DOSSIER: Olympia

   dossier l'opera 

Édouard Manet

OLYMPIA


Il tempo e il luogo

Realizzato pochi mesi dopo La colazione sull’erba, Olympia è inaspettatamente accettato al Salon del 1865, anche se viene esposto in una posizione defilata rispetto agli altri dipinti, nella speranza che venga notato il meno possibile. Il dipinto suscita comunque grande scalpore a causa della trattazione tanto esplicita del tema della prostituzione.

La descrizione e lo stile

Manet dipinge una donna seminuda, nel cui volto si riconoscono di nuovo i tratti della sua modella Victorine Meurent, sdraiata su un letto disfatto, mentre lancia uno sguardo seducente e malinconico allo spettatore. Sullo sfondo si affacciano due figure: una domestica di colore che le sta portando un mazzo di fiori, evidente dono di un ammiratore, e un gatto nero che, saltato impunemente sul letto, rizza il pelo come se qualcuno lo stesse minacciando. La presenza dell’animale accentua l’effetto di immediatezza della scena e da un punto di vista simbolico rappresenta un emblema di lussuria e tradimento.
La posa di Olympia è sprezzante, non solo per lo sguardo, ma soprattutto per la mano sinistra maliziosamente posta sul pube in un gesto di falso pudore. Manet recupera la posa da alcune foto pornografiche che circolavano clandestinamente sul mercato parigino, nonché una gestualità proposta sovente nelle Veneri della tradizione pittorica del Cinquecento veneto. Non servono altri indizi per intuire che Manet sta ritraendo una prostituta, che non a caso porta il nome di Olympia, uno degli appellativi più diffusi tra le donne che svolgevano quella professione. Olympia indossa una sola pantofola, la sinistra, mentre il piede destro è scalzo in un gesto che sottolinea l’atteggiamento irriverente della seduttrice.
Nonostante gli espliciti rimandi ai grandi capolavori del passato, il dipinto fu duramente attaccato, sia dal punto di vista contenutistico – il soggetto fu ritenuto eccessivamente volgare – sia da quello tecnico, poiché si accusò Manet di non saper utilizzare il chiaroscuro nella resa volumetrica dei corpi. In realtà la tecnica di Manet è una scelta precisa e ponderata: la tattilità del corpo è resa attraverso il contrasto cromatico; anche il dettaglio del nastrino di velluto nero al collo fa ulteriormente risaltare il candore della carne.
La predominanza di un bianco abbagliante ne fa un dipinto di straordinaria luminosità. La modernità pittorica di Manet sta proprio nell’aver preferito la giustapposizione netta tra colori caldi e freddi, rispetto al classico passaggio chiaroscurale imposto dalla regola accademica. Ciò porta inevitabilmente a un appiattimento delle forme, che divengono sagome dai contorni ben definiti, trovando una naturale consonanza con le immagini degli artisti giapponesi in circolazione.

   dossier i confronti 

Il nudo femminile sdraiato è un soggetto ampiamente trattato nella storia dell’arte, dalla statuaria antica alla Paolina Borghese di Antonio Canova.
Manet sviluppa una carnalità della figura che affonda le radici nella tradizione delle Veneri del Cinquecento veneto, prima fra tutte la celebre Venere di Urbino che Tiziano Vecellio dipinge nel 1538 e che certamente è nota all’artista francese.
Con la dea tizianesca Olympia condivide la posa – inclusa la posizione della mano sinistra – il bracciale al polso destro e la scelta di un lenzuolo completamente bianco per accendere la luminosità del dipinto e far risaltare l’incarnato.


Manet rielabora anche le due versioni della Maya (Maya nuda e Maya vestita) di Francisco Goya (1800), trattenendo dallo spagnolo lo sguardo ammaliatore e il dettaglio della ciabattina che sottolinea il carattere intimo dell’ambientazione.

Dossier Arte - volume 3 
Dossier Arte - volume 3 
Dal Neoclassicismo ai giorni nostri