Paul Cézanne

   5.  DAL POSTIMPRESSIONISMO AL SIMBOLISMO >> Il Postimpressionismo

Paul Cézanne

Figlio di un ricco banchiere, Paul Cézanne (Aix-en-Provence 1836- 1906) si afferma come artista solamente dopo i sessant’anni. Frequenta l’ottimo collegio Bourbon di Aix-en-Provence, peraltro negli stessi anni in cui è iscritto anche Émile Zola. Dopo qualche corso di disegno, nel 1861 si trasferisce a Parigi dove tenta invano di entrare all’École des Beaux-Arts, ripiegando poi sull’Accademia Svizzera. A Parigi entra in contatto con gli impressionisti, prediligendo l’amicizia di Pissarro, che lo invita a prendere parte alla Prima Esposizione del gruppo da Nadar. Al contempo egli è sistematicamente escluso dal Salon ufficiale, una frustrazione che inasprisce i lati più oscuri del suo carattere già piuttosto schivo, ipersensibile e tormentato.
A partire dagli anni Ottanta dell’Ottocento la sua ricerca pittorica assume caratteristiche originali, anomale anche rispetto alla pratica degli impressionisti, ai quali deve però il grande insegnamento della pittura en plein air e della luminosità intrinseca ai colori stessi. La ricerca di Cézanne va ben oltre la rappresentazione o l’impressione del soggetto: egli intende restituirne l’essenza. La pittura è per lui uno strumento d’indagine, un’operazione intellettuale che mira a oltrepassare la lettura sensibile della natura. La percezione va superata attraverso un processo mentale: l’occhio, se supportato dalla razionalità, può svelare nuove visioni. In una celebre lettera dell’aprile del 1904, indirizzata all’amico artista Émile Bernard (1868- 1941), Cézanne afferma con chiarezza come la natura vada trattata «secondo il cilindro, la sfera, il cono, il tutto posto in prospettiva, in modo che ogni lato di un oggetto o di un piano si diriga verso un punto centrale». Questa frase, che bene esplicita la volontà di sintetizzare le immagini attraverso forme geometriche artificiali, fa di Cézanne un precursore della ricerca cubista d’inizio Novecento.

L’esordio impressionista

La casa dell’impiccato, Auvers-sur-Oise

Benché la pittura di Cézanne muova da presupposti impressionisti, La casa dell’impiccato, Auvers-sur-Oise (5), che per altro è presentato alla Prima Esposizione impressionista nel 1874, mostra una durezza stilistica, data dagli angoli spigolosi e da una stesura pittorica drammaticamente irregolare, che lo distingue dal gruppo.
Realizzato tra il 1872 e il 1873 presso Auvers-sur-Oise, un villaggio a una trentina di chilometri da Parigi, il dipinto restituisce il paesaggio secondo una prospettiva estremamente audace: tutte le linee di forza convergono al centro del quadro in maniera quasi asfittica, come se lo sguardo fosse imprigionato tra le case e il muro in primo piano. Il rigore della prospettiva tradizionale è assente; i piani si sovrappongono e si confondono in una dimensione di generale piattezza: gli alberi di fronte alla casa, l’abitazione stessa di fronte al paesaggio e il muro laterale non hanno profondità. Se da un lato la pennellata è rapida, in linea con la tecnica immediata dell’Impressionismo, allo stesso tempo i contorni sono fissati con chiarezza e la materia cromatica presenta una certa granulosità. Inoltre la tela non è per nulla vivace, si limita ai toni dell’ocra – accesi da qualche tocco di bianco sulle pareti della casa – e a un verde assai cupo. Ogni elemento del dipinto, dal titolo che rimanda a un avvenimento tragico alle scelte stilistiche, concorre a creare un clima claustrofobico, un senso di angoscia accentuato anche dal fatto che non vi è alcuna traccia di presenza umana e il paesaggio sembra immobile. Il soggetto così esplicito e una scelta stilistica tanto irriverente attirarono sia gli attacchi della critica sia una certa diffidenza da parte degli impressionisti stessi. Manet, per esempio, si dimostrò sempre scettico verso la “la pittura sporca” di Cézanne.

