Dossier Arte - volume 3 

   3.  L’ETÀ DEL REALISMO >> Dall’Accademia al Realismo

Giovanni Fattori

Giovanni Fattori (Livorno 1825-Firenze 1908) prende le mosse dalla pittura romantica, da cui però si allontana quando, arrivato a Firenze nei primi anni Cinquanta, aderisce al gruppo d’artisti che già gravita attorno al Caffè Michelangelo, condividendo con loro la necessità di un rinnovamento della pittura italiana in senso antiaccademico e quindi verso un’apertura internazionale. Fattori ha piena fiducia in una pittura capace di mostrare il vero: «Il verismo porta lo studio accurato della Società presente, il verismo mostra le piaghe da cui è afflitta, il verismo manderà alla posterità i nostri costumi e le nostre abitudini».

La rotonda di Palmieri

L’artista avverte il verismo come l’unica scelta possibile per un artista che voglia calarsi nella modernità, fatta di soggetti colloquiali resi con la maggior vivacità possibile. La rotonda di Palmieri (16), capolavoro del 1866, immortala alcune signore borghesi mentre approfittano di salutari bagni d’aria di mare allo stabilimento balneare più noto di Livorno.
La tavoletta ha piccole dimensioni, probabilmente era il coperchio di una scatola di sigari, e il suo formato – rettangolare – è congeniale allo sviluppo narrativo della scena. Fattori coglie il gruppo di donne intente nelle loro chiacchiere attraverso il solo contrasto cromatico; le figure, infatti, sembrano sagome che prendono forma nel reciproco incastro delle macchie di colore, mentre il disegno è pressoché assente. L’elemento prospettico del dipinto è dato dal promontorio costiero in lontananza e soprattutto dal tendone ocra, presenza che pone in ulteriore evidenza i colori.
L’effetto di accecante luminosità è uno dei punti di forza del dipinto, ottenuto saturando il cielo con un bianco abbacinante che accentua i contrasti. L’opera, che ha la freschezza di uno scatto fotografico – tanto che la si potrebbe credere realizzata all’aperto –, è invece il risultato della rielaborazione in atelier dopo attenti studi dal vero.

In vedetta

Pochi anni più tardi, Fattori licenzia uno dei dipinti più noti della sua carriera: In vedetta (17). Realizzata tra il 1868 e il 1872, la tela mostra tre soldati a cavallo, impegnati a sorvegliare la caserma. Ancora una volta l’azione si svolge in pieno giorno: la luce del sole accende i bianchi e proietta l’ombra del cavaliere in primo piano, che diviene una macchia scura sulla parete della caserma. La materia pittorica si sussegue in un tutt’uno tra il terreno e la parete: questo continuum è interrotto solo da alcuni accumuli di detriti resi unicamente per macchie di colore. Il muro taglia visivamente il dipinto in diagonale segnando l’andamento prospettico, con una presenza fisica che rimanda al rigore quattrocentesco della Visitazione che Domenico Ghirlandaio realizzò nella Cappella Tornabuoni a Santa Maria Novella (1485-1490). La posa pigra dei soldati e la luce abbagliante che cala su tutto rendono il dipinto pressoché immobile e lo avvolgono di un’aura di sospensione.

Dossier Arte - volume 3 
Dossier Arte - volume 3 
Dal Neoclassicismo ai giorni nostri