Al cuore della letteratura - volume 6

Il primo Novecento – L'opera: La coscienza di Zeno

 T4 

La Prefazione e il Preambolo

Capp. 1-2


Presentiamo le pagine iniziali del romanzo costituite da una Prefazione e da un Preambolo: nella prima a parlare è il dottor S., il medico-psicanalista che ha convinto Zeno a scrivere su un quaderno i suoi ricordi, mentre nel secondo prende la parola lo stesso Zeno, il quale, su incarico del dottore, si accinge a ripercorrere la propria vita.

1. Prefazione
Io sono il dottore di cui in questa novella1 si parla talvolta con parole poco lusinghiere.
Chi di psico-analisi s’intende, sa dove piazzare l’antipatia che il paziente mi
dedica.2
5 Di psico-analisi non parlerò perché qui entro3 se ne parla già a sufficienza.
Debbo scusarmi di aver indotto il mio paziente a scrivere la sua autobiografia; gli
studiosi di psico-analisi arricceranno il naso a tanta novità. Ma egli era vecchio ed
io sperai che in tale rievocazione il suo passato si rinverdisse, che l’autobiografia
fosse un buon preludio alla psico-analisi. Oggi ancora la mia idea mi pare buona
10 perché mi ha dato dei risultati insperati, che sarebbero stati maggiori se il malato
sul più bello non si fosse sottratto alla cura truffandomi del frutto4 della mia lunga
paziente analisi di queste memorie.
Le pubblico per vendetta e spero gli dispiaccia. Sappia però ch’io sono pronto
di dividere con lui i lauti onorarii5 che ricaverò da questa pubblicazione a patto
15 egli riprenda la cura. Sembrava tanto curioso di se stesso! Se sapesse quante sorprese
potrebbero risultargli dal commento6 delle tante verità e bugie ch’egli ha qui
accumulate!…
Dottor S.

2. Preambolo
20 Vedere la mia infanzia? Più di dieci lustri7 me ne separano e i miei occhi presbiti
forse potrebbero arrivarci se la luce che ancora ne riverbera non fosse tagliata da
ostacoli d’ogni genere, vere alte montagne: i miei anni e qualche mia ora.
Il dottore mi raccomandò di non ostinarmi a guardare tanto lontano. Anche le
cose recenti sono preziose per essi8 e sopra tutto le immaginazioni e i sogni della
25 notte prima. Ma un po’ d’ordine pur dovrebb’esserci e per poter cominciare ab
ovo
,9 appena abbandonato il dottore che di questi giorni e per lungo tempo lascia
Trieste, solo per facilitargli il compito, comperai e lessi un trattato di psico-analisi.
Non è difficile d’intenderlo, ma molto noioso.10

 >> pag. 151 

Dopo pranzato, sdraiato comodamente su una poltrona Club,11 ho la matita e
30 un pezzo di carta in mano. La mia fronte è spianata perché dalla mia mente eliminai
ogni sforzo. Il mio pensiero mi appare isolato da me. Io lo vedo. S’alza, s’abbassa…
ma è la sua sola attività. Per ricordargli ch’esso è il pensiero e che sarebbe suo compito
di manifestarsi, afferro la matita. Ecco che la mia fronte si corruga perché ogni parola
è composta di tante lettere e il presente imperioso risorge ed offusca il passato.
35 Ieri avevo tentato il massimo abbandono. L’esperimento finì nel sonno più
profondo e non ne ebbi altro risultato che un grande ristoro e la curiosa sensazione
di aver visto durante quel sonno qualche cosa d’importante. Ma era dimenticata,
perduta per sempre.
Mercé la matita12 che ho in mano, resto desto, oggi. Vedo, intravvedo delle
40 immagini bizzarre che non possono avere nessuna relazione col mio passato: una
locomotiva13 che sbuffa su una salita trascinando delle innumerevoli vetture; chissà
donde venga e dove vada e perché sia ora capitata qui!
Nel dormiveglia ricordo che il mio testo14 asserisce che con questo sistema si
può arrivar a ricordare la prima infanzia, quella in fasce. Subito vedo15 un bambino
45 in fasce, ma perché dovrei essere io quello? Non mi somiglia affatto e credo sia
invece quello nato poche settimane or sono a mia cognata e che ci fu fatto vedere
quale un miracolo perché ha le mani tanto piccole e gli occhi tanto grandi. Povero
bambino! Altro che ricordare la mia infanzia! Io non trovo neppure la via di avvisare
te, che vivi ora la tua, dell’importanza di ricordarla a vantaggio della tua intelligenza
50 e della tua salute. Quando arriverai a sapere che sarebbe bene tu sapessi
mandare a mente la tua vita, anche quella tanta parte di essa che ti ripugnerà? E intanto,
inconscio,16 vai investigando il tuo piccolo organismo alla ricerca del piacere
e le tue scoperte deliziose ti avvieranno al dolore e alla malattia cui sarai spinto
anche da coloro che non lo vorrebbero.17 Come fare? È impossibile tutelare la tua
55 culla. Nel tuo seno – fantolino!18 – si va facendo una combinazione misteriosa.19
Ogni minuto che passa vi getta un reagente. Troppe probabilità di malattia vi sono
per te, perché non tutti i tuoi minuti possono essere puri. Eppoi – fantolino! – sei
consanguineo di persone ch’io conosco. I minuti che passano ora possono anche
essere puri, ma, certo, tali non furono tutti i secoli che ti prepararono.20
60 Eccomi ben lontano dalle immagini che precorrono il sonno.21 Ritenterò
domani.

