Dossier Arte - volume 3 

   5.  DAL POSTIMPRESSIONISMO AL SIMBOLISMO >> Il Postimpressionismo

Emilio Longoni: il fascino della montagna

Dopo una formazione all’Accademia di Brera, tra il 1875 e il 1878, è proprio Segantini – incontrato nel 1882 – a spingere Emilio Longoni (Barlassina 1859-Milano 1932) verso una pittura divisionista. L’artista lombardo aveva allora sviluppato un filone legato a soggetti alpestri, osservati dal vero durante lunghi soggiorni in Engadina. Al pari di Segantini, le Alpi e i loro immensi ghiacciai sono fonte d’ispirazione anche per Longoni che, dotato di una capanna smontabile, trascorre lunghe giornate in alta montagna, in Valtellina e in Engadina.

Ghiacciaio

Una delle opere di più grandi dimensioni realizzate dell’artista è Ghiacciaio (37): il dipinto è apprezzato dal pubblico e dalla critica fin dalla sua prima apparizione a Milano nel 1906, tanto da valergli il prestigioso Premio Principe Umberto, che però Longoni rifiuta con gesto sprezzante verso quella critica retrograda che l’aveva sempre avversato. Ghiacciaio si apre con un’inquadratura ampia, che dalle rocce in primo piano si arresta ben presto, lasciando immaginare la presenza di un ampio crepaccio o un avvallamento che sbalza lo sguardo in lontananza. Una resa prospettica tanto “fisica”, unitamente alla mancanza di dettagli naturalistici descrittivi, lascia emergere la lotta dell’artista con il luogo – il ghiacciaio del Bernina ad alta quota – come fosse un “corpo a corpo” tra l’uomo e la natura, secondo modalità ben note al Romanticismo.
La tavolozza è composta di colori puri accostati secondo le regole del Divisionismo che, evidentemente, nel 1906 è ancora un linguaggio di successo. Longoni dedica al primo piano una pittura materica, in particolare là dove la lingua di ghiaccio scende nel crepaccio, mentre è più fluido – e luminoso – sullo sfondo dove il cielo è appena mosso da qualche nuvola.

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Dal Neoclassicismo ai giorni nostri