La società pre-arcaica: una società aristocratica
Sebbene, come si è visto, già in età pre-arcaica siano evidenti i segnali della nascita di un ceto di mercanti e di artigiani, il governo rimase nelle mani di una nobiltà chiusa e autoritaria, rafforzatasi dopo la fine delle monarchie micenee. Sembra che anche durante il medioevo ellenico siano esistite strutture istituzionali assimilabili a piccoli “regni” locali, ma il sovrano che vi stava al vertice, il cosiddetto basiléus (termine che nella gerarchia di potere presso i Micenei designava un funzionario minore), non era un monarca posto al di sopra di tutti gli altri e dotato di pieni poteri: governava infatti la comunità affiancato da un consiglio degli anziani (i gérontes) e da un’assemblea del popolo in armi (le cui deliberazioni non avevano però valore vincolante), in una struttura sociale diversa da quella di età micenea. Il basiléus era a capo della propria comunità e si distingueva per ricchezza e abilità organizzative, tra cui la capacità di garantire l’approvvigionamento di materie prime e guidare l’esercito, ma il suo potere restava fortemente limitato dall’aristocrazia
terriera.
Questa classe sociale era raccolta in fratrìe, ossia casate discendenti da un unico antenato (che spesso si identificava non in un personaggio storicamente determinabile ma in una figura mitologica, per esaltare il prestigio della casata), legate tra loro da vincoli di supporto reciproco, e divise in gruppi parentali più piccoli, i ghéne, clan composti da poche famiglie. Ogni fratrìa, probabilmente, governava un ▶ ôikos, l’unità di base abitativa
e produttiva che inquadrava la popolazione e accomunava diversi strati sociali (dai nobili agli schiavi, passando attraverso vari gradi intermedi). I capi degli ôikoi più potenti potevano aspirare a diventare basiléus.
La legittimazione dei nobili a governare derivava dalla nascita e dalla ricchezza, ma era fondata anche sull’areté, ossia la “virtù”, intesa come saggezza ma soprattutto come abilità e valore in guerra. In base a questi elementi i nobili si definivano ▶ áristoi, i “migliori”. La loro forza risiedeva nel monopolio dell’uso delle armi, fondamentale in una società che poneva al centro gli ideali eroici della forza fisica e della guerra come atto onorevole: gli stessi valori degli eroi cantati da Omero – la nostra principale fonte per la conoscenza del medioevo ellenico (▶ Sotto la lente, p. 148) –, sempre pronti al litigio e al combattimento. Essi coltivavano un vero e proprio culto del corpo maschile e del “bello” inteso come manifestazione della forza muscolare, mentre nutrivano un profondo disprezzo per ogni altro tipo di attività manuale, per il lavoro e per il denaro.
Lavoro agricolo, artigianato e commercio erano praticati dal resto della comunità, il popolo (démos): contadini, piccoli proprietari terrieri, pastori, artigiani, mercanti, marinai. All’ultimo gradino della scala sociale si trovavano gli schiavi, generalmente nemici catturati in guerra o contadini impoveriti dalle carestie e dallo sfruttamento imposto dai proprietari terrieri, presso i quali, per sopravvivere, erano spesso costretti a indebitarsi, fino a dover cedere i propri beni e persino la propria persona.