4.  LA STAGIONE DELL'IMPRESSIONISMO

L'Impressionismo

Nell’aprile del 1874, nello studio del fotografo Nadar – pseudonimo di Gaspard-Félix Tournachon (1820-1910) – viene allestita un’esposizione in cui il pittore parigino Claude Monet presenta una veduta di Le Havre che ha realizzato due anni prima, ma a cui non ha ancora attribuito un titolo. Nell’occasione, egli decide d’impulso di chiamarla “Impressione”, ritenendolo un termine capace di riassumere il fine ultimo della ricerca pittorica del gruppo di cui fa parte: rappresentare le sensazioni intime e soggettive generate dall’osservazione della realtà. La mostra del 1874 apre ufficialmente la stagione dell’Impressionismo, e Impressione, sole nascente diviene una sorta di manifesto di una nuova poetica.
Tuttavia l’Impressionismo non può essere considerato né una scuola, né un vero movimento supportato da un programma o da norme estetiche definite. Si tratta piuttosto di un gruppo eterogeneo e aperto, una sorta di aggregazione spontanea di artisti che condividono una medesima sensibilità pittorica e che discutono e si confrontano appassionatamente sulle tecniche e sugli scopi dell’arte.

Un nuovo linguaggio pittorico

L’innovazione più rilevante dell’Impressionismo risiede proprio nell’esigenza di cogliere l’immediatezza della sensazione. Gli impressionisti sono pienamente consapevoli di come sia la luce a determinare la percezione del colore; ma, dal momento che questa cambia continuamente, ogni istante può generare sensazioni del tutto diverse. A questo scopo, la tecnica pittorica viene semplificata: la pennellata è un gesto rapido, poiché la velocità d’esecuzione è essenziale per catturare l’impressione dell’attimo.
Proprio l’importanza della luce spinge gli impressionisti a dipingere en plein air (cioè all’aperto) dove, in netto contrasto con le modalità pittoriche insegnate all’Accademia – che prevedevano il lavoro in atelier e la copia dei grandi capolavori conservati nei musei – è possibile osservare attentamente i mutamenti atmosferici.
La rapidità del tocco pittorico deriva anche dall’idea che sia impossibile immortalare la complessità di certi soggetti: che si tratti di un paesaggio naturale, continuamente modificato dal cambiare delle condizioni ambientali, o della brulicante vita parigina, frenetica e inafferrabile, gli impressionisti preferiscono restituire solo la sensazione dell’istante. E così, nella ricerca di una pittura emozionale e percettiva, essi tendono a limitare il forte contrasto chiaroscurale, preferendo la dissolvenza delle tinte, mentre ai contorni disegnati a tratto prediligono l’accostamento di colori puri.
Anche l’impianto prospettico geometrico viene in gran parte abbandonato. La percezione dei differenti piani è affidata all’elaborazione della retina umana, implicando automaticamente una visione soggettiva. I volumi delle figure, un tempo resi dall’alternanza di disegno e ombreggiatura, sono trasmessi dal rapido tocco della punta del pennello e dalla stesura fluida della materia cromatica.

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Origini e modelli del movimento

Per molti versi, la mostra del 1874 è da ritenersi più un punto di arrivo che di partenza. Le radici e i presupposti dell’Impressionismo sono infatti maturati nei decenni precedenti, grazie all’opera di movimenti e singoli precursori più o meno diretti. 

Il modello più vicino alla poetica impressionista è rintracciabile nelle opere di Turner e Constable. Fin dalla metà degli anni Sessanta, inoltre, artisti come Claude Monet, Edgar Degas, Pierre-Auguste Renoir, Camille Pissarro, Alfred Sisley, Paul Cézanne e la pittrice Berthe Morisot si danno appuntamento al Caffè Guerbois per discutere di arte e di come la pittura possa definirsi realmente moderna. Sono tutti profondamente scossi e affascinati dalla rivoluzione courbettiana degli anni Cinquanta e dal Realismo, che ha aperto le porte a un’ampia gamma di soggetti sino a quel momento esclusi dalla rappresentazione artistica.
Un’altra tappa fondamentale verso la maturazione del linguaggio impressionista è l’opera di Édouard Manet, che, come vedremo, verso la metà degli anni Sessanta scandalizza Parigi con una spietata e irriverente trattazione del nudo.
Un dipinto del 1870 realizzato da Henri Fantin-Latour (Grenoble 1836-Buré 1904) – coetaneo e amico degli impressionisti ma sempre un po’ in disparte rispetto al gruppo perché fedele a una pittura costruita sul disegno – getta luce su un ulteriore aspetto della formazione della poetica impressionista.
Fantin-Latour immortala Manet nel suo studio ai Batignolles, zona in cui viveva la gran parte degli impressionisti; l’artista, messo in evidenza come capofila del gruppo, sta dipingendo sotto gli occhi attenti di Renoir (che indossa un cappello), dello scrittore Émile Zola e, tra gli altri, dei pittori Bazille e Monet. Sulla sinistra si nota la presenza di un vaso giapponese, fatto che testimonia come l’ arte orientale divenga per gli impressionisti un’importante fonte d’ispirazione. La straordinaria vivacità cromatica e l’assoluta piattezza dei volumi che caratterizzano i paesaggi esotici raffigurati sugli oggetti e soprattutto nelle stampe orientali influenzano infatti da vicino l’elaborazione del linguaggio impressionista.

Gli impressionisti e il loro tempo

La tecnica pittorica degli impressionisti è anche figlia delle innovazioni scientifiche e tecnologiche del tempo. Certamente sono loro noti i risultati degli esperimenti ottici di Michel-Eugène Chevreul (1786-1889) e James Clerk Maxwell (1831-1879), che studiano la propagazione della luce e la percezione umana del colore, definendo le reazioni innescate dalle combinazioni dei differenti colori puri: un rosso accanto a un blu, per esempio, viene fisiologicamente avvertito dall’occhio umano con delle sfumature violette.
Importante è anche l’avvento dei colori in tubetto: dal 1841 sono infatti in commercio pigmenti chimici che danno maggiore garanzia di stabilità rispetto a quelli che un tempo gli artisti producevano autonomamente, e che sono conservati in un involucro metallico facilmente trasportabile, senza contare il fatto che la pittura all’aperto è facilitata dall’invenzione del cavalletto portatile.
La nascita dell’Impressionismo è legata infine alle mutate condizioni del mercato artistico – parigino in particolare – del secondo Ottocento, che diviene più autonomo rispetto al sistema delle mostre ufficiali. Si afferma la figura del mercante indipendente, capace di creare interesse attorno a una produzione artistica guardata ancora con sospetto dall’establishment culturale e di garantire un guadagno anche agli artisti più anticonformisti.

Dossier Arte - volume 3 
Dossier Arte - volume 3 
Dal Neoclassicismo ai giorni nostri