PERCORSO IL CLIMA

IL TEMA

1. I fattori climatici

Il clima dipende soprattutto da due elementi, la temperatura e le precipitazioni, ma influiscono anche la pressione atmosferica, l’ umidità dell’aria e i venti.
Questi elementi climatici subiscono, a loro volta, l’influenza dei fattori climatici, determinando così le caratteristiche specifiche dei climi diversi che caratterizzano gli ambienti naturali della Terra. Questi fattori sono:

  • la latitudine, cioè la distanza di un luogo dall’Equatore. Poiché la Terra è sferica, il riscaldamento è maggiore nei punti in cui il tragitto dell’irradiazione del Sole attraverso l’atmosfera è più breve e dove i raggi si concentrano in uno spazio più ridotto, come all’Equatore, dove essi cadono perpendicolarmente al terreno; al contrario, il riscaldamento risulta minore nei punti della Terra in cui, come ai Poli, i raggi devono compiere un percorso più lungo per attraversare l’atmosfera e si disperdono in superfici più ampie, formando un angolo di incidenza più ridotto. Maggiore è la latitudine di un luogo, minore è la sua temperatura media annua. La latitudine svolge un ruolo preponderante, tanto che in base a essa la Terra viene suddivisa in cinque fasce climatiche, o astronomiche, che al loro interno presentano caratteristiche climatiche analoghe ( Le cinque fasce climatiche);
  • l’altitudine, cioè la distanza in verticale di un luogo dal livello del mare, che provoca una diminuzione delle temperature di circa 0,6 °C ogni 100 metri di altezza in più rispetto al livello del mare;
  • la vicinanza ai mari e agli oceani, che si scaldano e si raffreddano più lentamente rispetto al suolo dei continenti. Questa caratteristica fa in modo che i mari trattengano il calore accumulato nelle stagioni calde e lo rilascino lentamente in quelle fredde, mitigando il clima dei territori costieri;
  • la presenza di correnti marine nelle vicinanze dei litorali costieri. Per esempio, la corrente calda proveniente dal golfo del Messico percorre migliaia di chilometri nell’oceano Atlantico e raggiunge le coste della penisola Scandinava, in Europa settentrionale, mitigandone il clima, che dovrebbe essere molto più freddo a causa della latitudine.
Le cinque fasce climatiche

La fascia centrale della Terra, che comprende la linea dell’Equatore, va dal Tropico del Cancro al Tropico del Capricorno ed è denominata fascia torrida, o intertropicale. Nei territori che rientrano in questa zona, il Sole si trova per due volte l’anno allo zenit: i suoi raggi cadono cioè in modo perfettamente perpendicolare sulla Terra. Le temperature medie di questa zona sono tra le più elevate del pianeta, e il clima quindi è costantemente caldo.
Fra il Tropico del Cancro e il Circolo polare artico si estende la fascia temperata boreale, o settentrionale (nella quale rientra anche l’Italia), mentre fra il Tropico del Capricorno e il Circolo polare antartico si trova la fascia temperata australe, o meridionale. In queste fasce i raggi solari aumentano la loro inclinazione a mano a mano che ci si avvicina ai Poli: le temperature medie sono di conseguenza meno elevate. L’estensione di questa zona fa sì che il clima presenti forti varietà: clima subtropicale umido, con inverni freschi e secchi ed estati calde e umide; clima mediterraneo, con inverni miti e temperature medie elevate in estate (le precipitazioni sono concentrate soprattutto nei mesi invernali); clima temperato fresco, con inverni miti ed estati fresche con piogge frequenti. Una prerogativa accomuna, però, questi tre tipi di clima: quattro stagioni abbastanza diverse tra loro.
Le ultime due fasce, che si estendono oltre i Circoli polari, sono denominate fascia polare artica (Polo nord) e fascia polare antartica (Polo sud). Qui le temperature medie sono molto più basse, perché i raggi del Sole raggiungono la massima inclinazione, al punto da scomparire del tutto in un determinato periodo dell’anno. Il clima è molto rigido e i ghiacci sono perenni.

