Ghiacciaio
Una delle opere di più grandi dimensioni realizzate dell’artista è Ghiacciaio (37):
il dipinto è apprezzato dal pubblico e dalla critica fin dalla sua prima apparizione a Milano nel
1906, tanto da valergli il prestigioso Premio Principe Umberto, che però Longoni rifiuta con gesto
sprezzante verso quella critica retrograda che l’aveva sempre avversato. Ghiacciaio si apre con un’inquadratura
ampia, che dalle rocce in primo piano si arresta ben presto, lasciando immaginare la presenza di
un ampio crepaccio o un avvallamento che sbalza lo sguardo in lontananza. Una resa prospettica tanto
“fisica”, unitamente alla mancanza di dettagli naturalistici descrittivi, lascia emergere la lotta dell’artista con
il luogo – il ghiacciaio del Bernina ad alta quota – come fosse un
“corpo a corpo” tra l’uomo e la natura, secondo modalità ben note al Romanticismo.
La tavolozza è composta di colori puri accostati secondo le regole
del Divisionismo che, evidentemente, nel 1906 è ancora un linguaggio di successo. Longoni dedica al primo piano
una pittura
materica, in particolare là dove la lingua di ghiaccio scende nel crepaccio, mentre è più fluido – e luminoso –
sullo sfondo dove il cielo è appena mosso da qualche nuvola.