Dal boom economico al Sessantotto
Queste novità si spiegano con le grandi trasformazioni degli anni Cinquanta. Stati Uniti, Europa e Giappone conoscono straordinari ritmi di crescita economica, che permettono la costruzione, all’interno dei singoli Stati, di complessi sistemi di welfare (assistenza sanitaria, scuole e servizi alla persona). Il welfare contribuisce a estendere su larga scala il benessere sociale e quindi i consumi, incentivati da forme sempre più studiate di pubblicità. Insieme al cinema, alla fotografia e alla televisione – che si diffonde rapidamente in tutti i Paesi industrializzati – la pubblicità contribuisce al predominio dell’immagine sulla parola scritta. Questi processi comportano anche un’omologazione culturale che suscita la reazione di parte del mondo intellettuale. È il caso, in ambito filosofico, della Scuola di Francoforte e di Herbert Marcuse, che con il suo L’uomo a una dimensione (1964) denuncia il carattere oppressivo di una società che ingloba – e quindi neutralizza – qualsiasi pensiero critico e qualsiasi opposizione sociale.
La critica alla società capitalistica si intreccia, alla metà degli anni Sessanta, con l’opposizione alla
Guerra del Vietnam. Iniziata nel 1964 con l’occupazione dell’università di Berkeley, in California, la “contestazione giovanile” si diffonde anche in Europa, culminando nelle imponenti manifestazioni parigine del maggio 1968. Se i contenuti politici della contestazione trovano scarsa applicazione, molto più incisiva è la rivoluzione dei costumi che, anche grazie all’apporto dei movimenti
femministi, conduce a una liberalizzazione dei comportamenti sessuali e, in alcuni Paesi come l’Italia, alla riforma del diritto di famiglia (che ridimensiona il potere di mariti e padri nei confronti di mogli e figli) e alla legalizzazione del divorzio e dell’aborto.