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2. Ambienti naturali e biomi

A seconda del clima incontriamo ambienti naturali diversi, caratterizzati da un paesaggio che si mantiene uniforme e dalla presenza di determinate associazioni tra tipi di vegetazione (flora) e specie animali (fauna). Ciascuno di questi insiemi formato da esseri viventi, animali e vegetali, che interagiscono tra loro in un medesimo ambiente, influenzandosi reciprocamente, viene definito bioma (dal greco bíos, “vita”). Solitamente i biomi sono raggruppati in tre aree principali, corrispondenti alle tipologie di clima che caratterizzano le relative fasce climatiche: i biomi dei climi freddi, tipici delle due fasce polari, i biomi dei climi caldi, caratteristici della fascia intertropicale; i biomi dei climi temperati, presenti alle medie latitudini, nelle due fasce temperate ( carta).

I biomi dei climi caldi

Mentre le fasce climatiche sono facilmente delimitabili in base alla latitudine, i confini dei biomi sono invece molto più difficili da definire. Nella fascia torrida o intertropicale si trovano i biomi dei climi caldi, ossia la foresta equatoriale, la giungla, la savana, la steppa e i deserti caldi.
La foresta equatoriale o pluviale si estende su gran parte dei continenti, lungo la linea dell’Equatore: è caratterizzata da piogge costanti e abbondanti e da temperature elevate.
La vegetazione è molto intricata e presenta diversi strati. Al livello del suolo il sottobosco è composto di arbusti e felci, mentre gli alberi possono svilupparsi fino a 20-40 metri di altezza nella zona intermedia o raggiungere addirittura i 60 metri, nello strato superiore. La foresta pluviale è il più ricco serbatoio di biodiversità della Terra.
La giungla, definita anche foresta tropicale o monsonica, è il bioma delle regioni asiatiche che si affacciano sull’oceano Indiano, dove cadono piogge abbondanti provocate dai monsoni, venti caldi stagionali, carichi di umidità e responsabili dei cicloni tropicali che si abbattono frequentemente su queste zone durante l’estate. Qui radure erbose e cespugliose si alternano ad aree più fitte di vegetazione, dove trovano riparo numerose specie animali, tra cui i mammiferi di grande taglia (elefanti, bufali, giaguari e tigri).
A mano a mano che ci si allontana dall’Equatore, le precipitazioni diminuiscono: la foresta pluviale lascia gradualmente spazio al bioma della savana, caratterizzata da ampie distese erbose che appaiono più o meno rigogliose a seconda dei periodi dell’anno a causa dell’alternanza di stagioni piovose e asciutte. Qui vivono i grandi mammiferi erbivori (elefanti, ippopotami, rinoceronti, giraffe, zebre e antilopi) e i predatori carnivori (leoni, ghepardi, iene e sciacalli).
Se ci si allontana ulteriormente dall’Equatore si incontra il bioma della steppa, un ambiente semiarido, con radi cespugli a causa della scarsità di risorse idriche.
Nei pressi delle linee dei Tropici si trovano i deserti caldi in cui non piove mai, perché le alte pressioni dell’atmosfera sono stabili durante tutto l’anno e impediscono la formazione di nubi. Le temperature sono molto elevate e provocano l’evaporazione delle poche risorse idriche presenti: la crescita della vegetazione può avvenire perciò solo nelle oasi, alimentate da fonti sotterranee. I deserti caldi possono essere sabbiosi (come quello del Sahara, in Africa), rocciosi (come quello ai confini tra gli Stati Uniti e il Messico) o pietrosi (come la parte del deserto del Sahara che si trova in territorio algerino).

