2 - Le opere

L’età della Controriforma e del Manierismo – L'autore: Torquato Tasso

2 Le opere

La Gerusalemme liberata

A un poema epico sulla liberazione del Santo Sepolcro Tasso lavora da quando è ancora quindicenne fin quasi alla morte: il suo capolavoro è analizzato nella seconda parte dell’Unità ( ► p. 460), a cui si rimanda anche per seguire il tormentato percorso che porta l’autore dall’incompiuto Gierusalemme (1559-1560) fino alla Gerusalemme conquistata (1593).

La poesia lirica

La vocazione lirica di Tasso, che contraddistingue anche la sua produzione epica, si esprime con compiutezza in un corpus estremamente vasto e vario, sia nei temi sia nei metri utilizzati, dai sonetti alle canzoni ai madrigali.

Rime

La produzione lirica di Tasso risale soprattutto alla giovinezza, anche se non mancano componimenti poetici scritti negli ultimi anni di vita. È inoltre costante il lavoro di revisione e di limatura dei versi, che l’autore pubblica in tre raccolte successive (nel 1567, nel 1591 e nel 1593) senza mai dare loro la forma di un vero e proprio canzoniere, ma assemblandole per lo più in base a un criterio tematico.

Pur aderendo al modello petrarchesco, le circa duemila liriche che costituiscono il suo repertorio poetico sono composte secondo moduli assai originali. In alcuni casi prevale la materia autobiografica e morale, in altri emergono motivi encomiastici e occasionali, in altri ancora – soprattutto nei brevi madrigali – si affina la sua tipica tendenza all’abbandono sensuale.
Specie nelle poesie dedicate a Lucrezia Bendidio e a Laura Peperara, ammiriamo il Tasso che è piaciuto di più ai poeti barocchi: toni patetici accentuati; metafore sorprendenti; vagheggiamento, lascivo o sereno, della bellezza femminile; una raffinata melodia ottenuta dal sapiente variare di ritmi e sonorità verbali. La parte più viva del Tasso lirico è proprio nella componente musicale e soprattutto in quel caratteristico procedere per interrogazioni inquiete o esclamazioni sbigottite, nelle quali il poeta esprime la sua angosciata meraviglia che il mondo sia così diverso da quello splendido che egli si ostinerà a sognare fin quasi alla vigilia della morte.

Opere teatrali

La produzione teatrale risulta quanto mai congeniale a Tasso per rappresentare l’intreccio tra amore e morte, tema che egli svolge sia dietro l’apparente serenità della favola pastorale sia nei più drammatici conflitti della tragedia.

Aminta

Nel corso del Cinquecento si sviluppa alla corte ferrarese un nuovo genere letterario: la “favola pastorale” o “boschereccia”. Si tratta di opere che, composte da dialoghi in versi e accompagnate da musica, vengono rappresentate durante le feste. Le tematiche sono quelle arcadiche, legate alla descrizione della serena vita dei pastori, che trascorre tra i piaceri della natura e quelli del canto.

 >> pag. 438 

L’Aminta (1573) è una favola pastorale divisa in 5 atti, ciascuno seguito da un coro, ed è composta in un’alternanza di endecasillabi (specie nelle parti discorsive) e settenari (prevalenti nelle parti liriche). Tasso vi riprende i motivi sentimentali e idillici della tradizione bucolica classica (Virgilio) e umanistica (Poliziano e soprattutto il Sannazaro dell’Arcadia) con un linguaggio maturato attraverso lo studio della poesia latina e volgare.

In un’atmosfera di sogno si svolge la delicata storia dei due protagonisti, il giovane pastore Aminta e la bella ninfa Silvia. Aminta ama Silvia, che però è restia e sdegnosa. Un altro pastore, Tirsi, aiutato dall’esperta Dafne, tenta invano di vincere le ritrosie di Silvia. La vicenda si scioglierà grazie a un equivoco tragico: Aminta tenta di suicidarsi gettandosi da una rupe e Silvia, che lo crede morto, è sconvolta dal rimpianto, dal pentimento e dalTra felicità e malinconia dolore. Aminta però si salva e può finalmente unirsi con la donna amata, celebrando in tal modo il trionfo d’amore, tema caro alla letteratura rinascimentale.
Le rappresentazioni dell’opera a corte riscuotono subito un grande successo, a cui non è estranea, oltre che la sapiente fattura formale del testo, la componente autobiografica: sotto il nome e le fattezze dei principali personaggi si nascondono infatti le figure della corte ferrarese, compreso il poeta stesso, che si cela dietro la saggia maschera di Tirsi.

