IL GENERE HOMO
La sistematica del genere Homo è ancora molto dibattuta e le continue scoperte fanno sì che i confini e i rapporti tra le diverse specie siano tutt’altro che definitivi (bisogna ricordare che gli scienziati lavorano su ossa, spesso ridotte in frammenti). Cerchiamo, qui di seguito, di riportare le conoscenze più accreditate (7).
Il genere Homo fece la sua comparsa in Africa intorno a 2,5 milioni di anni fa, epoca alla quale risalgono fossili attribuiti a due specie: Homo habilis e Homo rudolfensis (comparso qualche centinaia di migliaia di anni più tardi ed estintosi presto). Homo habilis, nonostante il nome – attribuitogli perché accanto ai ritrovamenti ossei furono rinvenuti utensili elementari –, non era molto diverso per intelligenza e organizzazione sociale dagli australopitechi e dagli scimpanzé attuali.
Intorno a 1,9 milioni di anni fa comparve anche Homo ergaster, una specie che, a differenza degli altri ominidi allora esistenti (australopitechi, parantropitechi, keniantropitechi e altre specie di Homo), aveva un femore allungato, ottimo per spostarsi a lunghi passi nelle praterie, ossa leggere, una scatola cranica più capiente (da 600 cm3 di Homo
habilis a 800 cm3), conosceva tecniche di lavorazione della pietra e usava utensili. Inoltre viveva in gruppi complessi e aveva un’alimentazione mista, che comprendeva anche la carne (forse conosceva e usava anche il fuoco). Grazie a queste caratteristiche
Homo ergaster riuscì a adattarsi a un clima sempre più arido e freddo. Essendo un abile
camminatore, si spostava in piccoli gruppi e colonizzò vaste aree dell’Africa, ma non solo, perché lo ritroviamo (intorno ai 2 milioni di anni fa) in Georgia, in Medio Oriente, lungo le coste dell’Asia fino in Cina e sull’isola di Giava, dove dà origine a Homo erectus (che aveva una scatola cranica leggermente più grande di Homo ergaster).