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I biomi dei climi temperati

Nelle zone degli ambienti con climi temperati l’alternarsi delle stagioni limita gli sbalzi di temperatura e distribuisce le precipitazioni lungo tutto l’anno: per questo vi si trovano situazioni climatiche molto differenti tra loro. Appartengono a quest’area la macchia mediterranea, le praterie, le foreste di latifoglie e i deserti freddi.
La macchia mediterranea è tipica delle zone costiere che si affacciano sul mar Mediterraneo, da cui prende il nome, ma si trova anche in altre regioni, come la California, il Cile, il Sudafrica e l’Australia sudoccidentale. Il suo clima, definito temperato caldo, con estati calde e secche e inverni miti e piovosi, favorisce lo sviluppo di una vegetazione spontanea, composta da alberi di piccole dimensioni e da arbusti ed erbe aromatiche.
Nelle regioni continentali interne, lontane dai mari, si estendono le pianure delle praterie, la cui vegetazione consiste prevalentemente di piante erbacee e, in alcuni casi, di alberi di latifoglie di dimensioni ridotte. Costituisce l’habitat privilegiato di erbivori di ogni taglia.
Le altre regioni continentali dell’area, con climi freschi e umidi, sono caratterizzate dalle foreste di latifoglie. Lungo le coste occidentali dell’America settentrionale, soggette a precipitazioni abbondanti, si estendono le foreste di sequoie, alberi che possono superare i 100 metri di altezza. La fauna è molto ricca ed è composta principalmente da cervi, caprioli, daini, orsi, cinghiali, lupi, lepri e scoiattoli.
Un altro bioma che rientra negli ambienti con clima temperato delle regioni più continentali è quello dei deserti freddi, presente, per esempio, nelle zone temperate dell’Asia e dell’America meridionale, come la Patagonia. È caratterizzato da forti escursioni termiche annuali, con estati molto calde e inverni freddissimi.

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I biomi dei climi freddi

Nelle zone con climi freddi o polari la forte inclinazione dei raggi solari determina temperature molto più rigide: a partire da 50° di latitudine, le latifoglie lasciano progressivamente spazio alle conifere (pini, larici e abeti), che, avendo foglie aghiformi, riescono a resistere meglio alle basse temperature. I biomi caratteristici di questi climi sono la taiga, la tundra, il bioma delle zone polari e quello di alta montagna.
Nell’emisfero boreale, o settentrionale, si estendono fitti boschi di conifere che formano la taiga, o foresta boreale. È un ambiente tipico della Scandinavia, della Russia, della Siberia e del Canada. Qui vivono grandi mammiferi (renne, alci e caribù) e predatori (lupi e orsi).
Spostandosi verso il Polo nord, si incontra la tundra, che presenta solo piccoli arbusti, erbe, muschi e licheni, gli unici vegetali in grado di resistere agli inverni lunghi e freddissimi, con temperature che scendono di molti gradi sotto lo zero. La fauna è rara, caratterizzata soprattutto dalla presenza di buoi muschiati, caribù e lepri artiche.
L’Artide (presso il Polo nord) e l’Antartide (attorno al Polo sud) presentano il clima delle zone polari, con temperature che possono scendere anche a 80 °C sotto zero: le terre e i mari sono ricoperti costantemente da uno strato di ghiaccio, l’ambiente è del tutto privo di vegetazione e la fauna comprende mammiferi di terraferma (orsi bianchi, lupi, renne e buoi muschiati) e mammiferi costieri (foche, trichechi, otarie e cetacei).
Condizioni simili a quelle delle regioni con clima freddo, sebbene compaiano a latitudini inferiori, sono presenti anche sulle catene montuose elevate, caratterizzate dal bioma dell’alta montagna: qui le temperature diminuiscono progressivamente in base all’altitudine; salendo di quota sopravvivono solo i boschi di conifere, con pini e abeti, ma oltre una certa altitudine la vegetazione si riduce agli arbusti e alle erbe.

IL PROBLEMA

3. Cambiamenti climatici e inquinamento

Dopo la fine delle ere glaciali preistoriche, per circa 10 000 anni il clima del pianeta è rimasto relativamente costante. Nell’ultimo secolo, invece, la temperatura media si è innalzata in modo considerevole, e le stime prevedono un forte incremento nel prossimo futuro. Le cause di questi cambiamenti climatici vanno ricercate soprattutto negli effetti provocati dall’inquinamento dovuto alle attività industriali, che immettono nell’atmosfera quantità crescenti di anidride carbonica e di anidride solforosa. Tutte queste trasformazioni sono state poi accentuate dal considerevole aumento della popolazione mondiale degli ultimi decenni, che ha determinato una crescita esponenziale dei consumi di risorse naturali.

