I protagonisti della scena attuale

   10.  IL CONTEMPORANEO >> Temi e sperimentazioni di un’arte in divenire

I protagonisti della scena attuale

Maurizio Cattelan

Maurizio Cattelan (Padova 1960) è uno dei più conosciuti e provocatori artisti italiani contemporanei. Le sue opere, che combinano scultura e performance, includono o riproducono oggetti e persone del mondo reale, dissacrando i simboli e le istituzioni della cultura e della società occidentale. In questo senso Cattelan sviluppa, superandolo, l’avanguardismo novecentesco, nel tentativo di fondere vita e arte, realtà e fantasia, con un approccio radicale e sensazionalistico che produce lo stesso senso di meraviglia, e a tratti di spaesamento, suscitato dai prodotti dei mass media.

La nona ora

La nona ora (1), per esempio, attacca con aspra ironia la massima autorità della religione cattolica: un realistico ritratto in cera di papa Giovanni Paolo II, con dettagli veri come i capelli, i paramenti sacri e gli accessori liturgici, giace a terra su una moquette rossa. Il pontefice sofferente è circondato dai vetri di una finestra da cui è entrato un meteorite, che lo ha colpito e che ancora lo schiaccia. Un primo obiettivo dell’artista è quello di generare nel pubblico un’immediata reazione di sgomento; a questa fa seguito lo scatenarsi di un confronto di opinioni che finisce per diventare il fine ultimo e forse il vero oggetto dell’azione creativa. È poi lo stesso autore ad alimentare ulteriormente il dibattito, suggerendo di interpretare la figura del pontefice come un’allegoria del padre con cui ha avuto da sempre un rapporto conflittuale.

Kaputt

In Kaputt (2) l’artista schiera invece cinque corpi di cavalli imbalsamati lungo una parete bianca. L’opera trae spunto dall’omonimo romanzo di Curzio Malaparte, pubblicato nel 1944, nel quale lo scrittore dialoga con vari personaggi sullo sfondo di un’Europa morente, devastata dal secondo conflitto mondiale. Uno dei primi capitoli, “I cavalli di ghiaccio”, descrive l’immagine di «centinaia di teste di cavalli» che emergono come «recise dal taglio netto di una mannaia» dalla superficie ghiacciata di un lago, in cui gli animali sono caduti al termine di una fuga forsennata. Anche i cavalli di Cattelan sembrano impegnati in un tentativo di esodo; sono infatti staccati da terra e, privati della testa, sono conficcati nel muro come se avessero compiuto un salto e stessero attraversando la parete. Li osserviamo così, mutilati e sospesi, e ci interroghiamo su ciò che li ha spinti all’azione: una semplice ricerca di libertà destinata a una felice conclusione o una fuga per la sopravvivenza causata da un’incombente minaccia? Di certo, anche in questo caso, l’artista agisce come un provocatorio comunicatore che propone immagini potenti e polisemiche, interpretabili attraverso molteplici chiavi di lettura.

Vanessa Beecroft

L’italo-britannica Vanessa Beecroft (Genova 1969) espone corpi nudi di giovani donne, chiamate a realizzare vere e proprie performance all’interno di spazi per lo più vuoti. A comunicare, questa volta, sono presenze viventi che vengono guidate dall’artista in studiate coreografie, accompagnate dalla musica o da effetti luminosi particolari. La memoria delle azioni viene conservata grazie a filmati e a scatti fotografici realizzati dalla stessa Beecroft. La nudità dei corpi può essere semplice e totale, o essere sottolineata attraverso accessori come parrucche, calzature e collant o, ancora, con trattamenti di coloritura della pelle.

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VB62

L’opera VB62 (3) è emblematica in proposito: la performance si svolge all’interno di un chiesa palermitana; ragazze nude con i corpi integralmente dipinti di bianco si muovono lentamente tra calchi in gesso di figure femminili e candidi parallelepipedi che alludono a sarcofagi stilizzati. L’opera è giocata sull’analogia del biancore unificante e, al contempo, sul forte contrasto tra la carne viva e la fredda e immobile presenza dei calchi. Così, nel recupero di un’atmosfera quasi metafisica, la Beecroft attiva una riflessione sul rapporto tra il corpo (e l’identità) femminile e la cultura visiva del nostro tempo, che sovraespone l’immagine della donna in un processo di aperto e iterato voyeurismo.

Damien Hirst

Pur incarnando appieno la figura dell’artista di oggi, irriverente e narcisista, che spesso si tramuta volutamente in un fenomeno mediatico, il britannico Damien Hirst (Bristol 1965) indaga con lucidità i valori ancestrali dell’esistenza umana, interrogandosi sull’essenza della vita e della morte.

The physical impossibility of death

Sin dagli anni Novanta affronta il tema del macabro, creando, come nel caso di The physical impossibility of death in the mind of someone living (4), installazioni con animali morti conservati in un bagno di formaldeide; parallelamente costruisce scaffalature e armadietti che contengono decine e decine di farmaci e che inducono a meditare sul valore della scienza e sulle dipendenze dell’uomo contemporaneo.

For the love of God

Proseguendo nella realizzazione di opere inquietanti e memorabili, ideate per scuotere in profondità le coscienze, Hirst approda nel 2007 a For the love of God (5), una riproduzione di un teschio umano tempestata di migliaia di diamanti. Tra bellezza e orrore, ironia e serietà, Hirst propone in questo caso una visione di speranza in cui la caducità della vita, rappresentata dal teschio, è contrastata dalla bellezza e dall’eternità, simboleggiate dai preziosi e durevoli diamanti. Il cranio, dotato di denti veri, è stato valutato 50 milioni di sterline ed è diventato l’opera d’arte più costosa di tutti i tempi. Anche per questo motivo For the love of God ha suscitato un dibattito acceso caratterizzato da pareri contrastanti.

Dossier Arte - volume 3 
Dossier Arte - volume 3 
Dal Neoclassicismo ai giorni nostri