PROVE A SOSTEGNO DELLA TEORIA DEL BIG BANG
La teoria del Big Bang fu elaborata nel 1929 a seguito di una scoperta dell’astronomo americano Edwin Hubble. Egli osservò che lo spettro di luce delle galassie oggetto dei suoi studi tendeva a spostarsi verso il colore rosso, cioè verso una lunghezza d’onda sempre maggiore, tanto più quanto più le galassie erano distanti. Questo fenomeno, chiamato redshift, cioè “spostamento verso il rosso”, si basa sull’effetto Doppler, un comportamento tipico delle onde luminose e sonore: in pratica, la lunghezza d’onda di un corpo luminoso che si avvicina a noi si comprime e la sua frequenza si sposta verso il blu (9a); al contrario, la lunghezza d’onda di un corpo luminoso che si allontana da noi si dilata e la sua frequenza si sposta verso il rosso (9b).
Hubble concluse che le galassie si stanno allontanando da noi a velocità sempre più
elevate a mano a mano che aumenta la distanza. Proiettando questo movimento all’indietro
nel tempo, ipotizzò che le galassie dovessero essere partite da un punto comune.
Un’altra prova a sostegno della teoria arrivò nel 1965, quando i due scienziati americani Robert Wilson e Arno Penzias, che lavoravano per una compagnia di telecomunicazioni, scoprirono l’origine di un rumore che disturbava le trasmissioni dei satelliti. Essi si accorsero che, in qualunque direzione puntasse l’antenna, il rumore rimaneva costante, in quanto proveniva da ogni punto dello Spazio. Questo rumore, definito radiazione cosmica di fondo (10), fu interpretato come l’eco dell’esplosione del Big Bang. L’esistenza di tale radiazione, considerata una delle principali prove della correttezza della teoria, è stata confermata anche da una spedizione spaziale del 1989.