Site Specific e Land Art

   9.  DAL DOPOGUERRA ALLA FINE DEL NOVECENTO >> I maestri e i movimenti del secondo Novecento

Site Specific e Land Art

Arte, luogo, paesaggio

Al termine degli anni Sessanta molti artisti mostrano una nuova sensibilità nei confronti degli spazi in cui le opere vengono collocate. Nascono così la Site Specific Art, che crea installazioni ambientali concepite per luoghi specifici, e la Land Art, che interviene direttamente sul paesaggio. L’attenzione di autori come Robert Smithson (Passaic, New Jersey 1938-Amarillo, Texas 1973) e Dennis Oppenheim (Electric City, Washington 1938-New York 2011) si sposta dall’oggetto al contesto, in un processo che sottende anche una forte critica nei confronti del mercato dell’arte e delle gallerie come luoghi privilegiati per l’esposizione delle opere.
L’azione di questi artisti arriva infatti a coinvolgere contesti di dimensioni enormi, che diventano occasione per recuperare il rapporto dell’uomo con la natura. Così, esattamente come alcune meraviglie naturali non sono percepibili con un semplice sguardo, anche le opere di Land Art sono spesso apprezzate grazie all’ausilio di fotografie aeree o riprese filmate. Inoltre non possono essere né vendute né collezionate. È il caso della Spiral Jetty (88) di Smithson. Si tratta di una sorta di molo a spirale costruito in un lago salato nei pressi di un pozzo petrolifero in disuso. Oltre a rappresentare un simbolo di vita primordiale, la grande forma ad avvolgimento richiama la leggenda secondo la quale il sale nell’acqua deriverebbe proprio da un gorgo proveniente dal mare. L’opera è realizzata con oltre sessanta tonnellate di massi e terra, e muta nel tempo al variare delle stagioni e delle maree: con la sua presenza, quasi vivente, costituisce un nesso di mediazione tra l’ambiente naturale e la vicina testimonianza del lavoro industriale dell’uomo.
Dennis Oppenheim sceglie invece di realizzare installazioni temporanee, destinate anche a durare pochi minuti e a essere immortalate unicamente attraverso un obiettivo. Una delle sue opere più famose è Vortice (89): nel cielo terso e azzurro della California, egli fa volare un aeroplano radiocomandato; la scia del velivolo disegna un vortice bianco, che ricorda l’occhio di un ciclone e sopravvive solo nell’immagine fotografica.
Sebbene non faccia parte in senso stretto della corrente della Land Art, anche l’artista bulgaro Christo (Christo Vladimirov Javacheff, Gabrovo 1935) esegue interventi per luoghi specifici e su larga scala. Egli sceglie infatti edifici molto visibili, o dal forte valore simbolico, e li nasconde per un certo periodo di tempo ricoprendoli di anonimi teloni di nylon. Come accade con l’Impacchettamento del Pont-Neuf (90) di Parigi, celando un oggetto, il gesto artistico finisce in realtà per sottolinearne la presenza e per incidere, provvisoriamente ma con forza, sugli scenari urbani in cui si svolge la vita di ogni giorno.

Dossier Arte - volume 3 
Dossier Arte - volume 3 
Dal Neoclassicismo ai giorni nostri