Al cuore della letteratura - volume 2

Umanesimo e Rinascimento – L'opera: Il Principe

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I principati nuovi che si acquistano con le armi altrui e con la fortuna

Il Principe, VII


Dagli esempi degli antichi eroi si giunge qui a un modello di principe contemporaneo. In questo capitolo, Machiavelli si sofferma a delineare le caratteristiche di un principe condotto al potere dalla fortuna e dalle milizie altrui: la figura dell’eroe virtuoso capace di plasmare, grazie all’azione, la materia offertagli dalla fortuna è Cesare Borgia, detto il Valentino.

DE PRINCIPATIBUS NOVIS QUI ALIENIS ARMIS ET FORTUNA ACQUIRUNTUR
Coloro e’ quali solamente per fortuna diventano di privati1 principi, con poca fatica
diventono, ma con assai si mantengono;2 e non hanno alcuna difficultà fra via,
perché vi volano:3 ma tutte le difficultà nascono quando e’ sono posti.4 E questi
5 tali sono quando è concesso ad alcuno uno stato o per danari o per grazia di chi
lo concede: come intervenne a molti in Grecia nelle città di Ionia e di Ellesponto,
dove furno fatti principi da Dario,5 acciò le tenessino per sua sicurtà e gloria;6 come
erano fatti ancora quelli imperadori che di privati, per corruzione de’ soldati, pervenivano
allo imperio.7
10 Questi stanno semplicemente in su8 la volontà e fortuna di chi lo ha concesso
loro, che sono dua cose volubilissime e instabili, e non sanno e non possono tenere
quello grado:9 non sanno, perché s’e’ non è uomo di grande ingegno e virtù, non
è ragionevole che, sendo10 vissuto sempre in privata fortuna,11 sappia comandare;
non possono, perché non hanno forze che gli possino essere amiche e fedeli. Di
15 poi12 gli stati che vengono subito, come tutte l’altre cose della natura che nascono
e crescono presto, non possono avere le barbe e correspondenzie loro13 in modo
che il primo tempo avverso non le spenga,14 – se già quelli tali, come è detto, che
sì de repente sono diventati principi non sono di tanta virtù che quello che la fortuna
ha messo loro in grembo e’ sappino subito prepararsi a conservarlo, e quelli
20 fondamenti, che gli altri hanno fatti avanti che diventino principi, gli faccino poi.15
Io voglio all’uno e l’altro di questi modi detti, circa il diventare principe per
virtù o per fortuna, addurre dua esempli stati ne’ dì della memoria nostra:16 e

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questi sono Francesco Sforza17 e Cesare Borgia.18 Francesco, per li debiti mezzi19
e con una grande sua virtù, di privato diventò duca di Milano; e quello che con
25 mille affanni aveva acquistato, con poca fatica mantenne. Da l’altra parte, Cesare
Borgia, chiamato dal vulgo duca Valentino, acquistò lo stato con la fortuna del
padre e con quella lo perdé, non ostante che per lui20 si usassi ogni opera e facessinsi
tutte quelle cose che per uno prudente e virtuoso uomo si doveva fare
per mettere le barbe sua21 in quelli stati che l’arme e fortuna di altri gli aveva
30 concessi. Perché, come di sopra si disse, chi non fa e’ fondamenti22 prima, gli
potrebbe con una grande virtù farli poi, ancora che23 si faccino con disagio dello
architettore e periculo dello edifizio. Se adunque si considerrà tutti e’ progressi24
del duca, si vedrà lui aversi fatti grandi fondamenti alla futura potenza; e’ quali
non iudico superfluo discorrere25 perché io non saprei quali precetti mi dare26
35 migliori, a uno principe nuovo, che lo esemplo delle azioni sue: e se gli ordini
sua non gli profittorno,27 non fu sua colpa, perché nacque da28 una estraordinaria
ed estrema malignità di fortuna.
Aveva Alessandro VI,29 nel volere fare grande il duca suo figliuolo, assai difficultà
presenti e future. Prima, e’ non vedeva via di poterlo fare signore di alcuno
40 stato che non fussi stato di Chiesa:30 e, volgendosi a tòrre quello della Chiesa, sapeva
che il duca di Milano e ’ viniziani non gliene consentirebbono,31 perché Faenza
e Rimino erano di già sotto la protezione de’ viniziani. Vedeva oltre a questo l’arme
di Italia,32 e quelle in spezie di chi si fussi potuto servire, essere nelle mani di coloro
che dovevano temere la grandezza del papa, – e però33 non se ne poteva fidare,
45 – sendo tutte nelli Orsini e Colonnesi e loro complici.34 Era adunque necessario si
turbassino quelli ordini35 e disordinare36 gli stati di Italia, per potersi insignorire
sicuramente di parte di quelli.37 Il che gli fu facile, perché e’ trovò e’ viniziani che,
mossi da altre cagioni, si erano volti a fare ripassare e’ franzesi in Italia:38 il che non
solamente non contradisse,39 ma lo fe’ più facile con la resoluzione del matrimonio
50 antico del re Luigi.40
Passò adunque il re in Italia con lo aiuto de’ viniziani e consenso di Alessandro:
né prima fu in Milano che il papa ebbe da lui gente41 per la impresa di 