 >> pag. 152 

      Dentro il testo

I contenuti tematici

Nella Prefazione il dottor S. si presenta ai lettori definendo il manoscritto di Zeno una novella (r. 2). Con questo termine intende, all’inglese, “romanzo”, ma forse in esso c’è una punta di polemica del medico nei confronti del paziente e della tendenza di quest’ultimo a non dire la verità, a fingere, a nascondersi: come a dire che il manoscritto non è una cosa seria, bensì «una novella, una novelletta, un racconto privo di serietà e di spessore» (Di Salvo). Di per sé, la presenza di questo narratore di primo grado che interviene nell’incipit del romanzo destituisce il vero protagonista, Zeno, di qualsiasi credibilità e della sua stessa centralità all’interno dell’opera, ponendosi al tempo stesso quasi come un suo antagonista che agisce in modo vendicativo, mostrando irascibilità e supponenza. Ora, dopo la sua nota introduttiva, tutto ciò che il paziente racconterà nel corso del romanzo perderà, agli occhi del lettore, ogni carattere di oggettività, acquistando al contrario un costante valore di finzione e ambiguità.

La cura psicanalitica si basa sul colloquio medico-paziente: soltanto attraverso questo metodo il paziente è portato a razionalizzare i propri traumi, giungendo così a comprenderne l’origine remota. Invece il dottor S. ha spinto Zeno a una sorta di autoanalisi, abbandonandolo a sé stesso e alla stesura del manoscritto. Ciò va contro qualsiasi metodo di cura. E a poco serve che il dottore si giustifichi sostenendo che la scrittura delle memorie da parte di Zeno era soltanto il preludio (r. 9) alla terapia vera e propria: la sua scelta appare comunque decisamente eterodossa e ben poco professionale. D’altra parte, anche il fatto che egli abbia deciso di pubblicare il testo di Zeno per vendetta (r. 13) stride fortemente con la deontologia del medico, che prescrive, prima di tutto, la riservatezza dei dati relativi al paziente.

Da parte sua, Zeno manifesta subito una certa diffidenza nei confronti della terapia che si accinge a intraprendere e in generale verso le presunte sicurezze della scienza (l’interrogativa iniziale Vedere la mia infanzia?, r. 20, suona come uno sberleffo denso di amarezza). Alla richiesta del dottor S. di ricostruire la sua vita a partire dai primi ricordi, egli sottolinea la propria perplessità in merito alla possibilità di riuscirci: sono passati tanti anni e la sua memoria non è così pronta. I suoi occhi sono presbiti (r. 20), quindi dovrebbero vedere meglio le cose lontane che quelle vicine, ma tra il passato e il presente si frappongono come vere alte montagne (r. 22) le esperienze pregresse, fatti ed emozioni della durata di anni o anche solo di qualche ora. In quest’ultima notazione troviamo, implicitamente, un concetto importante su cui si basa la narrativa novecentesca, cioè l’idea per la quale a contare non è tanto l’estensione cronologica oggettivamente misurabile delle esperienze vissute, bensì il rilievo soggettivo che esse hanno assunto nella psiche individuale: per questa ragione eventi che hanno avuto la durata di anni possono essere meno significativi di altri accaduti in poche ore.

