Dossier Arte - volume 3 

   4.  LA STAGIONE DELL’IMPRESSIONISMO >> L’Impressionismo

Camille Pissarro

Nativo delle Antille danesi, Camille Pissarro (Charlotte Amalie 1830-Parigi 1903) si trasferisce nel 1855 a Parigi, dove segue i corsi dell’Accademia di Belle Arti e in seguito dell’Accademia Svizzera, preferendo infine a entrambe ambienti artistici alternativi, dove incontra sia Monet sia Cézanne. È tra i più convinti sostenitori dell’Impressionismo: si occupa di persona dell’organizzazione della Prima Mostra del gruppo e partecipa a tutte le edizioni successive, fino al 1886, dimostrando un personale interesse verso gli esiti pittorici che seguiranno l’Impressionismo, in particolare per Cézanne e i puntinisti.

Viale della Tour-du-Jongleur e la casa del signor Musy, Louveciennes

Allo scoppio della Guerra franco-prussiana (1870) Camille Pissarro, avendo passaporto danese, evita di arruolarsi e ripara con la famiglia a Norwood, un villaggio alle porte di Londra. Nella capitale inglese conosce il mercante Paul Durand-Ruel che lo accoglie tra gli artisti da lui sostenuti vendendo diversi dei suoi dipinti. Il lungo soggiorno inglese coincide con l’attento studio dei paesaggi di Turner e Constable che convincono definitivamente Pissarro della necessità di una presa diretta dal vero quale unica via per una resa vivace del dato atmosferico. Al suo ritorno in Francia, nel 1871, l’influenza dei due paesaggisti inglesi appare evidente nelle vedute di Louveciennes, paese a ovest di Parigi, trattate ora con maggiore ariosità. La veduta realizzata attorno al 1872 (26) lascia il primo piano al viale sterrato segnato dal passaggio dei carri e l’orizzonte, piuttosto basso, dà ampio spazio a un cielo percorso da nuvole spumeggianti, soluzione già adottata da Constable. Anche la resa cromatica risente dell’esperienza inglese: la pennellata, stesa per campiture più ampie, è differente dal tocco tipico dell’Impressionismo.

I tetti rossi, angolo di villaggio, effetto d’inverno

La pittura di Pissarro si concentra principalmente su paesaggi, osservati rigorosamente dal vero, nei quali la figura umana è pressoché assente. Ne è uno splendido esempio I tetti rossi, angolo di villaggio, effetto d’inverno (27), il cui titolo rivela già la dimensione programmatica dell’opera. Pissarro non intende cogliere l’attimo tipico dell’Impressionismo “puro”, ma la sua veduta è il frutto di un’elaborazione attenta e consapevole. Il paesaggio è restituito attraverso la successione di piani paralleli, nei quali gli elementi si rimpiccioliscono creando un senso prospettico proprio a partire dal ramo in primo piano. La visione dell’insieme è disturbata dall’intrico degli alberi spogli che ostacolano la vista sulle case. Ogni elemento che potrebbe ricondurre alla narrazione di un evento all’interno della scena è accuratamente evitato, affinché il paesaggio sia l’unico protagonista del dipinto. La luce è diffusa su tutta la tela con egual intensità, appiattendo la vivacità dei toni e lasciando emergere unicamente i bianchi degli intonaci. Il «bel dipinto, una piccola casa nascosta nella foresta» viene notato da Alexandre Descubes, critico della “Gazette des lettres, des sciences et des arts” alla Terza Mostra degli impressionisti nel 1877 «per la fermezza e la semplicità del tocco». Alla stessa mostra non sembra aver preso parte Cézanne, del quale Pissarro tenne certamente conto nell’elaborazione de I tetti rossi.

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Giovane contadina che accende il fuoco. Gelata bianca

I soggetti del mondo contadino sono ricorrenti in Pissarro, che li propone senza la vena sociale del realismo di Millet, trattando le figure come un semplice elemento del paesaggio. In Giovane contadina che accende il fuoco. Gelata bianca (28) la donna sta spezzando un ramo per alimentare il fuoco sul quale una bambina stende le mani per riscaldarsi. Il paesaggio di pianura fugge in prospettiva verso un orizzonte regolato dalla scansione di una fila di alberi in lontananza. La predominanza di colori freddi rende il rigore delle prime ore del mattino in cui la luce del sole è ancora fioca. La scena è resa con una luce dolce e agglutinante e con un controllo della pennellata che rimanda alla lentezza del gesto, prerogativa distante dall’immediatezza impressionista. Il dipinto è la prova di come, benché Pissarro fosse uno dei padri fondatori dell’Impressionismo, a partire dal 1886, s’interessi anche alle ricerche pittoriche del più giovane Georges Seurat (► p. 191). L’atteggiamento curioso e aperto dell’artista è testimoniato anche dalla sua presenza alla mostra del Gruppo dei XX a Bruxelles nel 1889, dove espone proprio Gelata bianca. L’interesse per Seurat non prenderà mai la forma di una vera adesione alla tecnica neoimpressionista: egli cercherà piuttosto una via di compromesso, una rielaborazione personale della scomposizione proposta dai puntinisti, ma meno estrema, con maggior rispetto delle tinte naturali e una pennellata che ha ancora l’incisività del tocco. Un’ambiguità sottolineata anche da Paul Signac quando scrive che Pissarro «cerca l’unità nella varietà, noi [i puntinisti] la varietà nell’unità».

Dossier Arte - volume 3 
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Dal Neoclassicismo ai giorni nostri