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Romagna,42 la quale gli fu acconsentita per la reputazione43 del re. Acquistata adunque il
duca la Romagna e sbattuti44 e’ Colonnesi, volendo mantenere quella e procedere
55 più avanti, lo impedivano45 dua cose: l’una, le arme sua che non gli parevano fedeli;
l’altra, la volontà di Francia; cioè che l’arme Orsine, delle quali si era valuto, gli
mancassino sotto, e non solamente gl’impedissino lo acquistare ma gli togliessino
lo acquistato, e che il re ancora non li facessi il simile.46 Delli Orsini ne ebbe uno
riscontro quando, dopo la espugnazione di Faenza, assaltò Bologna, che gli vidde
60 andare freddi in quello assalto;47 e circa il re conobbe lo animo suo quando, preso
el ducato d’Urbino assaltò la Toscana: da la quale impresa il re lo fece desistere.
Onde che48 il duca deliberò di non dependere più da le arme e fortuna d’altri;
e, la prima cosa, indebolì le parte Orsine e Colonnese in Roma: perché tutti gli
aderenti loro, che fussino gentili49 uomini, se gli guadagnò,50 faccendoli suoi gentili
65 uomini e dando loro grandi provisioni,51 e onorògli, secondo le loro qualità,
di condotte e di governi:52 in modo che in pochi mesi negli animi loro l’affezione
delle parti si spense e tutta si volse nel duca. Dopo questo, aspettò la occasione di
spegnere e’ capi Orsini, avendo dispersi quelli di casa Colonna: la quale gli venne
bene, e lui la usò meglio.53 Perché, avvedutosi54 gli Orsini tardi che la grandezza del
70 duca e della Chiesa era la loro ruina feciono una dieta alla Magione nel Perugino;55
da quella nacque la ribellione di Urbino, e’ tumulti di Romagna e infiniti periculi
del duca, e’ quali tutti superò con l’aiuto de’ franzesi. E ritornatoli la reputazione,
né si fidando di Francia né di altre forze esterne, per non le avere a cimentare56 si
volse alli inganni; e seppe tanto dissimulare l’animo suo che li Orsini medesimi,
75 mediante il signore Paulo,57 si riconciliorno seco,58 – con il quale il duca non mancò
d’ogni ragione di offizio per assicurarlo,59 dandoli danari veste e cavalli, – tanto
che la simplicità60 loro gli condusse a Sinigaglia nelle sua mani.61
Spenti adunque questi capi e ridotti e’ partigiani loro sua amici, aveva il duca
gittati assai buoni fondamenti alla potenza sua, avendo tutta la Romagna col ducato
80 di Urbino, parendoli massime aversi acquistata amica la Romagna e guadagnatosi
quelli populi per avere cominciato a gustare il bene essere loro.62 E perché
questa parte è degna di notizia e da essere da altri imitata, non la voglio lasciare