Il riscaldamento globale e i suoi effetti

L’anidride carbonica (CO2), insieme al vapore acqueo e ad altri gas naturali (il metano e l’ozono), forma intorno alla Terra un involucro che trattiene nell’atmosfera il calore dei raggi solari, impedendone la dispersione nello spazio. Questo fenomeno è noto con il nome di effetto serra e garantisce il mantenimento di un clima mite su gran parte del pianeta: senza questa protezione le temperature medie sarebbero di circa 18°C sotto zero. Rispetto alla metà del XIX secolo, tuttavia, la concentrazione di anidride carbonica nell’aria è cresciuta di quasi il 75%, determinando un aumento dell’effetto serra e il conseguente incremento della temperatura media. Questo fenomeno è aggravato dalla deforestazione, che ha ridotto sensibilmente la quantità di vegetali sulla Terra, capaci di assorbire la CO2 e trasformarla in ossigeno attraverso il processo della fotosintesi.
Si prevede che, nell’arco di questo secolo, il processo di riscaldamento della Terra (il cosiddetto global warming) possa portare a un aumento di diversi gradi delle temperature medie, anche in relazione alle stime effettuate sulla crescita della popolazione mondiale.
Il riscaldamento globale, che provoca una maggiore evaporazione delle acque oceaniche, è già oggi considerato la causa principale dell’incremento della piovosità nelle regioni tropicali e del manifestarsi di fenomeni atmosferici distruttivi come uragani e alluvioni. Altrove l’aumento della temperatura comporta effetti opposti, come la diminuzione delle piogge nelle regioni subtropicali, fenomeno che a sua volta accelera i processi di desertificazione nelle aree minacciate dalla siccità. Inoltre, temperature più elevate possono causare lo scioglimento dei ghiacci polari e il conseguente innalzamento del livello dei mari: molti territori costieri rischiano di essere sommersi, costringendo così milioni di persone all’evacuazione.
Oltre che dall’aumento di anidride carbonica, l’aria e l’atmosfera sono seriamente minacciate anche dall’anidride solforosa, una sostanza che, miscelandosi con il vapore acqueo, origina il fenomeno delle piogge acide, responsabili di effetti rovinosi sulla vegetazione. La dispersione di clorofluorocarburi (Cfc), composti chimici impiegati come refrigeranti per i motori elettrici dei frigoriferi e dei condizionatori d’aria o come propellenti nelle bombolette spray, è invece responsabile della riduzione dello strato di ozono, il gas che filtra le radiazioni ultraviolette del Sole, proteggendo la pelle umana da effetti molto dannosi. Le politiche ambientali adottate a livello globale per ridurre la dispersione di Cfc mirano in particolare a far diminuire il “buco” formatosi nello strato di ozono in corrispondenza dei Poli.

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• SOTTO LA LENTE • CLIMATOLOGIA

Quando i conti con l’ambiente vanno in rosso: l’Overshoot Day

Nel seguente brano il climatologo italiano Luca Mercalli spiega, con una metafora economica, l’importanza della tutela delle risorse ambientali.

