DOSSIER: L’assenzio
dossier l'opera
Edgar Degas
L’ASSENZIO
- 1873
- olio su tavola, 92x68,5 cm
- Parigi, Musée d’Orsay
Il tempo e il luogo
L’assenzio è un’opera del 1873 che Degas consegna al suo mercante solo tre anni più tardi, in
un momento di difficoltà finanziaria.
Nel maggio del 1876 l’artista si reca di persona da Charles W. Deschamps che, dopo anni di esperienza
accanto a Durand-Ruel, dal 1875 aveva proseguito il mestiere autonomamente.
La descrizione e lo stile
Il dipinto mostra due avventori del caffè Nouvelle-Athènes, locale alla moda di Place Pigalle, non distante
da Montmartre, dove abitava buona parte della
bohème del tempo. Le due figure sono sedute allo stesso tavolo ma non si rivolgono la parola:
la donna è completamente assorta nei propri pensieri, mentre l’uomo sembra attirato da qualcosa che
sta accadendo al di fuori della scena. La donna fissa il tavolo sul quale è appoggiato un bicchiere
di assenzio, un liquore altamente alcolico e pressoché velenoso, che infatti di lì a poco sarebbe
stato vietato.
L’inquadratura è completamente decentrata, il fulcro del dipinto
è una caraffa d’acqua trasparente: l’angolo di tavolo in primo piano sul quale è appoggiata una pipa
lascia intendere che qualcuno stia osservando lo stesso spettacolo. La prospettiva è innaturale, non rispetta calcoli scientifici: il tavolo in primo piano sembra
visto dall’alto mentre, in secondo piano, le figure sono osservate frontalmente e i tavoli del locale
fuggono in diagonale. La scelta di tagliare alcuni dettagli della figura dell’uomo – la pipa, il
braccio, la punta della scarpa – dona al dipinto il senso dell’attimo rubato.
L’immediatezza de L’assenzio è in realtà ancora una volta il risultato di un calibrato
studio d’atelier. Il dipinto non fu realizzato sul posto, ma nello studio di Degas dove l’attrice
Ellen Andrée (1857-1925) e Marcellin Desboutin (1823-1902), pittore e incisore amico di Degas, posarono
per lunghe sedute. I tratti riconoscibili costarono ai due modelli la reputazione: Degas fu infatti
costretto a una pubblica smentita poiché il pubblico credeva che i due personaggi fossero davvero
degli alcolisti. Degas è in effetti impietoso nella resa dell’alienazione della donna che, d’un pallore
malsano, abbassa lo sguardo priva di ogni speranza di redenzione; l’uomo, al contrario, palesa un
imperturbabile distacco. Entrambi sono personaggi volgari, come si evince dall’analisi dei dettagli
degli abiti sgualciti, e in particolare dalla posa: le spalle inclinate di lei, le punte delle scarpe
che guardano verso l’esterno, il cappello scostato dalla fronte di lui che è già di per sé una figura
assai goffa. Come accade nel Ritratto della famiglia Bellelli (► p. 142)
il silenzio, dato dalla mancanza di comunicazione tra le due figure, crea un senso di sospensione
della scena che diviene una percettibile sensazione di claustrofobica angoscia.
Degas è attento a non accendere la tavolozza con tinte che potrebbero ingentilire il dipinto: la
tela è interamente risolta con toni tra l’ocra e il grigio. La scelta cromatica
così limitata rispecchia la povertà, reale e morale, dei due avventori. Il dipinto, tecnicamente
impressionista nell’uso del colore e nell’immediatezza della resa, è anche una pagina di crudo realismo,
tanto da divenire spunto per il romanzo L’Assommoir (L’Ammazzatoio) di émile Zola.
Pubblicato nel 1877, consacrò la reputazione dello scrittore e, al contempo, portò l’attenzione del
pubblico sul dilagante fenomeno dell’alcolismo, diffuso soprattutto nelle classi popolari.
dossier i confronti
Il soggetto – una donna alienata al tavolino di un caffè – è ripreso cinque anni più tardi da Manet con
La prugna (1878), nel quale però la donna, probabilmente una prostituta in attesa del prossimo cliente,
mantiene un’aria più leziosa.
E, all’apertura del nuovo secolo, anche Pablo Picasso, memore del dipinto di Degas, affronta il
tema del consumo d’assenzio in un capolavoro del periodo blu.
Dossier Arte - volume 3
Dal Neoclassicismo ai giorni nostri