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indreto.63 Presa che ebbe il duca la Romagna e trovandola suta comandata64 da signori
impotenti, – e’ quali più presto avevano spogliati e’ loro sudditi che corretti,
85 e dato loro materia di disunione, non d’unione,65 – tanto che quella provincia era
tutta piena di latrocini, di brighe e d’ogni altra ragione di insolenzia,66 iudicò fussi
necessario, a volerla ridurre pacifica e ubbidiente al braccio regio,67 dargli buono
governo: e però vi prepose messer Rimirro de Orco,68 uomo crudele ed espedito,69
al quale dette plenissima potestà.70 Costui in poco tempo la ridusse pacifica e
90 unita, con grandissima reputazione. Di poi iudicò il duca non essere necessaria sì
eccessiva autorità perché dubitava non71 divenissi odiosa, e preposevi uno iudizio
civile72 nel mezzo della provincia, con uno presidente eccellentissimo,73 dove ogni
città vi aveva lo avvocato suo. E perché conosceva le rigorosità passate avergli generato
qualche odio,74 per purgare li animi di quelli populi e guadagnarseli in tutto,75
95 volse mostrare che, se crudeltà alcuna era seguita,76 non era causata da lui ma da la
acerba natura del ministro.77 E presa sopra a questo occasione,78 lo fece, a Cesena,
una mattina mettere in dua pezzi79 in su la piazza, con uno pezzo di legne e uno
coltello sanguinoso accanto:80 la ferocità del quale spettaculo fece quegli popoli in
uno tempo rimanere satisfatti e stupidi.81
100 Ma torniamo donde noi partimmo. Dico che, trovandosi il duca assai potente
e in parte assicurato de’ presenti periculi, per essersi armato a suo modo e avere in
buona parte spente quelle arme che, vicine, lo potevano offendere, gli restava, volendo
procedere collo acquisto,82 el respetto del83 re di Francia: perché conosceva come
dal re, il quale tardi s’era accorto dello errore suo, non gli sarebbe sopportato.84 E cominciò
105 per questo a cercare di amicizie nuove e vacillare con Francia,85 nella venuta
che feciono franzesi verso el regno di Napoli contro alli spagnuoli che assediavano
Gaeta;86 e lo animo suo era assicurarsi di loro:87 il che gli sarebbe presto riuscito, se
Alessandro viveva.88 E questi furno e’ governi sua,89 quanto alle cose presenti.
Ma quanto alle future, lui aveva a dubitare90 in prima che uno nuovo successore 

