I comizi centuriati
Per garantirsi il controllo delle istituzioni, la classe dirigente patrizia sostituì i comizi curiati, che avevano rappresentato una parziale limitazione del suo predominio, con una nuova assemblea, i comizi centuriati, risultato di un nuovo ordinamento civile e militare nel quale si limitava il primato
del censo. Questa istituzione aveva il carattere di un’assemblea del popolo in armi, e aveva di fatto scarsi poteri, anche se ufficialmente pare avesse prerogative molto importanti (tra cui l’elezione delle più alte magistrature). Con il tempo divenne soprattutto il luogo nel quale si tessevano alleanze o si consumavano i conflitti tra parti della plebe e parti del patriziato.
Il nuovo ordinamento dei comizi centuriati fu strettamente legato all’organizzazione dell’esercito, e divise la popolazione in 193 centurie inquadrate in cinque classi
di censo. La prima classe, comprendente gli individui con reddito annuale di almeno 100 000 assi (l’unità monetaria utilizzata al tempo), era composta da 100 centurie: 18 di
cavalieri (equites), 80 di fanti (pedites) e 2 ausiliarie di fabbri e falegnami, addetti al funzionamento delle macchine belliche. Seguivano altre quattro classi, per un totale di 90 centurie di fanti, divise in base al reddito dei loro membri e dunque al tipo di armi che potevano comprare. I soldati della prima erano equipaggiati al completo, con corazza e scudo; quelli dell’ultima erano dotati solo di un’asta e del gladio, la spada corta tipica del soldato romano, mai dello scudo. Alle centurie di fanti erano aggregate anche 3 centurie ausiliarie, composte da inservienti. Infine c’era la classe dei proletari,
privi di reddito, esclusi dall’esercito e dalle assemblee politiche: solamente nei casi di grave pericolo per la città venivano arruolati ed equipaggiati a spese dello Stato.
Le classi erano divise in centurie di iuniores (dai 17 ai 45 anni), i mobilitabili, e in centurie di seniores (tra i 46 e i 60 anni), che costituivano il servizio di presidio. Dato che il diritto di partecipazione e voto nell’elezione dei magistrati nei comizi centuriati era legato alla mobilitazione in guerra, in senso stretto avrebbero dovuto votare solo i primi, ma il diritto al voto era concesso a entrambi, cioè anche a chi non era destinato alla battaglia, segno evidente del carattere ▶ gerontocratico della società romana. Del resto nei comizi centuriati non era il voto del singolo cittadino a contare (non si votava cioè per testa), ma il voto di
ogni centuria.
Votare per centuria rappresentava un’evidente penalità per la plebe. In origine, infatti, la “centuria” indicava un’effettiva formazione militare di cento uomini, ma con il rapido aumento della popolazione in ogni centuria finirono per trovarsi molti più individui. Poiché l’incremento demografico riguardava soprattutto le classi inferiori, nel I secolo a.C. una sola centuria della quarta classe di censo conteneva più cittadini di tutte le centurie della prima classe. Eppure, sul totale dei voti delle 193 centurie, quelle che rappresentavano gli interessi dei patrizi (prima classe) erano 100, e pur essendo composte da un numero inferiore di individui, avevano sempre la maggioranza rispetto alle 93 dei plebei. A causa del meccanismo di votazione, in altre parole, la plebe aveva un peso nettamente inferiore rispetto alla sua dimensione numerica, e di conseguenza era impossibile che i plebei potessero essere eletti nelle magistrature più importanti della città.