Le caratteristiche principali dell’opera sono la raffinatezza e il gusto dell’evasione in un passato favoloso e lontano, che Tasso sa valorizzare grazie a un’originale fusione di piacevole liricità e languido patetismo. Il tema centrale, come voleva la tradizione pastorale, è quello amoroso, qui evocato come un sentimento legato alla giovinezza, all’innocenza e alla libertà. Tuttavia, mentre esprime l’aspirazione a un mondo di incontaminata dolcezza, il poeta sente il timore di non poterla realizzare: come evidenzia il commosso coro del primo atto, l’amore non diventa mai una libera tensione alla felicità, ma si ricollega sempre a una percezione di incompiutezza, di irrequieta caducità e di morte incombente. Anche il testo in apparenza più leggero e disincantato di Tasso si rivela, sotto la sorridente superficie dello scherzo letterario, il canto nostalgico di una serenità irraggiungibile.

Re Torrismondo

Riprendendo un suo testo del 1573, Galealto re di Norvegia, Tasso porta a termine nel 1587 questa tragedia in 5 atti, che mette in scena uno dei temi a lui più cari: il conflitto tra gli istinti e la norma sociale. Torrismondo, violando la legge dell’amicizia, ha posseduto Alvida, la donna destinata al suo amico Germondo. Quando poi si scopre che quella donna è sua sorella, l’orrore dell’incesto porta i due amanti al suicidio. Il soggetto è esotico e ambientato in un tempestoso paesaggio nordico, ma si rifà anche alla vicenda dell’Edipo re del tragediografo greco Sofocle (497 ca - 406 a.C.). Tipico dell’arte tassiana è però il dramma dell’uomo dinanzi alle passioni irrazionali e a una sorte maligna che lo condanna alla sofferenza e alla morte.

Gli scritti in prosa

Tasso è anche autore di una cospicua produzione in prosa, caratterizzata da una grande varietà di temi. Possiamo distinguere in essa le opere teoriche, le composizioni dialogiche e il ricco epistolario.

Discorsi dell’arte poetica e Discorsi del poema eroico

In queste due opere teoriche – scritte rispettivamente nel periodo giovanile, nel 1567-1570, e in quello della maturità, nel 1594 – Tasso approfondisce la riflessione sulla poesia epica, precisando le motivazioni che lo inducono a dare preminenza a questo genere letterario: oltre a permettere un livello stilistico più alto (il sublime si attaglia alla tragedia, come il mediocre alla poesia lirica e l’umile a quella comica), esso tende, grazie alla tragicità del contenuto, a una finalità etica, raggiungibile anche mediante la sostituzione del mito classico con le allegorie cristiane.

 >> pag. 439 

Rifiutando una letteratura dal carattere puramente edonistico, vale a dire finalizzata solo al diletto, Tasso sostiene la necessità che la poesia eserciti un benefico «giovamento» morale e spirituale. Per questo, egli difende la scelta di affidarsi all’autorità della Storia, privilegiando la materia cristiana e, nello specifico, le vicende della prima crociata. Il tema della narrazione infatti non deve essere né troppo lontano né troppo vicino nel tempo: se fosse lontano, il lettore moderno non ne trarrebbe interesse; se fosse vicino, egli non sarebbe portato a credere alla presenza del meraviglioso. Tale «meraviglioso» non deve fondarsi sulla mitologia pagana né sulla tradizione cavalleresca, ma piuttosto attingere al patrimonio delle narrazioni cristiane, ricchissimo di miracoli e prodigi, di interventi divini e trame demoniache.
Infine l’argomento deve essere illustre e le azioni molteplici, ma è necessario che la «varietà» sia temperata da una grande compattezza e da una rigida costruzione narrativa, che impediscano al poema di risolversi in una libera successione di eventi, come accade invece nell’Orlando furioso di Ludovico Ariosto.

