Il Graffitismo

   9.  DAL DOPOGUERRA ALLA FINE DEL NOVECENTO >> I maestri e i movimenti del secondo Novecento

Il Graffitismo

Negli anni Settanta, sui vagoni della metropolitana e sui muri dei quartieri più poveri e multietnici di New York compaiono disegni mutuati dal mondo dei cartoons e realizzati da giovani artisti con bombolette di vernice spray. È l’avvento del cosiddetto Graffitismo, che contesta il potere costituito e molti aspetti della società contemporanea, comunicando con spontaneità ed esprimendo una gioiosa carica vitale. Il linguaggio figurativo dei graffitisti, elementare e colorato, in breve tempo si tramuta in una cifra globale che riempie di bellezza e di significato i vuoti delle periferie di tutto il mondo.

Jean-Michel Basquiat

Uno dei primi esponenti del Graffitismo è Jean-Michel Basquiat (New York 1960-1988) che, dopo aver intrapreso un’intensa relazione professionale e umana con Andy Warhol, e dopo essersi imposto precocemente sulla scena artistica newyorkese, muore per overdose nel 1988, non ancora ventottenne. Il suo stile, a tratti infantile e a tratti brutale, è debitore nei confronti della pittura di Jean Dubuffet e afferma con decisione la volontà dell’autore di distinguersi, da protagonista, in una società che tende ad appiattire identità e aspirazioni delle giovani generazioni.

Red man

In Red man (117) Basquiat combina scritte e immagini raffigurando un evento traumatico che ha vissuto anche di persona: mentre un aereo passa nel cielo e il traffico rombante scorre intorno, un uomo è stato investito da un’automobile. Nella resa sintetica del graffito, la durezza della scena appare stemperata in una visione quasi onirica, in cui lo sfortunato protagonista rimane sospeso sullo sfondo di una realtà metropolitana dinamica e coloratissima.

Keith Haring

Altro importante protagonista del Graffitismo è Keith Haring (Reading, Pennsylvania 1958-New York 1990). Nelle sue opere ricorrono caratteri distintivi come lo sfondo monocromo, una gamma di colori limitata ma estremamente vivace e l’uso di figure schematiche, delineate con un tratto fluente e rese pulsanti da una moltitudine di sottili segni paralleli che restituiscono sinteticamente una sensazione di movimento. In questo modo l’artista visualizza vere e proprie icone grafiche, simboli semplici e immediati di concetti complessi, che lanciano messaggi di tipo sociale, culturale e religioso.

Crack is wack

In Crack is wack (118), per esempio, Haring dipinge un ammonimento nei confronti dei danni causati dal crack, uno stupefacente molto diffuso negli anni Ottanta. Dopo aver individuato una parete libera in un parco vicino al quartiere nero di Harlem, a New York, nell’arco di una giornata Haring realizza il murale. Nella raffigurazione una folla di persone è dominata da uno scheletro mortifero e dallo slogan “crack is wack” (il crack è una schifezza). L’opera diviene immediatamente notissima ed è utilizzata a più riprese dai media per affrontare fatti di cronaca legati alla droga.

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Tuttomondo

Anche Tuttomondo (119) è un murale, dipinto questa volta in Italia, a Pisa, su un edificio che sorge in un’area bombardata durante la Seconda guerra mondiale. In tale contesto, segnato dalla violenza della guerra, l’artista coinvolge giovani studenti universitari della città per realizzare un’opera che auspica un mondo finalmente pacificato, rappresentato ancora una volta da figure simboliche, come il personaggio in alto al centro che regge un delfino (armonia tra uomo e natura) o le forbici umanizzate che, sulla destra, tagliano un serpente (collaborazione tra gli individui per sconfiggere il male).

Orologio da polso per Swatch

L’arte di strada di Haring ha un carattere pervasivo e prende corpo su molteplici tipologie di supporti. Dai muri, si trasferisce per esempio anche a oggetti d’uso come gli orologi da polso Swatch (120). Le icone dell’artista irrompono con la loro energia nei piccoli quadranti segnatempo e il loro impatto viene amplificato grazie alla replicazione seriale di prodotti economici indossati da migliaia di persone.

Dossier Arte - volume 3 
Dossier Arte - volume 3 
Dal Neoclassicismo ai giorni nostri