La Nuova Oggettività tedesca
La Nuova Oggettività (Neue Sachlichkeit) rappresenta una sorta di continuazione del clima espressionista, transitato da Die Brücke al Blaue Reiter, che si coniuga con il Dada. Così come era avvenuto per l’Espressionismo e per il Dada berlinese, seppure in modi diversi, anche i temi della Nuova Oggettività sono incentrati principalmente sulla critica sociale e politica, in relazione alla difficile situazione politica che stava attraversando la Germania alla fine della guerra, da cui era uscita duramente sconfitta, sino all’ascesa di Hitler e del nazismo.
Analogamente a quanto avviene per il Realismo magico italiano, anche nell’opera di alcuni artisti tedeschi appartenenti alla Nuova Oggettività si coglie questo bilico fra realismo della rappresentazione
e atmosfera sospesa e allucinata, che tuttavia si spinge verso esiti diversi rispetto alle coeve ricerche italiane, per le differenti radici che alimentano la cultura artistica tedesca.
Fra i principali protagonisti della Nuova Oggettività possiamo annoverare Otto Dix e George Grosz.
Formatosi nel clima di Die Brücke e del Blaue Reiter, la pittura di Otto Dix (Untermhaus 1891-Singen 1969) assume una propensione drammatica, alimentata altresì dall’attenzione verso la ricerca di Van Gogh e di Munch. Dix aderisce poi al Dada berlinese, che da una parte implica un’incursione verso temi di critica della società borghese e delle assurdità della guerra e dall’altra lo indirizza verso l’esplorazione di tecniche extrapittoriche con l’inserimento sulla tela di pezzi di carta e di stoffa. Si veda un’opera come Via di Praga (71): al centro della composizione è collocato un uomo deforme, mutilato in guerra, con le gambe e il braccio sinistro monchi, completamente emarginato da tutti quei personaggi che corrono veloci e inorriditi, anch’essi mostruosi e simili a degli automi, ad accentuare la desolazione e la follia di una società in piena decadenza. Anche quando la propensione grottesca si attenua, come nel Ritratto della giornalista Sylvia von Harden
(72), permane il senso di desolazione provato dall’artista verso la classe borghese al potere. Alla moda e all’avanguardia, questa donna che si concede i piaceri della vita in una pausa al bar è però avvolta da un senso di solitudine e da un’atmosfera di straniante allucinazione, a cui concorrono i particolari inquietanti del monocolo, delle mani esagerate, dello sguardo e dell’atteggiamento maschile, che sembra negare ogni indizio di femminilità, come suggerisce l’abito rigoroso che nasconde pesantemente le forme del corpo.