Aldo Rossi

   9.  DAL DOPOGUERRA ALLA FINE DEL NOVECENTO >> I maestri e i movimenti del secondo Novecento

Aldo Rossi

Evocazioni dell’Antico e nuova razionalità

Il milanese Aldo Rossi (Milano 1931-1997) è il principale protagonista dell’architettura italiana degli anni Settanta e Ottanta. Egli interpreta la postmodernità attraverso un riferimento costante all’Antico, riletto in chiave critica e mai impiegato come modello stilistico da imitare. Così, nelle sue opere le architetture e le città del passato vengono evocate, citate e manipolate attraverso processi analogici e riduttivi, come frammenti da stilizzare e ricomporre in palinsesti razionali, adatti ad accogliere la vita contemporanea.

Ampliamento del cimitero di San Cataldo

Attingendo alle forme e alle tipologie degli edifici storici per sintetizzarle in una visione inedita, Rossi affronta per esempio l’incarico per l’Ampliamento del cimitero di San Cataldo (103-104) a Modena. Il tema è impegnativo per le dimensioni del complesso e per il confronto con il limitrofo cimitero neoclassico di particolare pregio. L’architetto sceglie di costruire un muro di cinta che sia la prosecuzione di quello esistente, di cui riprende anche la tessitura muraria. L’assetto del nuovo impianto si basa su volumi elementari e archetipici che formano una vera e propria città dei morti: un tronco di cono ricorda un antico tumulo e identifica la fossa comune; una spina centrale distribuisce le file degli ossari, che in pianta assumono la forma di un triangolo; un grande cubo finestrato richiama alla memoria l’immagine di una casa monumentale, immota e silenziosa, e ospita il sacrario dei caduti in guerra.

Teatro del Mondo

La ricerca basata sulle forme pure, accostate, ripetute o variate, prosegue negli anni Settanta fino ad arrivare a una delle opere più pregnanti di Rossi: si tratta del Teatro del Mondo (105), realizzato in occasione della Biennale di Venezia del 1979. Per la città lagunare egli disegna questa architettura temporanea in ferro e legno, che ripropone la tipologia dei teatri galleggianti, in voga nel Settecento durante il periodo del Carnevale. L’edificio è costruito sovrapponendo al piano zattera un cubo di base, un prisma ottagonale intermedio e una piramide sommitale, anch’essa caratterizzata da una pianta a otto lati e culminante in una banderuola. A questa composizione di solidi si aggiungono due corpi laterali parallelepipedi che contengono le scale. Già dagli studi grafici preliminari il singolare teatro è immaginato al fianco delle chiese cinque e seicentesche affacciate sul bacino di San Marco, a dimostrazione del fatto che l’architettura contemporanea si può confrontare con i capolavori della città storica, in modo empatico ma senza rinunciare a esprimere un’identità autonoma.

Casa Alessi

Alla fine degli anni Ottanta Aldo Rossi si dedica al progetto di una villa privata sul lago Maggiore: si tratta di Casa Alessi (106) a Suna di Verbania. L’edificio è la residenza per le vacanze della celebre famiglia di produttori di oggetti da cucina, per cui l’architetto ha già concepito alcuni pezzi di design di particolare successo. I riferimenti al passato si fanno sempre più raffinati e si specificano ulteriormente rispetto alla tradizione costruttiva locale. Come di consueto l’edificio è realizzato accostando corpi elementari, mentre la struttura è eseguita questa volta secondo una tecnica tipica della zona, quella del muro a scagliola fatto di scarti minuti della lavorazione del granito. L’architetto si concentra inoltre sulla reinterpretazione dei caratteri stilistici delle case di vacanza storiche, che abbondano sulle rive del lago, mettendo in opera cantonali bugnati, logge con colonne in cotto su più livelli e un grande tetto ricurvo con abbaini.

La Conica

Come detto, il rapporto con gli Alessi si concretizza a partire dal design di oggetti d’uso che Rossi interpreta ancora una volta come frammenti di memoria e, in ultima analisi, come architettura. È il caso della caffettiera La Conica (107), costituita da un corpo cilindrico, sormontato da un cono, coronato a sua volta da una sfera, a formare una piccola torre attorno a cui si svolge il rito casalingo della bevanda più amata. Chiaramente il progettista si confronta con la storia in modo libero e sicuro, semplicemente determinato a osservare e a ricercare un’essenza. Egli persegue così una personale poetica della reminiscenza, secondo la quale le forme e i dispositivi delle costruzioni antiche si stemperano nel più ampio montaggio, a un tempo ironico e rigoroso, di immagini passate e presenti; mentre l’architettura da tavolo della caffettiera si tramuta in uno dei suoi “oggetti d’affezione”, sospesi tra valenza d’uso e suggestione emozionale.

Dossier Arte - volume 3 
Dossier Arte - volume 3 
Dal Neoclassicismo ai giorni nostri