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I poemi omerici come fonte storica
L’Iliade e l’Odissea – attribuiti alla figura mitica del cantore cieco Omero – sono i due poemi epici posti a fondamento, tra l’età arcaica e quella classica, della cultura greca. Il primo narra le ultime drammatiche settimane della guerra tra
Achei e Troiani, culminata con la morte e la sepoltura dell’eroe troiano Ettore, mentre il secondo racconta il tormentato viaggio di ritorno di Ulisse (Odisseo, in greco) all’isola di Itaca dopo la conclusione del conflitto. Sebbene il focus narrativo sia assai ristretto, i due poemi ci restituiscono, attraverso dialoghi e flashback, il panorama avvincente di un’intera epoca.
Ma di quale epoca si parla? Sarebbe un errore pensare che le vicende narrate siano vere (o anche solo verosimili), e soprattutto che il contesto sociale e istituzionale che emerge dai poemi sia quello che essi dichiarano di voler descrivere: la cosiddetta “età degli eroi”, corrispondente all’età del bronzo e dunque al periodo miceneo della storia greca. Dai poemi emerge una stratificazione
cronologica molto più complessa, che ha portato gli studiosi a concludere che i due poemi siano il risultato di una lunghissima tradizione orale: sfruttando i formulari tradizionali dei canti trasmessi oralmente i poeti aggiungevano, interpolavano, integravano, fino a quando i testi vennero scritti e fissati così in una forma canonica. Questo processo di trascrizione avvenne, secondo alcuni storici, nell’VIII secolo (tra il 750 e il 700 a.C.); più che delle vicende dell’età del bronzo, quindi essi ci parlano dell’età del ferro, più vicina all’epoca della loro “cristallizzazione” in una forma scritta stabile. Ecco perché Omero rappresenta ancora oggi la principale fonte di conoscenza del medioevo ellenico.
Numerosi indizi conducono a questa ipotesi. Per esempio, se le armi sono prevalentemente in bronzo, non mancano riferimenti al ferro, quando l’eroe acheo Achille offre, tra i premi per i giochi funebri in onore dell’amico Patroclo, un disco di ferro a chi riuscirà a lanciarlo più lontano di tutti (Iliade, XXIII, 826-835); le strutture sociali descritte sono assai diverse da quelle degli Achei, presso i quali il potere dei re non era ancora limitato dai nobili; infine, si parla già dell’usanza di incinerare i defunti, mentre i Micenei praticavano la sepoltura dei cadaveri.