Dossier Arte - volume 2

   2.  IL CINQUECENTO >> Culture e forme della "maniera"

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II celebre dipinto (130) di Pontormo dall’icastica forza evocativa, riconosciuta anche da artisti contemporanei, è stato riscoperto e valorizzato solo all’inizio del XX secolo. L’opera è legata alla famiglia dei Pinadori, nobili fiorentini ostili ai Medici, proprietari di vasti possedimenti nei pressi di Carmignano e titolari di una cappella nella Pieve di San Michele e San Francesco.
I recenti restauri hanno restituito la vividezza dei colori ed evidenziato lo spiccato naturalismo della composizione, che permette all’artista una resa particolarmente efficace e realistica dei volti e dei corpi.
Un’atmosfera misteriosa e sospesa domina la scena e merita attenzione l’effetto straniante che crea nell’osservatore il rapporto fra le figure e le architetture dello sfondo, arricchite da due piccole figure  . Pontormo per il gruppo muliebre usa forme maestose e l’assetto dei corpi nello spazio è come dilatato, secondo una sensibilità tipica degli affreschi romani di Raffaello. La composizione si caratterizza per un netto contrasto fra le donne in primo piano e lo sfondo: le protagoniste sono infatti fuori scala rispetto agli edifici retrostanti, così che l’attenzione dell’osservatore è catturata dal gigantismo delle donne rispetto al brano di città che si intravede dietro di loro. È enfatizzato in questo modo il momento dell’incontro della Madonna con sant’Elisabetta, in primo piano, che ha come spettatrici due mute ancelle, rivolte verso lo spettatore, a creare un affascinante e misterioso incrocio di sguardi e di gesti la cui interpretazione non è ancora stata del tutto chiarita dagli studiosi. Anche i colori, vivi e a contrasto, colpiti da una luce fredda, contribuiscono a restituire all’osservatore l’atmosfera solenne del momento, attraversata da una sottile trepidazione che si coglie nell’espressione dei volti e nella posa delle braccia.

Dossier Arte - volume 2
Dossier Arte - volume 2
Dal Quattrocento al Rococò