La diffusione del caravaggismo

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La diffusione del caravaggismo

In poco tempo la passione caravaggesca si diffuse in molti centri culturali italiani e stranieri. L’arte caravaggesca divenne così un modello per molte tradizioni. Il metodo di tale diffusione è semplice: Roma era diventata la patria delle arti e coloro che intendevano intraprendere una carriera di pittore, scultore o architetto si sentivano in dovere di raggiungere la città eterna per fare esperienza e conoscere da vicino le grandi novità, prima fra tutte quella, appunto, di Caravaggio. Rientrati nei luoghi di provenienza, in Italia o all’estero, i vari artisti si facevano promotori di queste recentissime tendenze e trovavano a loro volta seguaci appassionati.

Massimo Stanzione

Il caravaggismo si sviluppa inizialmente nelle città in cui Caravaggio in persona si era recato nel corso della sua breve vita. La prima grande scuola caravaggesca nasce a Napoli con pittori come Massimo Stanzione (Orta di Atella, Caserta 1585-Napoli 1656 ca.), artista lirico e sentimentale come si può vedere nella bellissima Pietà (17), firmata con la qualifica di "eques", cioè cavaliere, carica da lui conseguita, su nomina papale, nel 1621.
Il dipinto, di poco posteriore a quella data, manifesta l’altissimo livello compositivo del maestro, vero poeta lirico della pittura napoletana, attento al realismo del tema sacro, tutto interiorizzato nella quiete meditativa. Il tema della meditazione sul corpo morto di Cristo è interpretato in un senso classico e misurato, privo di toni esagerati, intimo e quasi quieto. Il gesto umanissimo della madre, che bacia la mano del figlio morto, è il centro drammatico ed emozionale del dipinto ed è sottolineato da un vivido raggio di luce, che fa emergere il dettaglio dallo sfondo scuro.
Nel corso di ripetuti soggiorni a Roma Stanzione conosce non solo l’opera di Caravaggio, ma anche quella di alcuni imitatori e seguaci, come l’olandese Gherardo delle Notti (► p. 360), ed è influenzato anche da altre correnti pittoriche allora presenti in città, più classiche, magniloquenti e teatrali, con forme eleganti e colori più chiari e raffinati, come è evidente nella Decollazione del Battista (18) eseguita per decorare il Palazzo del Buon Retiro, a Madrid, residenza di Filippo IV di Spagna, per cui gli ambasciatori del re comprarono e fecero eseguire numerose tele ad artisti romani e napoletani.

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Mattia Preti

Altrettanto significativa è l’opera del calabrese Mattia Preti (Taverna 1613-La Valletta 1699), maestro di epica grandezza, successore di Caravaggio sull’isola di Malta e autore, nella Cattedrale della Valletta, dell’immenso ciclo dedicato a san Giovanni, dipinto a olio su muro nella volta a partire dal 1661. L’efficace spettacolarità si nota nelle diverse scene, come il San Giovanni condotto in prigione (19), dove l’artista mostra quel carattere epico e magniloquente che gli permise di adattare lo stile caravaggesco alle forme enfatiche del Seicento maturo, con un linguaggio forte e teso che traduce in pittura le storie sacre sempre con altissima tensione morale e intellettuale.
Ritornato a Napoli, Preti assimila il nuovo naturalismo meridionale, creando un’efficace sintesi tra lo stile dominante nella capitale del regno meridionale, il classicismo e il caravaggismo romano. Capolavoro di questa produzione tarda dell’artista, realizzato intorno al sesto decennio del secolo, la Resurrezione di Lazzaro (20) ha una composizione monumentale, sorretta da un abile controllo della luce, con un vivace contrasto tra chiari e scuri e una predilezione per toni freddi e metallici .

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Daniele Crespi

Più complesso è studiare la diffusione del caravaggismo nell’Italia settentrionale. Caravaggio era sì di origini lombarde, ma a Milano era presente solo la Canestra di frutta nella Pinacoteca Ambrosiana, una piccola natura morta (► p. 352), acquisita da Federico Borromeo quando Caravaggio era ancora in vita per la sua raccolta d’arte e pertanto visibile solo da pochi, privilegiati osservatori che avevano accesso alle collezioni del cardinale. Il "naturalismo" della pittura lombarda della prima metà del Seicento è dunque solo in parte collegabile con un diretto influsso caravaggesco.
Il milanese Daniele Crespi (Busto Arsizio 1597 ca.-Milano 1630) è famoso per aver concepito intorno al 1628 una delle più poetiche e toccanti immagini di san Carlo Borromeo (21), nella Basilica di Santa Maria della Passione a Milano: in un interno povero e spoglio, decorato con un Crocifisso, il cardinale legge un poderoso testo sacro senza nemmeno toccare l’umile pagnotta che si trova sul tavolo o bere dalla caraffa d’acqua, come se la meditazione assorbisse completamente il suo pensiero.
La figura del cardinale Carlo Borromeo, morto nel 1584 e canonizzato nel 1610, è un soggetto assai frequentato dai grandi pittori milanesi del Seicento: la sua vita di salvatore della città dal terribile flagello della peste, consolatore dei poveri e degli umili, ascetico difensore della vera fede, costituisce tema privilegiato per la Controriforma milanese.

Cerano

Un maestro originale e importante in questo senso è Giovan Battista Crespi detto il Cerano (Romagnano Sesia 1573-Milano 1632), che ha svolto un ruolo fondamentale nelle due serie dei cosiddetti Quadroni, ampie tele commissionate con funzioni didattiche ed eseguite da un nutrito gruppo di pittori nel primo decennio del Seicento per le navate del Duomo di Milano, per raccontare la vita e i miracoli di san Carlo.
Fra questi spicca il dipinto che raffigura la Distribuzione dei beni ai poveri (22). In uno scenario teatrale e magniloquente, in cui grandi figure si inginocchiano alla presenza del religioso, Carlo sta facendo un’elemosina: nonostante i movimenti plastici delle figure in primo piano, lo spettatore comprende immediatamente lo svolgimento della scena sacra, chiara ed essenziale, secondo le indicazioni controriformistiche.

Dossier Arte - volume 2
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Dal Quattrocento al Rococò