El Greco

   2.  IL CINQUECENTO >> Tra Italia ed Europa

El Greco

Domenico Theotokopulos nasce a Creta, allora dominio veneziano, nel 1541. La sua formazione avviene nella Serenissima, dove, probabilmente, comincia a lavorare come "madonnaro", cioè pittore di Madonne. È discepolo di Tiziano, anche se sulla sua opera risultano fondamentali gli influssi della pittura di Tintoretto, da cui trae numerosi spunti relativamente all’impiego del colore, che sviluppa in una dimensione fortemente luministica. È a Roma nei primi anni Settanta del Cinquecento e ha modo di osservare gli affreschi di Michelangelo nella Sistina. Nel giro di pochi anni, dopo un nuovo soggiorno a Venezia e uno a Genova, Domenico Theotokopulos si trasferisce a Toledo, in Spagna, nazione che diviene la sua terra di elezione e nella quale acquisirà il soprannome El Greco con cui è universalmente noto. In un tempo relativamente breve diventa il maggiore pittore della città e della Spagna. Le commissioni sono numerosissime e spaziano dai ritratti del re Filippo II a pale d’altare, fino a raffigurazioni di eminenti membri del clero spagnolo. Muore a Toledo nel 1614.

Ragazzo che accende una candela 

Il dipinto (206) viene probabilmente realizzato durante il soggiorno romano dell’artista: questo spiegherebbe anche la presenza del quadro nelle collezioni napoletane, dove confluisce la maggior parte delle collezioni farnesiane. Di difficile interpretazione il tema: la critica respinge l’ipotesi che vede nel detto italiano "soffiare sul fuoco" l’ispirazione per il dipinto. Si tratta probabilmente, invece, di una derivazione da un passo della Naturalis historia di Plinio il Vecchio (I secolo d.C.), nel quale si parla di pittori intenti a rappresentare giovinetti che soffiano su un tizzone infuocato. La tecnica è molto vicina a quella dei pittori veneti ed è una dimostrazione dell’alta qualità raggiunta dal Greco nelle raffigurazioni concepite durante il suo periodo italiano. Accanto a un’estrema attenzione nella resa dei particolari, è la luce che scaturisce dal tizzone a essere protagonista, inondando col suo chiarore il viso del giovinetto.

Veduta di Toledo 

El Greco in quest’opera (207) sceglie di raffigurare la città di Toledo, antica capitale spagnola e luogo che egli ha scelto per risiedere e per impiantare la sua bottega. L’immagine è una delle più famose vedute di città della storia dell’arte. La scena si differenzia dalle precedenti e coeve vedute urbane per due motivi fondamentali: l’uso particolare del colore e della luce, e la scelta di rappresentare, assieme a costruzioni realmente esistenti, anche elementi d’invenzione. 
La città è arroccata, quasi a picco sul Tago. Si percepiscono perfettamente gli edifici principali: il Castello di San Servando a sinistra, l'Alcazar (edificio principale della città, distrutto durante la guerra civile e ricostruito in epoca franchista) e il campanile della cattedrale a destra. Questi fabbricati sono resi con dovizia di particolari, come del resto anche gli edifici minori. Il particolare colore del cielo, delle zone verdi e degli edifici contribuisce a conferire un sapore d'irrealtà a una visione di un luogo reale, a esemplificare la dimensione trasognata e vagamente surreale che si riscontra in altre opere dell'artista. 

La cacciata dei mercanti dal Tempio 

L’opera (208) è una versione tarda, probabilmente quella meglio riuscita, di un tema già raffigurato dal Greco. La composizione è molto articolata, con un assetto delle figure nello scenario architettonico che appare improntato a una magniloquente teatralità: una straordinaria galleria di personaggi affolla il dipinto, con caratterizzazioni nei gesti, nelle pose e nella resa fisiognomica. Degna di nota è la restituzione coloristica, nella quale si coglie appieno l’eco della formazione veneziana dell’artista, con una tavolozza vibrante e accesa
L’anatomia dei corpi, derivata da un attento studio della figura umana, appare volutamente deformata con l’obiettivo di comunicare con immediatezza lo scompiglio che l’azione di Cristo provoca nei mercanti. In quest’opera la presenza dell’architettura ha un ruolo di rilievo: il tempio è evocato mediante elementi architettonici classicisti, che sembrano materializzare un grande arco di trionfo. Fusti di colonne serrano bassorilievi con scene bibliche: si riconosce chiaramente la cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso Terrestre sulla sinistra. Il fornice centrale inquadra un brano di città immaginaria con un colonnato, una costruzione a cupola e un palazzo porticato, che sembra echeggiare esempi di architettura che El Greco può avere visto durante il suo soggiorno veneziano.

Dossier Arte - volume 2
Dossier Arte - volume 2
Dal Quattrocento al Rococò