Alberto Burri

   9.  DAL DOPOGUERRA ALLA FINE DEL NOVECENTO >> I maestri e i movimenti del secondo Novecento

Alberto Burri

Laureato in medicina, Alberto Burri (Città di Castello 1915-Nizza 1995) inizia a dipingere mentre è recluso in un campo di prigionia americano, realizzando tele influenzate dalle opere di Arp, Miró e Klee. Rientrato in Italia alla fine della guerra, rinuncia alla professione medica per dedicarsi completamente all’arte. In un totale superamento del concetto di opera come strumento di rappresentazione e di narrazione, Burri esplora le possibilità espressive di un materismo informale inedito e originale, che influenzerà molti artisti in Italia e in Europa. Egli rifiuta le tecniche tradizionali impiegando procedimenti nuovi e materiali poveri come il catrame, la sabbia, i sacchi di juta, i legni arsi, le lamiere ossidate e le plastiche. Oltre alla scelta di umili componenti extraartistici, spesso trovati nei depositi degli opifici e nelle discariche dei rifiuti, la ricerca di Burri pratica numerosi e diversificati processi di trasformazione di tali elementi attraverso incrostazioni, efflorescenze, strappi e cuciture, saldature, combustioni, impasti, essiccazioni.
La vita della materia diventa così la componente essenziale dell’opera, fino a identificarsi con essa; ecco perché i lavori dell’artista prendono il nome dai materiali e dalle tecniche utilizzati, in base ai quali è possibile identificare interi cicli creativi che si succedono nel tempo: dapprima, dall’inizio degli anni Cinquanta, Burri sviluppa le serie dei Catrami, delle Muffe e dei Sacchi; poi, tra la seconda metà degli anni Cinquanta e Sessanta, prosegue con i Legni, i Ferri, le Combustioni e le Plastiche; infine, negli anni Settanta e Ottanta, realizza i Cretti.

  › pagina 411  

Sacco B

Nonostante queste opere siano cariche di un senso di consunzione aspra e viscerale, sono al contempo pervase da un ponderato equilibrio di rapporti compositivi tra materiali, spazi e colori, in un ribadito processo dialettico tra gesto distruttivo e atto costruttivo. Ciò è dimostrato da Sacco B (14), in cui pezze di juta logore e lacerate sono ricomposte in un calibrato insieme di suture e rattoppi, a cui si aggiungono stesure pittoriche nere e lacerti plastici che emergono al di sotto del tessuto strappato. Tutto il significato dell’opera è nella sua cruda e laconica materialità.

Combustione Legno

Burri non vuole esprimere emozioni, metafore allusive o messaggi simbolici, ma intende veicolare unicamente il senso di bellezza e di pregnanza della materia e di un’azione artistica che si fa ancor più articolata in Combustione Legno (15). In questo caso la composizione include frammenti di legno, pietra pomice e plastica. Un ulteriore processo di trasformazione investe alcune parti lignee che Burri sottopone all’azione del fuoco, ottenendo superfici carbonizzate di diversa grandezza e intensità.

Rosso plastica

Il processo di combustione riguarda anche il ciclo delle Plastiche, ben esemplificato dall’opera Rosso plastica (16). Il materiale sintetico è tormentato dalla mano dell’artista che guida la fiamma: una grande lacerazione tondeggiante è l’esito estremo di un’azione che lascia ulteriori tracce in cordoni rappresi, drappeggi corrugati, nere bruciature o cauterizzazioni giallastre. Il risultato drammatico e inquietante esalta e allo stesso tempo nega la materia, manifestando un approccio espressionista del tutto peculiare.

Con i loro rigonfiamenti accidentati e con le impreviste rientranze i Sacchi, i Legni e le Plastiche mostrano la fenomenologia di una materialità in continuo fermento, che si stratifica e cresce nella terza dimensione su tele utilizzate come semplici supporti di fondo. Conciliando caratteri pittorici ed elementi scultorei, anche Burri, come Fontana, supera la tradizione e sintetizza una nuova forma di arte totale.

Dossier Arte - volume 3 
Dossier Arte - volume 3 
Dal Neoclassicismo ai giorni nostri