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110 alla Chiesa91 non gli fussi amico e cercassi torgli92 quello che Alessandro li
aveva dato. Di che pensò assicurarsi93 in quattro modi: prima, di spegnere tutti e’
sangui94 di quelli signori che lui aveva spogliati, per tòrre al papa quella occasione;
secondo, di guadagnarsi tutti e’ gentili uomini di Roma, come è detto, per potere
con quelli tenere il papa in freno; terzo, ridurre il Collegio più suo che poteva;95
115 quarto, acquistare tanto imperio,96 avanti che il papa morissi, che potessi per sé
medesimo resistere a uno primo impeto. Di queste quattro cose, alla morte di
Alessandro ne aveva condotte tre, la quarta aveva quasi per condotta: perché de’
signori spogliati ne ammazzò quanti ne possé aggiugnere97 e pochissimi si salvorno,
e’ gentili uomini romani si aveva guadagnati, e nel Collegio aveva grandissima
120 parte; e quanto al nuovo acquisto, aveva disegnato diventare signore di Toscana e
possedeva di già Perugia e Piombino, e di Pisa aveva presa la protezione. E come
e’ non avessi avuto ad avere rispetto a Francia, – che non gliene aveva ad avere più,
per essere di già e’ franzesi spogliati del Regno da li spagnuoli: di qualità che ciascuno
di loro era necessitato comperare l’amicizia sua, – e’ saltava in Pisa.98 Dopo
125 questo, Lucca e Siena cedeva99 subito, parte per invidia100 de’ fiorentini, parte per
paura; e’ fiorentini non avevano rimedio.101 Il che se gli fussi riuscito, – che gli riusciva102
l’anno medesimo che Alessandro morì, – si acquistava tante forze e tanta
reputazione che per sé stesso103 si sarebbe retto e non sarebbe più dependuto104 da
la fortuna e forze di altri, ma da la potenza e virtù sua.
130 Ma Alessandro morì dopo cinque anni che egli aveva cominciato a trarre fuora
la spada:105 lasciollo con lo stato di Romagna solamente assolidato,106 con tutti li
altri in aria,107 in fra dua potentissimi eserciti inimici108 e malato a morte.109 Ed era
nel duca tanta ferocità110 e tanta virtù, e sì bene conosceva come li uomini si hanno
a guadagnare o perdere, e tanto erano validi e’ fondamenti che in sì poco tempo si
135 aveva fatti, che s’e’ non avessi avuto quelli eserciti addosso, o lui fussi stato sano,
arebbe retto a ogni difficultà.
E che e’ fondamenti sua fussino buoni, si vidde: che la Romagna lo aspettò più
d’uno mese;111 in Roma, ancora che mezzo vivo,112 stette sicuro, e, benché Baglioni,
Vitelli e Orsini113 venissino in Roma, non ebbono séguito114 contro di lui; possé
140 fare, se non chi e’ volle, papa, almeno ch’e’ non fussi chi e’ non voleva.115 Ma se
nella morte di Alessandro fussi stato sano, ogni cosa gli era facile: e lui mi disse,
ne’ dì che fu creato Iulio II,116 che aveva pensato a ciò che potessi nascere morendo

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el padre, e a tutto aveva trovato remedio, eccetto ch’e’ non pensò mai, in su la sua
morte,117 di stare ancora lui118 per morire.
145 Raccolte119 io adunque tutte le azioni del duca, non saprei riprenderlo:120 anzi
mi pare, come io ho fatto, di preporlo imitabile121 a tutti coloro che per fortuna e
con le arme di altri sono ascesi allo imperio; perché lui, avendo l’animo grande e
la sua intenzione alta,122 non si poteva governare123 altrimenti, e solo si oppose alli
sua disegni la brevità della vita di Alessandro e la sua malattia. Chi adunque iudica
150 necessario nel suo principato nuovo assicurarsi delli124 inimici, guadagnarsi delli
amici; vincere o per forza o per fraude; farsi amare e temere da’ populi, seguire e
reverire da’ soldati; spegnere quelli che ti possono o debbono offendere; innovare
con nuovi modi gli ordini antiqui; essere severo e grato, magnanimo e liberale;
spegnere la milizia infedele, creare della nuova; mantenere l’amicizie de’ re e de’
155 principi in modo ch’e’ ti abbino a benificare con grazia o offendere con respetto;125
non può trovare e’ più freschi esempli che le azioni di costui.126
Solamente si può accusarlo nella creazione di Iulio pontefice, nella quale il
duca ebbe mala elezione.127 Perché, come è detto, non potendo fare uno papa a
suo modo, poteva tenere128 che uno non fussi papa; e non doveva mai consentire129
160 al papato di quelli cardinali che lui avessi offesi o che, divenuti papa, avessino
ad aver paura di lui: perché gli uomini offendono o per paura o per odio. Quelli
che lui aveva offeso erano, in fra li altri, San Piero ad Vincula, Colonna, San Giorgio,
Ascanio; tutti li altri avevano, divenuti papi, a temerlo, eccetto Roano e gli
spagnuoli: questi per coniunzione e obligo, quello per potenza, avendo coniunto
165 seco el regno di Francia.130 Pertanto el duca innanzi a ogni cosa doveva creare papa
uno spagnuolo: e, non potendo, doveva consentire a Roano, non a San Piero ad
Vincula. E chi crede che ne’ personaggi grandi e’ benifizi nuovi faccino sdimenticare
le iniurie131 vecchie, s’inganna. Errò adunque el duca in questa elezione, e fu
cagione dell’ultima132 ruina sua.

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Il Quattrocento e il Cinquecento