Zeno cerca di ricordare la propria infanzia, ma con scarso successo: all’immagine di sé stesso bambino si sovrappone quella di un nipotino nato da poco. Da qui si sviluppano alcuni pensieri sull’infanzia, la cui immagine tradizionale e idealizzante è stata demitizzata dalla teoria freudiana. Quest’ultima ha infatti svelato i meccanismi legati alla vita sessuale inconscia dei più piccoli: tali concetti sono ripresi in questa pagina sveviana.
Va detto che il protagonista non si sofferma molto sugli eventi dell’infanzia, e ciò mostra, da parte di Svevo, un’adesione parziale ai princìpi della psicanalisi; anzi, il suo atteggiamento sembra piuttosto polemico. L’idea che l’uomo adulto “derivi” totalmente dalle esperienze infantili è investita dalla tipica ironia del narratore, come possiamo evincere dall’apostrofe di Zeno al proprio nipotino: Povero bambino! Altro che ricordare la mia infanzia! Io non trovo neppure la via di avvisare te, che vivi ora la tua, dell’importanza di ricordarla a vantaggio della tua intelligenza e della tua salute (rr. 47-50).

 >> pag. 153 

Le scelte stilistiche

Nel presentare il manoscritto di Zeno come un insieme di tante verità e bugie (r. 16), il narratore di primo grado, cioè il dottor S., mette in discussione la verità di tutto ciò che da qui in poi il lettore troverà scritto nel romanzo: in tal modo la voce di Zeno viene presentata come quella di un “narratore inattendibile”. Si tratta di un modo di tradurre sul piano delle strutture narrative la sfiducia nella possibilità di una rappresentazione obiettiva del reale tipica delle poetiche postnaturaliste.

Il Preambolo è scandito su due distinti piani temporali: quello del presente, in cui si colloca l’atto della scrittura, e quello del passato, ai cui accadimenti le memorie faranno riferimento. Il tempo della scrittura e il tempo del ricordo continueranno a intrecciarsi e a contrapporsi in tutto il romanzo.

Sul piano linguistico si può notare un esempio della scarsa dimestichezza di Svevo con l’uso delle preposizioni. Nella frase io sono pronto di dividere con lui i lauti onorarii (rr. 13-14), la preposizione corretta dopo l’aggettivo pronto sarebbe “a”, non “di”. La scelta dell’autore si spiega probabilmente con la maggiore familiarità con il tedesco rispetto all’italiano: in tedesco difatti “pronto a” si dice bereit zu, e zu è appunto il nostro “di”. «Nelle particelle che legano un infinito alla forma nominale o verbale che lo regge, lo scrittore rimane, più che sordo, indifferente: “ero riuscito di fare accettare” o “ero pronto di fare una cosa” sono costruzioni normali nella Coscienza di Zeno» (Devoto). È questo uno dei segnali dell’incerto italiano dell’autore triestino, che non padroneggia completamente tutte le regole della nostra lingua scritta.
Altri termini di ascendenza letteraria, come lustri (r. 20) o fantolino (rr. 55 e 57), tradiscono invece l’origine libresca del suo italiano, a meno di non volervi vedere – come appare possibile almeno in questi due esempi – una certa coloritura ironica.

      Verso le competenze

COMPRENDERE

1 In che senso l’autobiografia di Zeno doveva essere il preludio (r. 9) alla sua terapia?


2 Perché il dottor S. afferma di essere disposto a dividere i guadagni con Zeno per aver diffuso il testo senza il suo permesso?


3 Qual è l’operazione che nel Preambolo Zeno racconta di aver cercato di fare per ottemperare alle richieste del dottor S.? Tale operazione gli risulta facile oppure difficile? Perché?

ANALIZZARE

4 Individua i registri linguistici utilizzati e rintraccia qualche parola o espressione di ciascun registro.

INTERPRETARE

5 Leggendo la Prefazione, quale ti sembra l’atteggiamento del dottor S. verso il suo ormai ex paziente?


6 Che cosa significa, alle rr. 54-55, l’espressione È impossibile tutelare la tua culla?


7 In quali passi del brano si può cogliere l’ironia del narratore? Rintracciali nel testo e spiega a quali situazioni si riferiscono.


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