L’evoluzione verso una pittura di sintesi

Nel corso degli anni Ottanta, come si è detto, la distanza di Cézanne dagli impressionisti diviene incolmabile: la sua tavolozza è sempre più contrastata, le pennellate si fanno brevi, nervose, stese persino in obliquo; il contorno delle forme acquisisce uno spessore sempre maggiore in una prospettiva smontata e ricomposta attraverso il rigore delle forme geometriche.

I giocatori di carte

Tutti questi elementi compaiono con evidenza ne I giocatori di carte (6), soggetto al quale l’artista dedica ben cinque tele: il tema, certamente d’ispirazione caravaggesca – Cézanne ha potuto ammirare i Giocatori di carte attribuito ai fratelli Le Nain, caravaggeschi francesi attivi all’inizio del XVII secolo, e custodito nel museo di Aix-en-Provence – è riletto attraverso l’esperienza della frequentazione delle osterie di campagna. L’uomo con la pipa è stato talvolta identificato con il giardiniere che i Cézanne impiegavano a Jas de Bouffan, nel Sud della Francia.
Attraverso la frontalità delle silhouettes allungate, Cézanne riesce a ricostruire la concentrazione dei due giocatori, immobili e in silenzio nel momento che precede il lancio della carta. Le due figure si contrappongono di profilo di fronte a uno specchio – elemento ricorrente anche dei dipinti d’interno impressionisti – che complica ulteriormente la sovrapposizione dei piani. La bottiglia, colpita da un tassello luminoso, è l’asse portante della scena e la divide in due zone simmetricamente opposte che sottolineano la tensione psicologica tra i due giocatori.
La scelta cromatica, eccezionalmente vivace e slegata dall’elemento naturalistico, allontana il soggetto dalla realtà elevandolo dal quotidiano a una dimensione aulica, risultato della visione dell’artista stesso .

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Natura morta con mele e vaso di primule

La scomposizione della prospettiva, l’utilizzo costruttivo del colore e della geometria si fanno evidenti nella Natura morta con mele e vaso di primule (7). La mela è uno dei soggetti prediletti dall’artista, che avrebbe affermato «voglio stupire Parigi con una sola mela». Stupire con una mela significa stravolgere la norma della pittura francese e rappresentare il frutto più comune non attraverso il virtuosismo accademico, ma con l’analisi geometrica: in altre parole, restituire il frutto attraverso la sfera. La modernità di Cézanne sta nella continua ricerca di semplificazione delle forme per giungere all’essenza dell’oggetto. Alla ricerca naturalistica Cézanne preferisce l’artificiale accartocciarsi della tovaglia sul tavolo: il suo biancore accende il dipinto e sottolinea ancora di più il contorno nero della frutta. La prospettiva è plurima, permette di vedere la parte frontale del tavolo e al contempo quello che ci sta sopra, appiattendo il mobile contro un fondo uniformemente verde. La presenza del vaso di primule che ingentilisce la generale durezza geometrica con la quale Cézanne tratta gli elementi della scena è piuttosto rara per l’artista. Sappiamo tuttavia che il pittore non ama i fiori perché appassiscono durante il tempo di posa.

Donna con caffettiera

Con buona probabilità il vaso di primule apparteneva al giardino della sua dimora di famiglia a Jas de Bouffan, in Provenza, dove qualche anno dopo avrebbe ritratto la domestica nel celebre Donna con caffettiera (8), un dipinto che bene mostra la fase matura di Cézanne. Il soggetto non risponde alle regole canoniche del ritratto, ma è piuttosto un’interpretazione della figura della donna e dell’ambiente che la circonda, resi per forme geometriche dai contorni taglienti. Attraverso un’attenta analisi, ogni elemento del dipinto è scomposto per forme geometriche in un’accentuata verticalità. La prospettiva non rispetta la scansione realistica dei piani, sovrapponendo simultaneamente più punti di vista in una generale ieraticità: la donna, la caffettiera e la tazza sono presenze statiche e pressoché immobili, che si staccano dal fondo con netta plasticità. La durezza del tratto non impedisce al quadro di rivelare un sottile passaggio psicologico: il lieve sorriso della donna e lo sguardo indefinito in una tonalità scurissima restituiscono l’evidente senso di consuetudine tra l’artista e la sua domestica.

Dossier Arte - volume 3 
Dossier Arte - volume 3 
Dal Neoclassicismo ai giorni nostri