Terre, mari, idee - volume 1

Unità 5 L’ETÀ CLASSICA >> Capitolo 12 – La guerra del Peloponneso e la tarda età classica

La ripresa del conflitto e la spedizione in Sicilia

Gli accordi della pace di Nicia non furono rispettati: Anfipoli, presa dagli Spartani, non fu restituita alla lega delio-attica, e dal canto loro gli Ateniesi non abbandonarono Pilo. Così, dopo pochi anni di tregua, la guerra riprese. Tra i maggiori episodi che portarono alla riapertura delle ostilità vi fu il massacro compiuto dagli Ateniesi nell’isola di Melo (415 a.C.), colpevole di non essersi schierata al fianco di Atene.
Ad Atene, nel frattempo, l’iniziativa passò nelle mani del giovane e ambizioso Alcibiade, nipote di Pericle, alla guida del fronte democratico e convinto sostenitore della guerra e di una posizione fieramente antispartana. Nel 415 a.C., contro il parere di Nicia, Alcibiade condusse la flotta in Sicilia, in una nuova spedizione navale contro Siracusa. Adducendo il pretesto di soccorrere i cittadini di Segesta, minacciati dai Siracusani, Alcibiade intendeva in realtà allargare l’area di influenza ateniese: la Sicilia produceva grandi quantità di cereali e il suo controllo sarebbe stato utile per risollevare l’economia di Atene, stremata dalla guerra. La difficoltà dell’impresa fu però sottovalutata, e i Siracusani, con l’aiuto di Sparta, inflissero dure sconfitte al contingente militare ateniese. Nel 413 a.C., nonostante le navi di rinforzo provenienti da Atene, la flotta attica fu attaccata e distrutta; circa 40 000 opliti ateniesi furono catturati e uccisi o gettati nelle latomìe, dove morirono di fame e di stenti. Fu la peggiore disfatta militare nell’intera storia di Atene.
A determinare la sconfitta degli Ateniesi contribuì anche l’assenza di Alcibiade, valido comandante militare, dal teatro di guerra. All’inizio della spedizione, infatti, egli fu richiamato in patria con la doppia accusa di empietà: una per una presunta parodia dei misteri eleusini, che avrebbe organizzato nella propria casa, e l’altra per il coinvolgimento nel sacrilegio delle Erme (le statue dedicate al dio Ermes, presenti in gran numero in città, trovate mutilate in concomitanza con la sua partenza per la Sicilia). In realtà, a compiere l’atto sacrilego, nel quale il popolo di Atene vide un presagio di sventura, erano stati probabilmente i suoi oppositori politici di parte oligarchica. Temendo di essere condannato, Alcibiade si rifiutò di tornare ad Atene e chiese ospitalità ai nemici spartani, probabilmente fornendo loro informazioni decisive per l’esito della guerra.

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Dalla preistoria alla crisi di Roma repubblicana