Édouard Manet

   4.  LA STAGIONE DELL’IMPRESSIONISMO >> L’Impressionismo

Édouard Manet

Édouard Manet (Parigi 1832-1883) cresce in una famiglia privilegiata: il padre è un giudice influente e la madre, figlia di un diplomatico, è la figlioccia del re di Svezia. Inizialmente contraria alle velleità artistiche del figlio, la famiglia ne accetta l’inclinazione, ma gli impone quanto meno un’educazione rigorosa e lo iscrive ai corsi di pittura che Thomas Couture (1815-1879) teneva nel proprio atelier. Al contempo Manet si dedica all’esercizio di copia dei grandi capolavori presenti al Louvre. Nonostante una formazione canonica, dimostra fin da subito un sincero interesse per i soggetti realisti, tanto da divenire un precoce punto di riferimento per il gruppo degli impressionisti che si andava costituendo. Benché Manet non partecipi mai alle esposizioni ufficiali del gruppo impressionista, ne è sostenitore e, in fondo, anche un anticipatore.

Scandalo al Salon des Refusés

Nel marzo del 1863, a causa dell’altissimo numero di dipinti rifiutati dalla giuria del Salon ufficiale, Napoleone III impone alla sua amministrazione la creazione di un evento espositivo alternativo: nasce così il Salon des Refusés (Salone dei Rifiutati) che, proprio nella sua prima edizione, deve affrontare lo scandalo di un dipinto tanto audace e innovativo come La colazione sull’erba (1) di Manet.

La colazione sull’erba

La provocazione nasce principalmente dal nudo femminile in primo piano: un corpo di un realismo irriverente, distante dalle edulcorazioni della pittura accademica. La scena, del tutto inconsueta, descrive la colazione in aperta campagna di quattro giovani, una doppia coppia: l’elemento straniante sta nel fatto che, mentre i due giovanotti vestono secondo la moda del tempo, le donne hanno abbandonato i loro abiti sul prato . La giovane in primo piano, svestita, lancia uno sguardo diretto e impertinente all’osservatore. La costruzione della prospettiva, resa unicamente attraverso la scansione degli alberi verso il fondo, è altrettanto rivoluzionaria. La prevalenza del verde raffredda i toni della tela stemperando la sensualità del nudo, ma al contempo crea un fondale cupo che gli consente di emergere. Se infatti le figure dei due giovani sono appiattite, quasi da sembrare sagome inserite nel paesaggio di fondo, il nudo in primo piano, grazie alla sapiente trattazione del chiaroscuro, raggiunge effetti di tattilità. Nei volti dei tre giovani sono riconoscibili i tratti di Victorine Meurent (1844-1927), pittrice e modella storica di Manet, del futuro cognato e del fratello dell’artista. Nella costruzione dell’immagine Manet tiene conto delle lunghe giornate di studio al Louvre con evidente riferimento al Concerto campestre, attribuito a Tiziano. Come nella tradizione della pittura veneta del Rinascimento il paesaggio ha un ruolo fondamentale: esso è la quinta che fa da sfondo a questa scena improbabile. Lo spazio è scandito verticalmente dai tronchi degli alberi, che nella loro disposizione verso l’orizzonte creano il senso prospettico. Le fronde del folto bosco di Argenteuil, alle porte di Parigi, sono rese con tocchi di verde cupo alternato agli ocra senza apparentemente alcun segno di un disegno preparatorio. Benché fortemente criticato per l’eccesso di volgarità, La colazione sull’erba fece il successo della mostra. I parigini si accalcarono per ammirarlo ed Émile Zola, scrittore e sostenitore di Manet, ricorda come «da ogni parte si sentiva il respiro ansimante di corpulenti gentiluomini e il rauco sibilo di signori allampanati [e] le stupide risatine flautate delle donne».

Un vivace ritrattista

Qualche anno più tardi, lo stesso Zola è il soggetto di uno splendido, quanto rivoluzionario, ritratto che Manet presenta al Salon del 1868 e che realizza proprio per ringraziare lo scrittore del sostegno che gli ha sempre dimostrato.

Ritratto di Émile Zola

Le sedute di posa sono organizzate in rue Guyot, nell’atelier di Manet, che per l’occasione è allestito con elementi che possano rivelare i diversi interessi dello scrittore. Il Ritratto di Émile Zola (2) diviene dunque una sorta di meta-ritratto poiché, oltre alla somiglianza fisica, ne rappresenta la passione per la pittura spagnola (si riconosce appeso alla parete un dettaglio del Bacco di Velázquez) e per l’universo visivo giapponese, come dimostrano una stampa di Utagawa Kuniaki e il paravento sulla sinistra. Tra le riproduzioni appese si nota anche l’Olympia (► pp. 126-127), il dipinto con cui Manet scandalizzò il Salon del 1865 e che Zola invece difese, affermando fosse un capolavoro degno di essere esposto al Louvre. La scelta cromatica è giocata sui toni dell’azzurro-grigio e degli ocra che pongono in risalto l’incarnato del volto dello scrittore, colto di profilo, profondamente assorto nei propri pensieri. La giacca, resa con un nero intenso steso pressoché senza ombre, dona alla figura la piattezza della sagoma che staglia il suo profilo sul chiarore del volume aperto sulle ginocchia: con buone possibilità si tratta della Histoire des peintres de toutes les écoles (La storia dei pittori di tutte le scuole) che lo storico dell’arte Charles Blanc (1813-1882) aveva pubblicato .

Dossier Arte - volume 3 
Dossier Arte - volume 3 
Dal Neoclassicismo ai giorni nostri