Con il termine "Sacro Monte" ci si riferisce a complessi a carattere religioso lungo le
pendici di un'altura, con una serie di cappelle
0 edicole in cui sono rappresentate, con dipinti e sculture, scene della vita di Cristo o più raramente
di Maria o dei santi: i Sacri Monti ripropongono così, pur se in un ambiente naturale
totalmente diverso, la struttura topografica della città di Gerusalemme e offrono ai
pellegrini la possibilità di visitare una riproduzione, in scala minore, dei luoghi in cui si è svolta
la Passione di Cristo.
La tradizione dei Sacri Monti inizia in Italia verso la fine del Quattrocento, allo scopo di offrire
ai fedeli un'alternativa "domestica" e sicura rispetto ai pericolosi viaggi in Terrasanta, a cui l'accesso
dei pellegrini diventava sempre più difficile a causa della rapida espansione musulmana. Furono i frati
minori, custodi del Santo Sepolcro, a scegliere tre luoghi per costruire una "Nuova Gerusalemme": Varallo
in Valsesia, nel ducato di Milano, Montaione in Toscana e Braga nel Nord del Portogallo.
I complessi dell'area alpina
Il modello di Varallo, grazie anche al forte sostegno di Carlo Borromeo, divenne preponderante e
in area alpina si fondarono, tra la fine del Cinquecento e il Seicento, numerosi altri Sacri Monti: Crea,
Orta, Varese, Oropa, Ossuccio, Ghiffa, Domodossola e Valperga, a creare un complesso artistico e devozionale
di grande rilevanza. Strutturalmente i Sacri Monti alpini sono simili tra loro: complessi di cappelline
dislocate su un'altura, ciascuna delle quali è una stazione della Via Crucis. All'interno di ogni cappella,
modesto edificio distante qualche decina di metri dal successivo, è rappresentato, con un sistema misto
di statue a grandezza naturale e di affreschi, un episodio della salita del Redentore
al Golgota.
Il Sacro Monte di Varallo sorse a partire dal 1486: attivo regista dell'impresa del Sacro Monte fu Gaudenzio Ferrari di
Valduggia (Valduggia 1475/1480-Milano 1546), pittore, scultore e architetto, che vi lavorò sino al 1529
come progettista di alcune cappelle, autore di numerose statue e di parte degli affreschi che fanno da
sfondo alle scene sacre. I lavori, interrottisi verso la fine del Cinquecento, ripresero attivamente
nel Seicento: esemplare è la partecipazione di Antonio d'Enrico detto Tanzio da Varallo (Alagna
Valsesia 1580 ca.-Varallo 1632 ca.), autore degli affreschi delle cappelle della Passione tra il 1616
e il 1630, che impresse una determinante svolta in senso emozionale e "barocco" a tutto l'insieme. L'illusione di partecipare alla Passione di Cristo trova
nei Sacri Monti una realizzazione perfetta: l'artista, per avvicinare i devoti al dramma sacro, raffigura
ogni tipo umano, con fisionomie ed espressioni velocemente tratteggiate, che creano un dramma sacro a tratti angosciante,
di immediata suggestione emotiva.
Grazie alla sintesi tra scultura e pittura, le cappelle della "Nuova Gerusalemme" assumono
il senso di una rappresentazione teatrale, con gli attori principali, in legno o terracotta policroma,
posti in primo piano, e una serie di astanti che si affacciano dalle pareti affrescate. Il devoto, compiendo
il suo itinerario tra le cappelle, non è più un semplice spettatore ma è un attivo attore della Passione
di Cristo: un "gran teatro montano" secondo la felice espressione dello storico dell'arte Giovanni Testori
che, a partire da una famosa mostra del 1956, ha fortemente contribuito a rivalutare queste creazioni
artistiche.