La Transavanguardia

   9.  DAL DOPOGUERRA ALLA FINE DEL NOVECENTO >> I maestri e i movimenti del secondo Novecento

La Transavanguardia

Nel 1979, in un clima di indebolimento delle tensioni politiche e sociali, di aspettative deluse e di ripiegamento sui valori del passato, il critico d’arte Achille Bonito Oliva (Caggiano 1939) parla per la prima volta della Transavanguardia. Egli individua come rappresentanti di questo movimento cinque artisti, tutti italiani, che hanno operato fino a questo momento in maniera del tutto autonoma ma che sono legati da alcune caratteristiche di base. Si tratta di Sandro Chia (Firenze 1946), Francesco Clemente (Napoli 1952), Enzo Cucchi (Morro d’Alba 1949), Nicola De Maria (Foglianise 1954) e Domenico Paladino, detto Mimmo (Paduli 1948). Nell’identificare la Transavanguardia Bonito Oliva rifiuta il concetto che vede nell’arte un progressivo e inevitabile susseguirsi di fatti; allo stesso tempo il critico legittima il poter attingere da qualsiasi esperienza artistica del passato, seguendo il fondamentale concetto che l’idea di novità nell’arte è sorpassata, dal momento che qualsiasi cosa è già stata inventata e che agli artisti non resta altro che rifarsi all’esistente.
Tale scelta si rivela vincente: la propensione di questi artisti al viaggio e, soprattutto, la disponibilità di importanti galleristi, garantiscono al neonato movimento una immediata visibilità e un conseguente rapido successo

Sandro Chia

Fiorentino di nascita, Sandro Chia si forma nella sua città natale per spostarsi successivamente a Roma e a New York. Come gli altri artisti della Transavanguardia, nega il concetto di arte intesa come successione di linguaggi e di tendenze collettive, incentrate sul rifiuto aprioristico dell’espressività personale. Già a partire dalla metà degli anni Settanta, Chia riporta al centro della sua ricerca il valore della tecnica pittorica e attinge liberamente a numerosi linguaggi del passato, sempre in nome di una continua riappropriazione della soggettività dell’artista. I riferimenti identificabili nelle sue opere sono numerosi e spaziano dai grandi pittori del Rinascimento Italiano, come Raffaello e Tiziano, fino agli artisti del Novecento, partendo da Picasso, Chagall e De Chirico.

La Bugia

È una tela (112) del 1980: un bambino seduto su un divano di vimini, posto su un tappeto, è raffigurato di fronte a un tavolinetto in legno. Sul piano d’appoggio una candela diffonde una luce abbagliante e irreale, mentre lo sfondo della composizione è cupo. Il tema domestico e quotidiano non esprime convinzioni ideologiche, non innesca alcun tipo di provocazione nei confronti dell’ordine costituito, ma si pone come pura narrazione e interpretazione personale della realtà.

Enzo Cucchi

In Caccia Mediterranea (113), dipinto del 1979, il marchigiano Enzo Cucchi sceglie di raffigurare una caccia immaginaria, ambientata in un passato imprecisato. Su di uno sfondo irreale, dominato da colori vivissimi stesi con stile enfatico, un grande soldato armato di fucile spara a un piccolo orso polare intento a suonare una tastiera. Una possibile interpretazione vede nel soldato una rappresentazione della forza vitale dell’arte mediterranea, autentica e intimamente soggettiva, che riesce a imporsi nel confronto con l’arte di origine nordica, astratta e del tutto impersonale, in questo caso incarnata dall’animale suonatore. Figure semplici, al limite dello schematismo, e colori accesi, conferiscono alla scena la dimensione di una fiaba ambientata fuori dal tempo attribuendo anche all’insieme il sapore di una sottile ironia.

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Mimmo Paladino

L’arte di Mimmo Paladino è popolata di presenze immaginarie e si ricollega a una dimensione magica e arcaica, ricca di simboli e oggetti enigmatici.

Senza titolo

Nel grande quadro Senza titolo (114) del 1982, il contrasto tra il fondo rosso sangue e la macabra figura con i capelli neri coinvolge lo spettatore in un’atmosfera quasi spettrale; tutto è piatto e privo di qualsiasi resa volumetrica; segni geometrici, maschere e strumenti rituali sembrano rimandare a tradizioni e leggende di antiche culture. L’opera è emblematica delle inquietudini di questa generazione di artisti e rimane aperta alle molteplici interpretazioni che ognuno di noi può trovare osservandola e interrogandola.

Sistemazione della piazza dei Guidi

La tendenza di Mimmo Paladino a un recupero dei linguaggi più remoti prosegue anche oltre l’esaurirsi della spinta propulsiva della Transavanguardia, arrivando all’inizio del nuovo millennio a esprimersi in una grande installazione urbana con la Sistemazione della piazza dei Guidi (115-116) a Vinci. Nel 2002, il consiglio comunale della cittadina toscana, luogo natale di Leonardo, indice un concorso a inviti per riconfigurare l’assetto della piazza centrale del paese. Paladino si aggiudica l’opera che si conclude nel 2006. L’intero spazio è pavimentato in pietra grigia: quasi come falde naturali, le quote della piazza si alzano e si abbassano, fino a formare un percorso che conduce il visitatore verso una fontana con una stella metallica che evoca il concetto della geometria. Sulle lastre di pietra, attraverso incisioni o inserti di mosaici realizzati con tessere di specchi, ricompare il consueto universo di segni distintivo della poetica dell’artista.

Dossier Arte - volume 3 
Dossier Arte - volume 3 
Dal Neoclassicismo ai giorni nostri