5. DAL
POSTIMPRESSIONISMO
AL SIMBOLISMO >> Il Postimpressionismo
L’astrazione del dato naturale
Anni più tardi, ma sempre in Provenza, Cézanne trascorre giornate intere a osservare la montagna Sainte-Victoire.
Al pari di quello che fu la cattedrale di Rouen per Monet, Cézanne dedica almeno venti
versioni tra olii e acquerelli al promontorio non distante da Aix-en-Provence. Muta appena il suo punto di vista,
fissato nel suo studio a Lauves, esattamente sulla collina di fronte a Sainte-Victoire.
La montagna Sainte-Victoire vista dai Lauves
La versione terminata nel 1906 (9) è la stessa che viene esposta
in occasione della personale al Salon d’Automne del 1907, quando l’artista era già scomparso da mesi.
Essa esemplifica l’evoluzione del percorso linguistico di Cézanne, che da un esordio ancora attribuibile,
pur con alcune forzature, all’ambito impressionista giunge a sfiorare l’astrazione. Ogni elemento
del paesaggio è scomposto geometricamente: le volumetrie sono rese per tessere di colore autonome rispetto a un contorno ormai frantumato. Cezanne confessa a Émile Bernard nel 1905 di perseguire
con ostinazione «la realizzazione di quella parte della natura che, cadendo sotto i nostri occhi,
ci dona il quadro. Per me, vecchio di quasi sessant’anni, le sensazioni di colore che genera la luce
sono causa di astrazioni che mi impediscono di comporre la tela e di raggiungere il limite degli
oggetti quando i punti di contatto sono tenui, delicati; per questo accade che l’immagine o il quadro
siano incompleti». Il pittore supera l’immediatezza del dato sensibile per tradurlo in un’immagine
che perdura nel tempo, che lega indissolubilmente l’oggetto all’osservatore. La pittura di Cézanne
richiede uno sforzo intellettuale; è l’occhio umano che deve ricomporre le
campiture e riconoscere il soggetto e la prospettiva in un vorticoso incrocio di pennellate. Anche la linea dell’orizzonte
è appena percettibile alla base della montagna. I colori si accostano e talvolta si sovrappongono
in una scelta limitatissima che individua gli elementi essenziali del soggetto: il blu del cielo,
il verde della vegetazione, gli ocra della terra e i grigi delle costruzioni, lasciando spesso zone
aperte, in cui il bianco dell’imprimitura di base anima ulteriormente la scena e rende arioso l’insieme.
È Cézanne stesso a dichiarare apertamente l’intento della sua pittura. «Ora, la natura, per noi uomini,
è più profonda che in superficie, e da ciò la necessità di introdurre nelle nostre vibrazioni di
luce, rappresentate dai rossi e dai gialli, una somma sufficiente di colori azzurrati per far sentire
l’aria». L’evoluzione
della pittura di Cézanne appare ancora più evidente nel confronto tra il dipinto esposto nel 1907 e una versione
dello stesso soggetto realizzata attorno al 1890 (10). Al principio
l’artista tiene ancora conto di elementi compositivi canonici: un muro in primo piano, assieme agli
alberi poco distanti, definisce la scansione della prospettiva. Gli elementi del paesaggio sono ancora
chiaramente riconoscibili: il bosco, le case, l’acquedotto romano in lontananza e il profilo definito
della montagna. Le tinte, pur con una certa predominanza di verde, ocra e grigio, mantengono un legame
con la realtà e sembrano accese dalla luce calda del Sud.