Kaputt
In Kaputt (2) l’artista schiera invece cinque corpi di cavalli
imbalsamati lungo una parete bianca. L’opera trae spunto dall’omonimo romanzo di Curzio Malaparte,
pubblicato nel 1944, nel quale lo scrittore dialoga con vari personaggi sullo sfondo di un’Europa
morente, devastata dal secondo conflitto mondiale. Uno dei primi capitoli, “I cavalli di ghiaccio”,
descrive l’immagine di «centinaia di teste di cavalli» che emergono come «recise dal taglio netto
di una mannaia» dalla superficie ghiacciata di un lago, in cui gli animali sono caduti al termine
di una fuga forsennata. Anche i cavalli di Cattelan sembrano impegnati in un tentativo di esodo;
sono infatti staccati da terra e, privati della testa, sono conficcati nel muro come se avessero
compiuto un salto e stessero attraversando la parete. Li osserviamo così, mutilati e sospesi, e ci
interroghiamo su ciò che li ha spinti all’azione: una semplice ricerca di libertà destinata a una felice conclusione o una fuga
per la sopravvivenza causata da un’incombente minaccia? Di certo, anche in questo caso, l’artista agisce come un
provocatorio comunicatore che propone immagini potenti e polisemiche, interpretabili attraverso molteplici
chiavi di lettura.