Joseph Beuys

   9.  DAL DOPOGUERRA ALLA FINE DEL NOVECENTO >> I maestri e i movimenti del secondo Novecento

Joseph Beuys

Una nuova alleanza tra uomo e natura

Il tedesco Joseph Beuys (Krefeld 1921-Düsseldorf 1986) è uno dei protagonisti più rilevanti e a un tempo controversi dell’arte del secondo Novecento. La sua opera presenta caratteri concettuali ed elementi propri della Site Specific Art ma, per la complessità e la ricchezza dei suoi significati e delle sue manifestazioni, sfugge a ogni intento di classificazione definitiva. A partire dagli anni Sessanta egli sceglie di esplorare a tutto campo molteplici forme espressive realizzando dipinti, sculture, installazioni e performance. Per fare ciò impiega materiali come il legno, il feltro e la pietra, simboli della vita e di un’energia naturale primigenia.
Fondamentale è anche il suo impegno in campo politico, finalizzato a coltivare la coscienza critica della società in senso radicalmente anticonvenzionale, pacifista e ambientalista. Questo approccio militante porta Beuys ad abbandonare nel 1972 la cattedra di insegnante all’Accademia di Belle Arti di Düsseldorf e a fondare una scuola dove le sue idee abbiano piena attuazione: si tratta della Libera Università Internazionale per la Creatività e la Ricerca Interdisciplinare. Grazie a questa istituzione formativa e alla carica fortemente innovativa della sua arte, egli diviene ben presto una sorta di sciamano che costituisce un punto di riferimento tra i più seguiti dai giovani artisti degli anni Settanta.

7000 Querce

Tra le sue opere spicca 7000 Querce (91-92- 93), un’installazione articolata e composita iniziata nel 1982 e di fatto ancora in corso. In occasione di una mostra d’arte contemporanea allestita nella città tedesca di Kassel, un collezionista privato dona a Beuys una copia della corona dello zar Ivan il Terribile custodita al Cremlino. L’artista scompone e fonde il diadema durante una performance e ne vende i preziosi componenti per realizzare settemila stele di basalto nero che accatasta nella piazza della città. Successivamente ognuno dei monoliti viene messo in vendita per finanziare la messa a dimora di una quercia, albero sacro della cultura celtica, che simboleggia l’unione della materia e dello spirito. Progressivamente la piazza si svuota, mentre nei dintorni di Kassel cresce una foresta di settemila piante accompagnate ognuna dalla propria stele. L’azione si tramuta in un’opera d’arte diffusa e in continuo divenire che si fonda sul concetto di trasformazione; tale idea riguarda il tempo, lo spazio e soprattutto il valore economico che, da un emblema di un potere assoluto e oppressivo rappresentato dalla corona, viene trasferito all’ecosistema vivente, simbolo di una nuova alleanza tra uomo e natura.

Dossier Arte - volume 3 
Dossier Arte - volume 3 
Dal Neoclassicismo ai giorni nostri