DOSSIER: Il Colosso dell’Appennino

   dossier l'opera 

Giambologna

IL COLOSSO DELL'APPENNINO 

  • 1579-1580
  • pietra, lava e ferro, h 14 m
  • Vaglia, Firenze, Parco Mediceo di Pratolino

    Il tempo e il luogo

    Il gigante dell’Appennino è un lacerto significativo e immaginifico del grandioso complesso della villa medicea di Pratolino, in gran parte perduto per le demolizioni della prima metà del XIX secolo. Fonti iconografiche e descrizioni dettagliate restituiscono con vividezza l’immagine dello straordinario giardino voluto da Francesco I de’ Medici e costruito dall’architetto fiorentino Bernardo Buontalenti (Firenze 1531-1608) a partire dal 1568. L’acqua e le fontane erano protagoniste assolute del progetto mediceo, con numerose sculture e grotte artificiali che enfatizzavano la pervasiva presenza dell’elemento liquido, valorizzato nelle sue qualità dinamiche e sonore. In asse con il prospetto principale della villa del granduca, Buontalenti colloca la gigantesca scultura di Giambologna realizzata fra il 1579 e il 1590, a segnare l’avvio di uno dei viali principali che si inoltravano nel vastissimo parco.

    La descrizione e lo stile

    Descritto dai viaggiatori come un monte in forma di gigante, il Colosso dell’Appennino è una figura seduta di smisurata grandezza che ha le dimensioni di un piccolo edificio. È il simbolo del binomio natura-artificio, ovvero del rapporto fra il mondo naturale e gli interventi promossi dall’uomo per dominarne e controllarne gli aspetti più misteriosi e temibili. All’esterno la figura umana sembra nascere dalla roccia mentre all’interno la struttura assume l’assetto di stanze regolari e accoglienti. Alla fine del Cinquecento è ricordata la presenza in uno degli ambienti interni di una piccola fonte dedicata a Tetide, oltre ad alcuni automi che dovevano rafforzare il senso di stupore e meraviglia suscitato da questa originalissima opera che si colloca fra scultura e architettura.

    Dossier Arte - volume 2
    Dossier Arte - volume 2
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