L’ascesa di Mario: la guerra contro Giugurta e la sconfitta di Cimbri e Tèutoni
Legato probabilmente alla famiglia nobile dei Metelli, Caio Mario (157-86 a.C.) non apparteneva all’aristocrazia romana. Di origine italica (era nato ad Arpino, nel Lazio), era un ▶ homo novus: prima di lui, nessun membro della sua famiglia era mai riuscito a entrare nel senato (▶ Testimonianze della storia, p. 376). Nonostante questo, egli riuscì a raggiungere le cariche più alte della repubblica: le sue straordinarie abilità di comandante e i suoi successi militari gli consentirono una sorprendente carriera politica e l’ascesa ai vertici dello Stato.
La sua prima importante campagna fu la guerra contro Giugurta, re della Numidia. Roma aveva inviato l’esercito in Africa nel 111 a.C., in seguito alla distruzione della città di Cirta (nell’attuale Algeria) a opera dei Numidi, durante la quale numerosi mercanti romani erano stati uccisi e avevano subìto la confisca dei beni; con la spedizione militare, il senato intendeva ripristinare la propria influenza strategica e commerciale sulla regione. Giugurta, tuttavia, era riuscito a corrompere i generali romani e a mantenere la propria indipendenza.
Poiché la campagna militare si protraeva fiaccamente – fatto che alimentava i sospetti sulla corruzione dei generali che la guidavano – nel 109 a.C. il senato affidò il comando di una nuova spedizione a un personaggio autorevole, noto per la sua integrità morale, il console Quinto Cecilio Metello. Fu in qualità di suo luogotenente che Mario si distinse per la prima volta per le capacità strategiche e militari.
Nel 107 a.C. Mario, grazie alla fama dei suoi successi sui campi di battaglia, ottenne l’elezione a console, sostenuto dai popolari e dai cavalieri. Questi ultimi, contro l’opinione degli ottimati, riuscirono a far proseguire la guerra contro Giugurta, motivata esclusivamente dalla tutela dei loro interessi commerciali nella regione. Mario prese così il posto di Metello (suscitandone un profondo rancore) nel comando delle operazioni, e nel 104 a.C. sconfisse definitivamente i Numidi, facendo prigioniero Giugurta e imponendo loro un governo alleato dei Romani.
Ma l’impresa che procurò a Mario la gloria maggiore fu la campagna contro i Cimbri e i Teutoni. Queste tribù nomadi di origine germanica si erano allontanate dalle loro terre d’origine (la penisola dello Jutland) in cerca di nuovi territori in cui insediarsi, probabilmente a seguito dell’incremento demografico che aveva compromesso l’equilibrio tra popolazione e risorse. Per lungo tempo avevano compiuto scorribande sui territori di Roma, i cui tentativi di fermare la loro avanzata erano stati duramente frustrati dalle gravissime sconfitte subite a Noreia (presso l’odierna Klagenfurt, in Austria) nel 113 a.C., e ad Arausio, nella Gallia Narbonese, nel 105 a.C. Nessun generale di origine nobiliare sembrava in grado di opporsi efficacemente alla minaccia germanica che si indirizzava verso la penisola. Così, l’anno successivo il senato si rivolse a Mario, reduce dalle recenti imprese compiute in Africa ed eletto nuovamente console. Dopo aver riorganizzato l’esercito, nel 102 a.C. Mario vinse i Teutoni in Provenza, presso Aquae
Sextiae (l’odierna Aix-en-Provence), e nel 101 a.C. sconfisse i Cimbri, nel frattempo penetrati in Italia, ai Campi Raudii (presso Vercelli). Queste prestigiose vittorie, oltre ad allontanare per lungo tempo da Roma e dalla penisola la minaccia di una nuova invasione, assicurarono a Mario un grande prestigio popolare e il sostegno di buona parte della classe dirigente romana.