Dialoghi

Si tratta di 27 prose, composte in gran parte durante la detenzione del poeta nell’Ospedale di Sant’Anna a Ferrara. In forma di conversazioni tra diversi personaggi, affrontano alcune questioni estetiche e di filosofia morale, dalla virtù all’amore, dall’amicizia alla cortesia. Celebri, fra le altre, sono Il Messaggiero, scritto nel 1580 ma rimaneggiato più volte in anni successivi, in cui Tasso discute con uno spiritello sull’essenza delle creature che fanno da tramite fra la divinità e l’uomo, e Il padre di famiglia, anch’esso del 1580, esaltazione dell’ambiente domestico, raccolto e lontano dai clamori della vita cortigiana e politica.

Epistolario

Sono oltre 1500 le lettere di Tasso che oggi possiamo leggere, pubblicate in parte tra il 1587 e il 1588, mentre l’autore è ancora in vita. Esse rappresentano per noi una miniera di confessioni e racconti, utilissima a comporre quel ricco e contraddittorio mosaico che è la vita interiore del poeta. Questo straordinario epistolario, tuttavia, non è espressione soltanto di sentimenti e umori del tutto istintivi e autentici, ma costituisce pur sempre un documento letterario elaborato e raffinato, in cui le riflessioni personali si intrecciano ad annotazioni poetiche e religiose, volte a trasmettere al lettore l’immagine più rassicurante e socialmente accettabile del letterato di successo.

Opere di argomento religioso

Negli ultimi anni di vita, oltre a lavorare alla Gerusalemme conquistata, Tasso compone una serie di opere di carattere devozionale.

Monte Oliveto

È un poema incompiuto in ottave, scritto nel 1588, in cui il poeta celebra la vita solitaria come valido antidoto alle angustie del mondo. Il titolo è un omaggio ai frati del monastero napoletano che lo ospitano quello stesso anno.

 >> pag. 440 
Le lagrime di Maria Vergine e Le lagrime di Gesù Cristo

Sono due poemetti in ottave del 1593, che si ricollegano a un genere letterario detto “pianto”, fiorito in epoca controriformistica e consistente in una vera e propria preghiera che passa in rassegna i patimenti dei personaggi della storia sacra.

Le sette giornate del mondo creato

Si tratta di un poema sacro in endecasillabi sciolti, scritto tra il 1592 e il 1594 e pubblicato postumo, in cui Tasso celebra e descrive la creazione divina del mondo. Secondo alcuni critici quest’opera andrebbe considerata una sorta di contrappunto polemico al poema latino De rerum natura (La natura delle cose): a Lucrezio, che nel I secolo a.C. illustrava la nascita del cosmo sulla base della visione del mondo materialista del filosofo greco Epicuro, Tasso oppone un sistema filosofico e poetico di matrice cristiana.

La vita
Le opere
• Nasce a Sorrento 1544  
• Si trasferisce con il padre a Napoli, Roma, Bergamo, Urbino e Venezia 1552-1560  
• Muore la madre 1556

1559-1560 Gierusalemme
• Studia legge a Padova e frequenta brevemente l’Università di Bologna 1560-1565

1562 Rinaldo
• Si trasferisce a Ferrara al seguito del cardinale Luigi d’Este 1565

1567 Rime (prima raccolta)
1567-1570 Discorsi dell’arte poetica
• Entra al servizio del duca Alfonso II 1572

1573 Aminta
1575 Goffredo
• È rinchiuso in un monastero ferrarese per problemi psichici 1577  
• Torna alla corte di Ferrara
• È rinchiuso nell’Ospedale di Sant’Anna
1579 Dialoghi (composti fino al 1595)
  1581 Gerusalemme liberata
• Dimesso dal manicomio, è presso il principe di Mantova Vincenzo Gonzaga 1586

1587 Re Torrismondo
• È a Bologna, Roma, Napoli 1587-1591

1588 Monte Oliveto
1591 Rime (seconda raccolta)
1592-1594 Le sette giornate del mondo creato
1593 Gerusalemme conquistata
Rime (terza e ultima raccolta)
Le lagrime di Maria Vergine e Le lagrime di Gesù Cristo
1594 Discorsi del poema eroico
• Muore a Roma, nel convento di Sant’Onofrio 1595  

Al cuore della letteratura - volume 2
Al cuore della letteratura - volume 2
Il Quattrocento e il Cinquecento