La Pop Art

   9.  DAL DOPOGUERRA ALLA FINE DEL NOVECENTO >> I maestri e i movimenti del secondo Novecento

La Pop Art

Sia in Europa sia in America le esperienze dell’Arte informale si connotano per la forte componente intellettuale e per l’esasperazione del gesto soggettivo che spesso manifesta un profondo disagio interiore. Con la sua raffinata attenzione per la materia e con la sua carica protestataria antisistema, questo tipo di espressione trova un’accoglienza fredda nella società degli anni Cinquanta che vive, con fiducia e ottimismo, una stagione di crescita economica esponenziale e di spensierato benessere.
Così, dai primi anni Sessanta, mentre l’Informale viene apprezzato in ambienti di élite, si impone una nuova corrente artistica, maggiormente radicata nella cultura di massa: si tratta della Pop Art (abbreviazione di popular art), nata in Gran Bretagna e maturata negli Stati Uniti grazie all’apporto di autori come Claes Oldenburg, Roy Lichtenstein e Andy Warhol.
Questa forma di arte trova le sue principali fonti di ispirazione nelle icone e nei linguaggi della società dei consumi: prodotti commerciali, messaggi pubblicitari, fumetti e ritratti di personaggi famosi danno vita a espressioni figurative ben riconoscibili e volutamente banali, suscettibili di essere facilmente riprodotte in serie attraverso nuove tecniche fotografiche e tipografiche. L’artista pop non è più il creatore di un’opera unica e soggettiva, ma diventa il manipolatore di raffigurazioni già date, che egli altera e ricompone utilizzando processi di coloritura, ripetizione e sovrapposizione di immagini.

Claes Oldenburg

Il cibo, bene di consumo per antonomasia, è uno dei temi più rappresentati dalla Pop Art. In Two cheeseburgers with everything (Dual Hamburger) (63) Claes Oldenburg (Stoccolma 1929) sceglie di raffigurare un simbolo della società di mercato americana: il panino cucinato in serie nei fast food, quasi come in una catena di montaggio, è infatti uno dei prodotti commerciali più diffusi e ancor oggi conosciuti negli Stati Uniti. In questo caso, nella sostanziale adesione dell’arte pop al modello di sviluppo consumistico si insinua una vena di ironia e di critica demistificatoria. I cheeseburger ingigantiti, ripieni di ingredienti colorati e incredibilmente rigonfi, suscitano infatti una reazione interdetta, attivando una riflessione sulla qualità di un alimento apparentemente innocuo ma in realtà assai poco salutare, e su una società dove il cibo non serve più soltanto per nutrire ma, come strumento di guadagno indiscriminato, viene abusato e a volte trattato come spazzatura. Nella seconda metà degli anni Sessanta l’ironia di Oldenburg sfiora il grottesco in una serie di sculture molli che riproducono oggetti della quotidianità. È il caso di Soft Toilet (64), che induce nell’osservatore una sottile inquietudine. L’artista stravolge infatti la realtà, non solo trasformando un WC a grandezza naturale in un’opera d’arte, ma soprattutto contraddicendone la possibilità di utilizzo attraverso l’impiego di un materiale plastico morbido e deformabile.

Dossier Arte - volume 3 
Dossier Arte - volume 3 
Dal Neoclassicismo ai giorni nostri