un giovanotto, deficiente, di statura normale ma in qualche modo – pareva – rattrappito
55 nei movimenti. Il padre schiacciava al figlio delle mandorle, e gliele passava
attraverso al letto, e il figlio le prendeva e lentamente portava alla bocca. E il
padre lo guardava masticare.
I ragazzi–pesce scoppiavano nei loro gridi, e ogni tanto la Madre si staccava dal
gruppo di quelli del seggio per andare a zittire uno troppo agitato, ma con scarso
60 esito. Ogni cosa che accadeva nella corsia era separata dalle altre, come se ogni
letto racchiudesse un mondo senza comunicazione col resto, salvo per i gridi che
s’incitavano uno con l’altro, in crescendo, e comunicavano un’agitazione generale,
in parte come un chiasso di passeri, in parte dolorosa, gemente. Solo l’uomo con
la testa enorme stava immobile, come non sfiorato da nessun suono.
65 Amerigo continuava a guardare il padre e il figlio. Il figlio era lungo di membra
e di faccia, peloso in viso e attonito,3 forse mezzo impedito da una paralisi. Il
padre era un campagnolo vestito anche lui a festa e in qualche modo, specie nella
lunghezza del viso e delle mani, assomigliava al figlio. Non negli occhi: il figlio
aveva l’occhio animale e disarmato,4 mentre quello del padre era socchiuso e sospettoso,
70 come nei vecchi agricoltori. Erano voltati di sbieco, sulle loro seggiole ai
due lati del letto, in modo da guardarsi fissi in viso, e non badavano a niente che
era intorno. Amerigo teneva lo sguardo su di loro, forse per riposarsi (o schivarsi)
da altre viste, o forse ancor di più, in qualche modo affascinato.
Intanto gli altri facevano votare uno in un letto. In questo modo: gli mettevano
75 intorno il paravento, col tavolino dietro, e per lui la suora, perché era paralitico,
votava. Tolsero il paravento, Amerigo lo guardò: era una faccia viola, riversa, come
un morto, a bocca spalancata, nude gengive, occhi sbarrati. Più che quella faccia,
nel guanciale affossato, non si vedeva; era duro come un legno, tranne un ansito5
che gli fischiava al fondo della gola.
80 Ma cosa hanno il coraggio di far votare? si domandò Amerigo, e solo allora si
ricordò che toccava a lui impedirlo.
Già rizzavano il paravento a un altro letto. Amerigo li seguì. Un’altra faccia
glabra,
6 tumida,7 irrigidita a bocca aperta e storta, coi bulbi degli occhi fuori delle
palpebre senza ciglia. Questo però era inquieto, smanioso. – Ma c’è un errore! –
85 disse Amerigo, – come può votare, questo qui?
– Eppure, c’è il suo nome, Morin Giuseppe, – fece il presidente. E al prete: – È
proprio lui?
– Eh, qui c’è il certificato, – disse il prete: – impedimento motorio agli arti.
Madre, è lei, vero, che l’aiuta?
90 – Ma sì, ma sì, povero Giuseppe! – fece la Madre.
Quello sobbalzava come colto da scosse elettriche, gemendo.
Amerigo, ora toccava a lui. Si strappò con sforzo dai suoi pensieri, da quella
lontana zona di confine appena intravista – confine tra che cosa e che cosa? – e
tutto quello che era al di qua e al di là sembrava nebbia.
95 – Un momento, – disse, con una voce senz’espressione, sapendo di ripetere
una formula, di parlare nel vuoto, – è in grado l’elettore di riconoscere la persona
che vota per lui? È in grado di esprimere la sua volontà? Ehi, dico a lei, signor Morin:
è in grado?