni e culture differenti, contribuendo alla formazione di una società multiculturale e all’accelerazione del processo di globalizzazione. Purtroppo non mancano le reazioni negative, che spesso degenerano in episodi di intolleranza e razzismo.
Le correnti migratorie oggi più importanti partono dai Paesi in via di sviluppo e giungono a quelli avanzati ed emergenti; ci si sposta quindi soprattutto dall’Africa, dall’Asia e dall’America Latina verso l’Europa, il Nord America e l’Oceania, soprattutto l’Australia. Esistono però molte eccezioni: fra le altre, il Sudafrica è meta di molti immigrati asiatici (soprattutto indiani), mentre diversi Paesi del golfo Persico attraggono molti lavoratori provenienti dall’Africa e dal resto dell’Asia.

• SOTTO LA LENTE • CIVILTÀ

Il dramma dei rifugiati

La maggior parte degli immigrati internazionali ha lasciato volontariamente il luogo d’origine per cercare lavoro e migliori condizioni di vita in un altro Paese; ma c’è anche chi è costretto ad abbandonare la propria patria per sfuggire a guerre, violenze o persecuzioni. Si tratta dei rifugiati, la cui particolare condizione è riconosciuta ufficialmente da un trattato internazionale, la Convenzione di Ginevra del 1951, secondo la quale «un rifugiato è una persona che, per il fondato timore di poter essere perseguitato a causa della propria razza, religione, nazionalità, appartenenza a un particolare gruppo sociale, o opinione politica, si trova al di fuori del proprio Paese d’origine e non può, oppure, a causa di tale timore, non vuole rientrarvi». La Convenzione stabilisce che ogni Paese firmatario (attualmente sono 145) ha il dovere di concedere a una persona cui è stato riconosciuto ufficialmente lo status di rifugiato, e che si trova sul suo territorio, il diritto di asilo, cioè il permesso di soggiorno per motivi umanitari, in modo che non sia costretto a tornare nel Paese dove teme per la propria vita o per i propri diritti civili.
Si stima che siano oltre 15 milioni i rifugiati nel mondo. La maggior parte dei rifugiati proviene da Paesi coinvolti da tempo in guerre e conflitti armati, come l’Afghanistan, dal quale negli ultimi anni sono fuggiti quasi 3 milioni di persone che hanno ottenuto asilo soprattutto nei vicini Iran e Pakistan, ma anche in alcuni Paesi europei. Più recentemente, oltre 2 milioni di siriani sono fuggiti, e l’esodo è destinato a continuare, da una sanguinosa guerra civile cercando asilo anche in Europa. Il fenomeno dei rifugiati è molto presente anche in Africa, dove per esempio sono centinaia di migliaia i somali che hanno lasciato il proprio Paese, da oltre vent’anni vessato da una situazione di gravissima instabilità sociale e politica, per trasferirsi nelle città principali del vicino Kenya, come la capitale Nairobi, dove spesso risiedono in campi profughi che negli anni si sono trasformati in vere e proprie bidonvilles.

 >> pagina 430 

Fuggire per sopravvivere: l’immigrazione clandestina

L’immigrazione clandestina nasce dal desiderio di fuggire da una guerra, dalla povertà estrema, da carestie, e le sue caratteristiche presuppongono l’importanza di essere “invisibili” alle autorità. È la drammatica condizione degli immigrati clandestini, che entrano nel Paese di destinazione di nascosto, quasi sempre dopo lunghi e pericolosi viaggi via terra o via mare, spesso gestiti dalla criminalità organizzata. Se non vengono scoperti mentre tentano di attraversare la frontiera e rimandati indietro, gli immigrati clandestini sono costretti a vivere senza farsi rintracciare dalle autorità, senza usufruire di gran parte dei servizi pubblici (in quanto non esistono agli occhi dello Stato) e lavorando “in nero”, cioè senza un regolare contratto. Proprio per questa loro esistenza “sotterranea” è difficile stimare quanti essi siano nel mondo, ma si pensa ammontino a decine di milioni. Molte volte il loro arrivo costituisce un’emergenza sociale e umanitaria, come nel caso dei barconi colmi di immigrati che salpano dalle coste africane per raggiungere la Grecia o l’Italia meridionale, molti dei quali affondano durante il viaggio, provocando ogni anno migliaia di morti.

VERIFICA

CONOSCENZE

1. Scrivi un testo di circa 20 righe in cui indichi le principali differenze linguistiche e religiose che caratterizzano la popolazione mondiale. Approfondisci poi l’argomento svolgendo una breve ricerca su Internet relativa ai conflitti interetnici attualmente in corso nel mondo e alle motivazioni che li hanno provocati.

ABILITÀ

2. Su una carta muta del mondo traccia la direzione delle principali correnti migratorie odierne, specificando quali sono le cause che le hanno originate, se economiche, politiche o entrambe.


Terre, mari, idee - volume 1
Terre, mari, idee - volume 1
Dalla preistoria alla crisi di Roma repubblicana