L’Espressionismo astratto

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L’Espressionismo astratto

Anche negli Stati Uniti d’America si manifestano espressioni artistiche riconducibili all’ampio fenomeno dell’Informale. Pur essendo coinvolto nel secondo conflitto mondiale, il gigante nordamericano rimane lontano dagli scenari più drammatici delle stragi e delle distruzioni e, sullo scorcio degli anni Trenta, diventa il rifugio privilegiato di molti artisti e architetti europei che, soprattutto a New York, proseguono le ricerche d’avanguardia iniziate prima della guerra. Accanto a esponenti dell’Astrattismo, del Dada e del Surrealismo, negli Stati Uniti risiedono stabilmente intellettuali e collezionisti come Peggy Guggenheim, che promuovono il rinnovamento dell’arte e sostengono autori impegnati in esperienze del tutto originali e rivoluzionarie. Questa vera e propria esplosione culturale si sviluppa nel contesto di una stagione di riforme economiche e sociali che prende il nome di New Deal (Nuovo Corso) e che viene attuata tra il 1933 e il 1937 dal presidente Franklin Delano Roosevelt.
L’Arte informale statunitense viene ben presto definita Espressionismo astratto in riferimento a una potenza cromatica di matrice espressionista declinata in un linguaggio per lo più privo di nessi figurativi. In essa, accanto a influenze europee di origine surrealista e, appunto, espressionista, convivono ascendenze primitive e popolari del continente americano che danno vita a molteplici tipologie di manifestazioni, in ogni caso accomunate da caratteri ricorrenti, come la notevole dimensione delle opere e la forza del loro contenuto gestuale.

Franz Kline

Franz Kline (Wilkes-Barre 1910-New York 1962) è uno dei principali esponenti dell’Espressionismo astratto. Nasce in Pennsylvania e negli anni Trenta studia dapprima a Boston, poi a Londra.

New York, N.Y.

Nel 1953 Kline realizza New York (17), tela di grande formato che rappresenta un omaggio alla città dove ha deciso di stabilirsi al rientro dal Regno Unito. Tre larghe strisce verticali nere sono tagliate da altrettante diagonali inclinate in maniera diversa, quasi a suggerire le immense strutture dei grattacieli e dei ponti della metropoli americana. Candide campiture si inseriscono tra i segni cupi, non a costituire un semplice sfondo, ma instaurando con essi un rapporto paritetico. Kline esegue i suoi quadri con larghi pennelli da imbianchino e con movimenti essenziali e violenti, eliminando in un primo momento qualsiasi ulteriore presenza cromatica. L’opera consente di leggere in modo immediato la gestualità rabbiosa attraverso la quale l’artista, come egli stesso afferma, «non dipinge le cose che vede, ma le sensazioni che queste ultime suscitano in lui».

Senza titolo

Nella tela Senza titolo (18) la forma vagamente rettangolare al centro è delineata mediante l’impiego di vibranti pennellate nere, viola e arancioni, su uno sfondo rosso, giallo e blu. In questa nuova fase della sua produzione pittorica, accanto al bianco e al nero, Kline utilizza la complessa tavolozza dei colori primari, dei secondari, dei complementari accostati. La scelta policromatica dei quadri dei tardi anni Cinquanta è motivata dall’autore come massima espressione di libertà.

Dossier Arte - volume 3 
Dossier Arte - volume 3 
Dal Neoclassicismo ai giorni nostri