«Non si possono prelevare dal conto terrestre più risorse di quante i sistemi naturali siano in grado di rigenerare, né immettere rifiuti e inquinanti più di quanto la biosfera sia in grado di metabolizzare. L’Overshoot Day1 definisce la data in cui il nostro conto corrente con l’ambiente è andato in rosso. Nel 2012 ciò è successo già il 22 agosto, il che vuol dire che tutto quello che abbiamo consumato dopo quella data lo abbiamo “rubato” alla natura, dilapidando una parte del capitale, con conseguenze talora irreversibili, come il riscaldamento globale o l’estinzione di specie viventi.
Il pareggio di bilancio2 mondiale è stato rispettato più o meno fino alla metà degli anni Settanta, quando l’umanità contava 3,5 miliardi di individui. Oggi siamo 7 miliardi, consumiamo e inquiniamo come non mai e preleviamo l’equivalente di una Terra e mezza. La biosfera è un sistema resiliente,3 ciò vuol dire che per brevi periodi può sopportare uno stress senza collassare, a patto che si rientri nei limiti fisici imposti dalle leggi universali che governano i cicli biogeochimici, il clima, la riproduzione della fauna ittica,4 la rigenerazione delle foreste. Ma, un po’ come accade a un motore lanciato a folle corsa, quando la lancetta del contagiri entra in zona rossa, bisogna ridurre la velocità, altrimenti si sbiella. […] La sfida è enorme, antropologicamente parlando l’uomo deve mutare il proprio paradigma: da un cieco inseguimento della crescita fine a se stessa a un’economia basata su […] energie rinnovabili e rifiuti riciclabili».


(L. Mercalli, Prepariamoci, Chiarelettere, Milano 2013)


Overshoot Day

Data raggiungimento

2012

22 agosto

2013

20 agosto

2014

19 agosto

2015

13 agosto

2016

8 agosto



1 Overshoot Day: letteralmente, in inglese, “il giorno del superamento”.
2 pareggio di bilancio: l’espressione è usata nella contabilità pubblica per esprimere l’uguaglianza, nei conti economici, fra le entrate e le uscite previste.
3 resiliente: in questo contesto, il termine resilienza indica la capacità di un ecosistema di ripristinare il proprio equilibrio dopo di un evento che l’ha alterato.
4 fauna ittica: insieme delle specie di pesci presenti in una determinata area.

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Obiettivo: salvare il pianeta

Queste trasformazioni hanno stimolato una riflessione critica sui limiti del modello di sviluppo che ha portato alla situazione presente. La crescente consapevolezza degli effetti negativi delle attività umane sull’ambiente è alla base del concetto di sviluppo sostenibile, che fa riferimento a un modello di crescita in grado di assicurare «il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri ». Questa definizione fu proposta nel 1987 dal rapporto Brundtland, dal nome del presidente della Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo delle Nazioni Unite, il primo ministro norvegese Gro Harlem Brundtland. I contenuti di questo rapporto furono condivisi nel corso di numerose conferenze mondiali dell’Onu sull’ambiente e lo sviluppo.
Poiché i cambiamenti climatici hanno assunto negli ultimi anni un rilievo sempre più importante (e drammatico), nel 2015 alla Conferenza sul clima di Parigi, alla quale hanno partecipato 196 Paesi, è stato approvato un testo che afferma: «Il cambiamento climatico rappresenta una minaccia urgente e potenzialmente irreversibile per le società umane e per il pianeta». Esso dunque richiede «la massima cooperazione di tutti i Paesi» per giungere ad «accelerare la riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra». Anche se i negoziati sono stati lunghi e difficili, il risultato porta a sperare in un reale cambiamento: il trattato entrerà in vigore nel 2020, ma nel settembre del 2016 lo hanno ratificato Stati Uniti e Cina, due tra le nazioni più coinvolte nelle emissioni mondiali di gas serra.

VERIFICA

CONOSCENZE

1. Completa la tabella, inserendo gli elementi mancanti tra quelli elencati sotto.


 varietà dei climi in base alle stagioni  temperature rigide  elevata umidità e piogge costanti  taiga  macchia mediterranea  giungla  foresta equatoriale  foresta di latifoglie  tundra


 

Fascia torrida

Fascia temperata

Fascia polare

Caratteristiche climatiche

     

Biomi

     

ABILITÀ

2. Collega le cause alle conseguenze.


a. Global warming
b. Temperatura più elevata
c. Diminuzione delle piogge subtropicali
d. Inquinamento
1. Desertificazione
2. Aumento dell’anidride solforosa nell’aria
3. Aumento della piovosità nelle zone tropicali
4. Scioglimento dei ghiacci polari

Terre, mari, idee - volume 1
Terre, mari, idee - volume 1
Dalla preistoria alla crisi di Roma repubblicana