Il design italiano tra gli anni Sessanta e Settanta

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Il design italiano tra gli anni Sessanta e Settanta

Gioco e ironia oltre la funzione

Nel corso degli anni Sessanta una nuova generazione di architetti e designer italiani, che opera per lo più in gruppi di lavoro e intesse una fitta rete di rapporti internazionali, sviluppa una decisa revisione delle convenzioni razionaliste e funzionaliste. Combinando coscienza politica e vocazione avanguardista, tali progettisti si confrontano con vari media e immaginano il futuro attraverso provocazioni ironiche, prefigurazioni utopiche o vere e proprie contestazioni. Si tratta di una pulsione che supera la modernità svelando i limiti e le contraddizioni della produzione in serie e demistificando il progetto; è una proiezione estrema, irrefrenabile e totalizzante, e per questo viene definita “radicale”. Meditando innanzitutto sulle origini dell’individuo essa critica l’ideologia del consumo e si esprime attraverso colori vivaci, raffigurazioni pop e metafore visive di notevole impatto.
Nascono così oggetti trasgressivi che irrompono nella vita quotidiana non per soddisfare le esigenze di un consumatore ideale, o per manifestare l’adesione a uno stile, ma per esprimere una volontà di adattamento a una società complessa. Il design si fa giocoso e iconoclastico e supera la sola logica dei bisogni dell’utente per praticare una nuova cultura delle immagini, finalizzata a soddisfare desideri, ad attivare suggestioni e a comunicare concetti.
Ciò è evidente per esempio in arredi come la Lampada Passiflora (69) e la Seduta Pratone (70). Nel primo caso, un materiale plastico traslucido è impiegato per realizzare una nuvoletta fumettistica che potrebbe aver preso corpo da un dettaglio di un quadro di Lichtenstein. Nel caso del Pratone la schiuma di poliuretano materializza un frammento di tappeto erboso soffice e gigante, assimilabile a una scultura di Claes Oldenburg. La Poltrona Up 5 (71) di Gaetano Pesce chiede invece a ogni acquirente di partecipare al momento creativo attraverso una sorta di breve e facile performance: la seduta viene infatti venduta appiattita in una grande busta; dopo aver compiuto le poche azioni di apertura della confezione il materiale con cui è realizzata si gonfia fino ad assumere la caratteristica forma turgida e invitante. La libertà espressiva di questo design non deve far pensare che il problema dell’utilità sia del tutto trascurato; anzi, la carica eversiva dei progettisti di questi anni si esplica anche attraverso l’ideazione di oggetti piccoli e servizievoli, pratici come le prime calcolatrici portatili o frivoli come le radio e i mangiadischi.

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Ettore Sottsass (Innsbruck 1917-Milano 2007) è una delle figure di riferimento del design italiano degli anni Sessanta e affronta il tema dell’utile in modo non convenzionale; il suo lavoro è contrassegnato da un interesse costante per le implicazioni sociologiche del prodotto industriale e per la possibilità di influire in larga scala sulla cultura del proprio tempo. Per Olivetti Sottsass progetta la Valentine (72), una macchina da scrivere portatile molto economica, leggera e facile da usare; inoltre, al contrario delle vecchie macchine di colore nero e con le parti meccaniche in vista, presenta una scocca di plastica rossa e può essere riposta in una custodiavaligetta compatta e maneggevole. Si tratta di un oggetto volutamente pop, alla portata di tutti, e di uno dei primi prodotti nati per affrontare lo scenario globale: anche nella campagna di lancio commerciale la Valentine viene fotografata infatti in molti contesti diversi di tutto il mondo e tra le mani dei personaggi più disparati: bambini indiani, piloti americani, giornalisti svedesi.
Tra stile e marketing il design alternativo e informale di questi anni investe anche la storia del costume contemporaneo: è il caso dei Doposci Moon Boot (73) che sono a un tempo una calzatura tecnica pensata per essere usata sulla neve e un accessorio di moda ispirato all’abbigliamento degli astronauti sbarcati sulla luna nel 1969. Gli scarponi sono un esempio emblematico di un prodotto comune di particolare successo; sono pratici, economici e unisex e si tramutano in breve tempo in un simbolo duraturo del turismo invernale di massa.

   » il Punto su… 

DAL NEW DADA ALLA POP ART

  • Il New Dada, nato negli Stati Uniti negli anni Cinquanta, si riallaccia al Dadaismo nell’uso di oggetti ordinari, in rapporto diretto con il quotidiano.
  • Jasper Johns (1930), esegue con tecniche miste Flag e Target with Four Faces, in cui prevale l’oggettualità della rappresentazione.
  • Robert Rauschenberg (1925-2008) realizza Bed, ready-made rielaborato che diventa opera emblematica del New Dada, e Monogram, composto con materiali di recupero.
  • Il Nouveau Réalisme francese si fonda su premesse analoghe a quelle del New Dada.
    Tra gli esponenti più significativi vi sono Daniel Spoerri (1930), che realizza i Tableau Piège e Yves Klein (1928-1962), che trasforma gli oggetti di serie in opere d’arte con il pigmento blu da lui brevettato (IKB, International Klein Blue).
  • In Italia, un approccio simile anima il gruppo Azimuth (Agostino Bonalumi, Enrico Castellani, Piero Manzoni). Piero Manzoni (1933-1963) dissacra il mercato artistico e la figura dell’autore con operazioni di radice dadaista (Uovo con impronta, Merda d’artista).
  • L’Arte programmata reagisce al soggettivismo dell’Informale con la consapevolezza progettuale: Bruno Munari (1907-1998) firma il Manifesto del Macchinismo.
  • La Pop Art nasce in Gran Bretagna e matura negli Stati Uniti con Claes Oldenburg (nato in Svezia nel 1929), Roy Lichtenstein (1923-1997) e Andy Warhol; si ispira alle immagini e ai linguaggi della società dei consumi, con espressioni figurative riconoscibili, volutamente banali e riproducibili in serie. Fra i temi prediletti della Pop Art vi sono il cibo (Oldenburg) e il fumetto (Lichtenstein). La Pop Art esercita una notevole influenza sulla grafica, sull’architettura e sul design italiani.
  • Andy Warhol (1928-1987) si dedica anche al cinema, alla televisione e all’editoria; nelle sue opere riproduce le immagini della cultura di massa, decontestualizzate e private di espressività.

  DOMANDE GUIDA
1. Quali correnti e tendenze si oppongono al soggettivismo dell’Informale nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta?
2. Quali sono le principali tecniche utilizzate da Johns e da Rauschenberg?
3. Quali sono i maggiori esponenti del Nouveau Réalisme?
4. Quali artisti italiani condividono le premesse del Nouveau Réalisme?
5. Chi ha firmato il Manifesto del Macchinismo?
6. A quali temi si ispira la Pop Art?

Dossier Arte - volume 3 
Dossier Arte - volume 3 
Dal Neoclassicismo ai giorni nostri