Il Neoimpressionismo o Pointillisme

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Il Neoimpressionismo o Pointillisme

Il termine “Neoimpressionismo” indica una corrente artistica successiva all’Impressionismo; essa ne rappresenta, in un certo senso, gli sviluppi più estremi. Il Neoimpressionismo tenta infatti di applicare un metodo scientifico alla scomposizione dell’immagine e alle combinazioni cromatiche nella rincorsa comune a una pittura capace di catturare la vivacità dell’attimo. All’ultima Esposizione degli impressionisti, nel 1886, Georges Seurat e Paul Signac – i due protagonisti del Neoimpressionismo – si differenziano dal resto del gruppo per il rigore pittorico: i loro dipinti si fondano su un preciso disegno sottostante e su una prospettiva scientifica che colloca puntualmente le figure nello spazio. Il colore è steso con altrettanto controllo: la tela è preparata con una superficie omogenea sulla quale vengono giustapposti precisi tocchi di colore, piccoli punti fisicamente distaccati che nella percezione finale assumono un tono omogeneo. Questo è possibile alla retina dell’occhio umano che, a distanza opportuna, sintetizza i punti in un colore uniforme. Proprio per la forma circolare del tocco del pennello, il Neoimpressionismo si identifica anche come Puntinismo, dal termine francese Pointillisme.

Georges Seurat

Georges Seurat (Parigi 1859-1891) elabora il proprio linguaggio artistico partendo da alcuni punti saldi: un’educazione accademica d’impronta ingresiana – studia infatti all’Accademia di Belle Arti di Parigi con Henri Lehmann – abbinata a una profonda ammirazione per l’equilibrio formale di Hans Holbein (1497-1543) e per il classicismo seicentesco di Poussin. La pittura di Seurat si basa dunque sul rigore del disegno e sulla ricerca di una costruzione pulita nella quale le figure godano di rapporti armonici e perfettamente bilanciati. Quando dunque Seurat si avvicina al gruppo degli impressionisti perché affascinato dall’idea di una pittura en plein air, e ancor più dalla possibilità di allargare i soggetti dell’arte al quotidiano, lo fa senza abbandonare alcune abitudini dell’Accademia: anzi, portando la severità della norma alle sue estreme conseguenze.

Bagno ad Asnières

In Seurat l’immagine è resa con il massimo controllo: nulla è lasciato all’improvvisazione, tanto da sospendere la scena in una dimensione d’attesa che è pressoché estranea agli impressionisti. Anche nel Bagno ad Asnières (27), che mostra cinque ragazzi mentre trascorrono la giornata sul bordo della Senna, l’azione è congelata dalla freddezza della tecnica. È un’opera realizzata in ben quattro anni, trascorsi tra studi sulla composizione e sulla stesura del colore. Esistono infatti almeno dodici tavolette di studio realizzate en plein air, nove disegni preparatori eseguiti in studio per poter meglio scegliere la posizione dei cinque giovani e la loro collocazione nella prospettiva della scena che si basa sulla simmetria e l’ordine geometrico, costruito sul rapporto tra direttrici orizzontali e verticali, con una serie di diagonali che creano il senso di profondità. Il colore è steso per tocchi regolari che seguono un disegno netto affidando i contrasti cromatici ai soli bianchi e neri. Anche l’ambientazione popolare – Asnières era una località non lontana da Clichy, zona che cominciava a essere densamente industrializzata come mostra lo sfondo del dipinto – non traspare con evidenza perché anch’essa sospesa nell’immobilità della scena. Il tentativo di conciliare un soggetto impressionista con una tecnica pressoché meccanica fa sì che il dipinto venga accolto con distacco dagli impressionisti e rifiutato dalla giuria del Salon del 1884. Seurat può esporlo alla prima Esposizione degli Indipendenti, che apre i battenti proprio nella primavera del 1884 con oltre 400 partecipanti.

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Una domenica pomeriggio all’isola della Grande Jatte

Due anni più tardi, in occasione dell’ultima Esposizione degli impressionisti, Seurat presenta il suo dipinto più celebre, Una domenica pomeriggio all’isola della Grande Jatte (28), luogo di ritrovo prediletto della classe alto-borghese parigina. Anche in questo caso la realizzazione finale del dipinto è preceduta da tre anni di elaborazione: dal 1884 al 1886 Seurat si reca sovente sulla grande isola della Senna per poter studiare dal vero gli effetti della luce, scegliere quali personaggi rappresentare e le loro pose. Realizza numerose tavole di studio e ben tre tele-bozzetto, così da raggiungere un controllo pressoché totale sulla scena. Il dipinto è un insieme di figure in perfetta relazione l’una con l’altra, segnate da una profonda solennità, che guardano frontalmente o si pongono di profilo .
La costruzione dell’immagine, resa dall’incrocio di linee orizzontali e verticali, che aveva già proposto col Bagno ad Asnières, viene qui amplificata dall’uso del contrasto luminoso: sono le ombre a stabilire lo scandirsi delle figure nello spazio. I personaggi divengono sagome. Il dipinto offre tanti piccoli dettagli che rimandano a un universo borghese – i vogatori sullo sfondo, il ventaglio in primo piano, il cappellino e l’ombrellino accanto alla fanciulla seduta nell’erba, la donna in primo piano con l’enorme gonna a tournure, rigonfiata sul retro, che tiene al guinzaglio una scimmietta – e che Seurat pone senza che nessun elemento prevalga sull’altro. Un soggetto pienamente impressionista è dunque restituito con una tecnica che è quanto di più distante dall’immediatezza dell’attimo e dalla freschezza dell’istantanea.

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Il circo

Tra il 1887 e il 1889 Seurat si avvicina al mondo dello spettacolo e del circo. Quest’ultimo diviene il soggetto della sua ultima tela, realizzata fra il 1890 e il 1891, Il circo (29), prima di una morte prematura che lo coglie a soli trentadue anni.
La tela mostra una quarantina di spettatori che osservano le evoluzioni di una cavallerizza e di un acrobata. Il clown di spalle in primo piano, che urla e gioca con un nastro giallo, ancor prima di essere un elemento narrativo è un elemento che blocca la visuale, enfatizzando il senso della circolarità della scena. Rispetto ai dipinti precedenti, qui Seurat si concentra sulla resa del movimento, tradotto attraverso la definizione di linee di forza curve che svettano verso l’alto. Anche la predominanza di colori caldi, in particolare il giallo e il rosso, rischiarati dal bianco, contribuisce alla vivacità del dipinto che ha al contempo abbandonato ogni possibile rimando alla ricerca di naturalismo.
Lo spaccato di vita proposto da Seurat è più che mai un’operazione intellettuale: Seurat vuol dimostrare come le forme e il colore possano agire sulla psiche umana e sulla percezione. La mente avverte la linea curva come sinonimo d’energia e gaiezza che, in questo caso, si addice alla situazione circense.

Dossier Arte - volume 3 
Dossier Arte - volume 3 
Dal Neoclassicismo ai giorni nostri